Il 2 febbraio 2017 la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica per raccogliere opinioni di agricoltori e cittadini europei per la Pac post 2020.
Quali sono i fattori in gioco? Cosa devono attendersi gli agricoltori?
Lo scenario insito nel dibattito sulla nuova Pac presenta molti fattori nuovi rispetto al passato, per almeno tre ragioni: la situazione politica, l’inadeguatezza della Pac attuale, i tanti temi emergenti.
In primo luogo la politica europea vive una situazione totalmente nuova rispetto al passato. Ci apprestiamo a festeggiare i 60 anni di storia dell’Ue – iniziata nel 1957 – eppure viviamo la crisi politica più grave mai registratasi: Brexit, movimenti anti-europeisti e populisti, flussi migratori.
In secondo luogo, usciamo da una Pac che è giudicata da tutti troppo complessa, inadeguata e scarsamente rispondente alle esigenze degli agricoltori e dell’Ue. Il greening – che è l’emblema di questa Pac – è giudicato un fallimento quasi unanimemente.
In terzo luogo, la situazione socio-economica attuale è molto diversa dal passato, in particolare da quella del 2010, quando è stata scritta la Pac attuale. Oggi ci sono temi nuovi che “girano” intorno all’agricoltura e alla Pac: la volatilità dei prezzi, il crescente ruolo del cibo a fini salutistici, i cambiamenti climatici, l’occupazione, l’emigrazione. In questo scenario s’inserisce il dibattito sulla nuova Pac, con due questioni fondamentali: quante risorse per la Pac? Attualmente il 38% del bilancio dell’Ue è destinato alla Pac (52 miliardi di euro annui).
Una volta fissato il livello di spesa, quali obiettivi e quali strumenti avrà la nuova Pac?
Il dibattito vede forti contrapposizioni tra paesi europeisti ed euroscettici, tra paesi “pro-Pac” e paesi favorevoli a un ridimensionamento della Pac.
Ci sono posizioni e temi contrari al mantenimento di una Pac importante: la necessità di dare risposte ai nuovi temi emergenti (occupazione, immigrazione, innovazione), la minore propensione degli Stati membri a contribuire al bilancio Ue, la diminuzione d’importanza dell’agricoltura nell’economia, il peso molto elevato sul bilancio Ue.
Contestualmente ci sono posizioni e temi “pro-Pac”: l’uscita del Regno Unito (Paese storicamente contrario alla Pac), il fatto che la Pac è la politica storicamente più longeva dell’Ue, il crescente interesse dei cittadini per il cibo e l’ambiente, il contributo dell’agricoltura al contrasto ai cambiamenti climatici, il ruolo dell’agricoltura per lo sviluppo e l’occupazione nelle zone rurali.
L’agricoltura nell’Ue è un settore sempre più ridimensionato economicamente; basti pensare che conta meno del 2% del Pil e il 5% dell’occupazione.
Eppure rimane un settore cruciale per il futuro dell’Ue. Nonostante il basso peso economico, i cittadini europei attribuiscono una grande importanza all’agricoltura.
Un’economia sviluppata e moderna non può fare a meno dell’agricoltura.
Queste ragioni confermano che il sostegno pubblico all’agricoltura continuerà a esserci e la Pac rimarrà importante anche nel futuro; se non vi fosse una Pac, ci sarebbero tante politiche agricole nazionali. La Pac non rischierà un drastico ridimensionamento, ma è probabile una diminuzione di risorse e gli strumenti non potranno essere quelli del passato. In particolare, sono i pagamenti diretti a rischiare maggiormente.
Assodato che ci sarà una Pac anche nel futuro, il sostegno pubblico non sarà più determinante per il reddito delle imprese agricole.
Durante il periodo 2004-2013 i pagamenti diretti della Pac rappresentavano il 47% del reddito agricolo netto, altri trasferimenti pubblici il 15% e il reddito di mercato il 38%.
In futuro questo scenario cambierà; non si fa reddito con la sola Pac. Ancora oggi, molte imprese agricole fanno quadrare i conti economici grazie ai pagamenti diretti. La Pac ci sarà anche dopo il 2020, ma il fattore decisivo per la redditività delle imprese agricole non sarà il sostegno comunitario: sarà il mercato.
di Angelo Frascarelli
Università di Perugia
angelo.frascarelli@unipg.it