Il taglio del nastro è avvenuto nel Trapanese il 26 maggio scorso, giorno in cui in contrada Carcitella, tra Marsala e Mazara del Vallo, è stato inaugurato il più grande parco agrivoltaico mai realizzato in Italia.
Su quasi 115 ettari sono stati istallati 122mila pannelli solari che produrranno 76 megawatt di energia. Un progetto che, nei piani degli investitori, coniugherà la produzione di energia rinnovabile con le colture agricole del territorio.
Questo di Mazara, oltre a essere in termini di estensione il primo parco agrivoltaico d’Italia, è anche il primo concepito sulla base di un modello contrattuale Corporate PPA (Power Purchase Agreement) tra due aziende private. L’energia - fa sapere Engie, l’azienda francese che ha realizzato l’impianto - viene immessa nella rete nazionale italiana e serve, per circa l’80%, a coprire i fabbisogni energetici di Amazon in Italia.
Tecnologia avanzata per ridurre le emissioni
La costruzione del parco agrivoltaico era stata annunciata già nel 2021. Questo inaugurato il 26 maggio è il primo dei due impianti di energia rinnovabile annunciati da Engie e Amazon Italia. Il secondo si trova a Paternò, in provincia di Catania e inizierà a produrre energia entro la fine di quest’anno. In totale, i due impianti avranno una capacità produttiva di 104 Megawatt. Secondo le stime di Engie, le due strutture ogni anno anno contribuiranno al risparmio di oltre 62mila tonnellate di emissioni di CO2.
L'impianto di Mazara del Vallo è dotato di una tecnologia di ultima generazione: pannelli solari bifacciali montati su inseguitori monoassiali consentono di catturare dai terreni circostanti sia la luce diretta che quella riflessa.
Coltivare sarà quasi impossibile
Dei 115 ettari di terreno su cui ricade l’impianto, 56 potranno essere destinati alle colture agricole. Si tratta delle interfile scoperte che sono larghe nove metri, in cui attualmente è stata seminata la sulla, una leguminosa foraggera che non verrà né sfalciata né pascolata. In un ettaro, il vivaio Zichittella - struttura presente sul territorio da oltre 40 anni - a cui è stata affidata la cura delle coltivazioni di tutto l’impianto, sulla base di un contratto quinquennale rinnovabile (5+5), sta conducendo alcune sperimentazioni. «Abbiamo impiantato la vite da mosto e oltre all’asparago, alcune aromatiche in particolare lavanda, rosmarino, alloro. Non c’è molta letteratura in materia: da qui la necessità di verificare come rispondono le diverse colture», afferma Antonio Zichittella, uno dei titolari del vivaio.
Sotto i pannelli non è possibile realizzare alcun tipo di coltivazione: sono posti all’altezza di 2,40 metri e, ruotando nell’inseguimento dei raggi solari, arrivano a qualche decina di centimetri dal piano di campagna, rendendo così impossibile il movimento delle macchine agricole. In più, sotto i pannelli dovrebbero trovare posto piante sciafile, ma tra quelle tipiche del territorio non se ne conosce alcuna. E anche sulle colture che sarebbe possibile realizzare nell’interfila, fuori dalla proiezione dei pannelli, molti esperti nutrono seri dubbi.
Con queste premesse, dunque, sembra difficile che possa essere raggiunto l’obiettivo di produrre energia pulita e allo stesso tempo coltivare i campi e conseguire reddito agricolo. Di certo sarà possibile assicurare una copertura vegetale.
Terreni marginali
Consola, comunque, il fatto che i terreni in questione - acquistati un paio d’anni fa dalla società che ha realizzato l’impianto agrivoltaico - non fossero suscettibili di una utilizzazione agricola finalizzata alla produzioni di elevata qualità. La natura argillosa del suolo e la predisposizione al ristagno idrico avevano già convinto i proprietari ad abbandonare la coltura della vite da mosto (la più diffusa della provincia) nonostante si trattasse di impianti recenti (il più vecchio risale al 2006, l’ultimo al 2010) lasciando il posto a incolti produttivi e seminativi. Ma questo non è bastato a placare le polemiche che viaggiano sotto traccia.
C'è un problema infrastrutturale più che ambientale
Ci sono gli agroecologisti che sostengono sia sbagliato permettere l’istallazione di megaparchi agrovoltaici e fotovoltaici in aree agricole, poiché escluderebbero di fatto la possibilità della generazione diffusa di energia elettrica presso le aziende agricole. Quella generazione diffusa tanto cara al Dipartimento dell’agricoltura della Regione Siciliana che sostiene le energie alternative come integrazione al reddito agricolo con impianti non superiori a un megawatt.
Il problema, in realtà, resta sempre lo stesso, cioè la capacità di assorbimento dell’energia prodotta da parte di una rete elettrica che, alla luce delle nuove prospettive, avrebbe bisogno di un forte potenziamento.