Latte sottocosto di Beatrice Toni
All’improvviso qualcosa si è rotto. Manifestazioni, teatrini della protesta, sfogatoi per produttori sull’orlo di una crisi di nervi, finora si chiudevano e risolvevano: una passerella per i politici, un provvedimento ad hoc a onore del ministro di turno.
Questa volta niente selfie con le vacche. La “multinazionale del latte” ha chiuso i cancelli: stop ai ritiri del prodotto italiano (ora rientrato). E un secondo affronto, l’elemosina di 1 cent/kg in più per allevatori che da troppo tempo producono a dispetto dei costi di produzione: 41 cent/kg contro 35 di prezzo medio alla stalla. E contro 29 cent pagati in nord Europa.
Ebbene sì, le quote sono finite, i consumi cedono, è aumentata la produzione, l’export si è inceppato su alcuni importanti mercati. Bagno di realtà, duro atterraggio dopo mesi spesi a “nutrire” il pianeta e a energizzare la vita, a compilare carte dei diritti. Cosa sono quelle facce preoccupate, amare e disperate di chi produce il cibo sottocosto? Hanno scarso potere contrattuale (in Italia come in altri paesi) e balbettano nei confronti di un’industria che la butta sul mantra “piccolo è brutto, globalizzatevi”.
E allora che si fa? Ci confrontiamo ancora sul terreno (irrazionale?) delle minacce, a riprova di poteri indeboliti? O troviamo il coraggio di dire che siamo arrivati impreparati al dopo-quote, privi di una politica industriale capace di tenere insieme territori e filiere complesse con rapporti di forze squilibrati e interessi non sempre complementari. Una politica fatta di indirizzi, azioni e strumenti.
Forse non è troppo tardi.
Stranezze agricole di Massimo Alberghini Maltoni
Difficile dire qualcosa di intelligente sul problema latte (ma in Italia è difficile anche sentire qualcosa di intelligente), ci si potrebbe lanciare nel “popolarissimo” lamento di Ifigenia o dare la stura alle invettive (peraltro giustificate) contro l’endemica inefficienza dello Stato e della Politica, ma per una volta proviamo a fare qualcosa di originale, ragioniamo. Non vi è dubbio che il mercato del latte abbia le connotazioni ben accennate da Beatrice Toni, ovverosia produrre a costi minori rispetto a quelli italiani; non vogliamo qui affrontare il perché o individuare magiche medicine per la guarigione, ma provare a capire cosa è successo in Italia negli ultimi tempi…”Meno 30% di allevamenti…”, tuonano i consueti araldi mediatici, ma la produzione è rimasta praticamente invariata, ciò significa che le aziende residue si sono molto allargate a prezzo di cospicui investimenti, magari incentivati da contributi “forzati”.
Ora, l’aumento e l’ottimizzazione della produzione funzionano in un mercato dinamico, ma se la maggior produzione risulta difficile da collocare, non resta che calare il prezzo…ma gli investimenti restano e con loro le rate dei mutui che, anche se”parzialmente” coperte dagli incentivi, sono “totalmente” da pagare. Aggiungiamo che, per uno strano fenomeno marcatamente agricolo, non sempre a incrementi della produzione corrispondono miglioramenti economici, e abbiamo chiaro il quadro attuale.
La prossima puntata parleremo di business plan…