La filosofia dell’agricoltura biologica è basata sullo sfruttamento della naturale fertilità del suolo, sulla promozione della biodiversità dell’ambiente e sulla limitazione dell’utilizzo di prodotti di sintesi per l’incremento della fertilità. Un mercato che in Italia sfiora i 5 miliardi e rappresenta una carta importante dell’export del made in Italy nel mondo, 1,7 milioni di ettari dedicati alla produzione e oltre 72.000 addetti, con un trend nettamente in crescita nell’ultimo quinquennio. Lo schema di certificazione del biologico coinvolge Mipaaf, regioni e Accredia, tali enti supportano gli organismi di controllo che monitorano l’attività dei produttori.
In agricoltura biologica la fertilità dei suoli è uno degli elementi centrali che da sempre hanno caratterizzato tale metodo di produzione agroalimentare. I sistemi utilizzati per promuovere la fertilità dei suoli includono i) la rotazione colturale, sia le leguminose che colture da sovescio, e ii) la buona concimazione, realizzata tramite l’utilizzo di concime naturale di origine animale o di sostanza organica, preferibilmente compostata e di origine biologica. Qualora con tali metodi non si riescano a soddisfare le esigenze nutrizionali delle colture, il produttore biologico può ricorrere ai prodotti elencati nell’allegato I del Reg CE 889/2008 in base ad una giustificazione dell’intervento che deriva dalla necessità agronomica evidenziata da una analisi del terreno, dalla carta dei suoli e da una relazione agronomica.
Il digestato da biogas è elencato in tale allegato a condizione che contenga sottoprodotti di origine animale codigestati con materiali di origine vegetale o animale elencati nell’allegato medesimo. Fra le condizioni di utilizzo, i sottoprodotti di origine animale (anche di animali selvatici) devono essere di categoria 3 e il contenuto del tubo digerente di categoria 2. Categorie 2 e 3 così come definite nel Reg CE 1069/2009, non devono provenire da allevamenti industriali ove per tali si intendono quegli allevamenti in cui si verifiche almeno una delle seguenti condizioni: animali tenuti in assenza di luce naturale o in condizioni di illuminazione controllata artificialmente per tutta la durata del loro ciclo d’allevamento o animali permanentemente stabulati su pavimentazione esclusivamente grigliata oppure che durante l’intero ciclo di allevamento non dispongono di una zona di riposo dotata di lettiera vegetale.
In aggiunta è opportuno anche ricordare che il limite di 170 kg/ha di azoto che non deve essere superato in fase di distribuzione da parte degli agricoltori biologici, si riferisce solo ed esclusivamente ai seguenti prodotti: letame, letame essiccato e pollina, effluenti di allevamento compostati inclusa la pollina, letame compostato ed effluenti di allevamento liquidi. Il digestato non rientra in questo elenco e può essere utilizzato nel rispetto più generale dei vincoli della direttiva nitrati ovvero rispettando il limite di 170 o 340 kg di azoto/ha di origine animale a seconda che si ricada in zone vulnerabili o non vulnerabili. Il digestato è quindi uno dei prodotti che da un lato contribuisce ad aumentare la fertilità dei suoli e dall’altro contribuisce a trasformare quello che si riteneva un problema ambientale in una risorsa ecologica.
Produzioni sostenibili
Il tema della sostenibilità delle produzioni agricole, ovvero l’impegno a produrre ogni kg di alimento con sempre meno impatto sull’ambiente, e la produzione biologica, hanno sempre avuto larghe aree in comune. Tra le tante definizioni di sostenibilità spesso si predilige quella che pone l’accento sulla conservazione delle risorse comuni: agire in maniera sostenibile significa far sì che lo sviluppo soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro bisogni, o ancora agire in maniera sostenibile significa impegnarsi per ridurre l’uso dei beni comuni, come la qualità dell’ambiente.
Per quanto riguarda le produzioni zootecniche, che hanno un’importante quota di impatti produttivi, elementi importanti per aumentare la sostenibilità sono il riciclo e la gestione virtuosa dei nutrienti, ad esempio azoto e fosforo, nonché la conservazione dello stock di carbonio nel suolo, Il riciclo e l’uso virtuoso di azoto e fosforo impedisce la dispersione nei comparti ambientali (acqua e aria) e riduce il ricorso ai fertilizzanti di sintesi, quali urea o perfosfato, che determinano l’uso di risorse fossili e non rinnovabili.
Una produzione che fa bene anche al consumatore
Dal paradigma dell’economia lineare ci stiamo lentamente spostando verso un’economia circolare, attenta al recupero e in cui i processi di produzione verranno sempre più riconvertiti verso forme circolari. Nella produzione agricola, e zootecnica in particolare la fertilizzazione di sintesi crea il problema ambientale, infatti il pianeta non è più in grado di sopportare l’inquinamento da fosforo e azoto, un esempio è la “macchia” di ammoniaca, dovuta alla cattiva gestione dell’azoto e dei reflui zootecnici, che insiste tra Mantova, Brescia e Cremona. La digestione anaerobica è una biotecnologia che trasforma un refluo in un prodotto: il digestato. L’azoto organico è trasformato in azoto ammoniacale, analogo per disponibilità ai fertilizzanti di sintesi (tabella 1).
Dopo la separazione solido liquido, la frazione liquida può sostituire integralmente l’urea in un piano di concimazione. Il digestato è quindi un concime ammoniacale a pronto effetto, con efficienza pari all’urea e bassa dispersione nell’ambiente (tabella 2). Prove eseguite con Regione Lombardia all’interno del progetto Nero lo dimostrano: il digestato utilizzato in pieno campo per la produzione di mais ha dato produzioni uguali e in certi casi superiore al controllo con urea (figura 1). Su questo punto, per il futuro, sarà strategico portare evidenze alla Ue, dimostrando - con i numeri - come l’uso virtuoso del digestato a bilancio di nutrienti sia più sostenibile delle disposizioni della direttiva Nitrati, che in certi casi impongono invece il ricorso alla fertilizzazione di sintesi quanto la quota di azoto recuperato di origine animale supera il quantitativo limite (170 e 340 kg/ha rispettivamente in zone vulnerabili ai nitrati e zone non vulnerabili).
Uso virtuoso e ambientalmente sostenibile
Per minimizzare gli impatti sull’ambente la frazione liquida deve essere iniettata in campo, per ridurre l’emissione di ammoniaca e protossido di azoto (si riduce il PM10 e il gas serra). La frazione solida è disponibile per l’export o la distribuzione autunnale in territori a basso carico di nutrienti. Per quanto riguarda gli altri nutrienti è strategico recuperare e valorizzare il fosforo e avviarlo da zone ad elevato carico a zone con minore presenza, considerando che il fosforo, come roccia fosfatica da cui sono prodotti i fertilizzanti, è una risorsa non rinnovabile ed in via di esaurimento.
Il fosforo presente in forma organica nel digestato separato solido è particolarmente efficiente per le produzioni ad elevato valore, come per esempio il melone Igp nel mantovano e il settore ortofrutta biologico. Infine il recupero di fertilizzanti rinnovabili riduce l’impatto ambientale delle produzioni e questo deve essere valorizzato nella comunicazione al consumatore.
Il recupero di ss supporta l’intensificazione sostenibile
Bisogna ricordare che l’agricoltura diventa sempre più un settore con compiti fondamentali nel mitigare il climate change (fissare la CO2 nei suoli e ridurre le emissioni di gas serra), conservare la qualità dei suoli e incrementare la biodiversità. Tutte funzioni che l’agricoltura adempie quando realizza carbon storage, ovvero aumenta la quantità di sostanza organica immobilizzata stabilmente nel suolo. Un obiettivo di incremento pari all’1% annuo consentirebbe di fissare 46,2 milioni di tonnellate di CO2 atmosferica, pari al 10% delle emissioni totali di gas serra dell’Italia. La presenza di sostanza organica in buona quantità e qualità determina effetti positivi sulle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del suolo.
Dal punto di vista chimico la sostanza organica aumenta la capacità di scambio cationico del terreno, incrementa, la capacità di scambio anionico, rende inattive o trattiene sostanze potenzialmente tossiche. Dal punto di vista delle proprietà fisiche ha un effetto di stabilizzazione della struttura, che può compensare i difetti costitutivi del suolo legati alla tessitura, migliora la porosità, la capacità di ritenzione dell’acqua, la stabilità degli aggregati, riduce l’erodibilità, la tenacità, e l’adesività.
Gli interventi chiave per aumentare lo stock di carbonio nel suolo sono: sostituire i concimi minerali con quelli organici (ampia sperimentazione della Regione Lombardia su queste tematiche), utilizzare pratiche di lavorazione conservative: la semina su sodo (zero tillage o sod seeding) e la minima lavorazione (minimum tillage), l’adozione di colture di copertura (cover crops) e il mantenimento in campo di residui colturali.
Su tutte queste pratiche, se ben condotte, la sperimentazione e la pratica hanno mostrato rese inalterate, impatto ambientale ridotto, crescita della biodiversità e vantaggi economici per l’agricoltore.
Il digestato ha un ruolo fondamentale da giocare per la fertilità del suolo e il carbon storage, infatti la sostanza organica contenuta nel digestato ha una caratteristica importantissima: è una sostanza organica fortemente stabilizzata grazie al processo degradativo anaerobico. Questo materiale, una volta nel terreno, si conserva nel tempo, e migliora stabilmente le caratteristiche fisiche e chimiche del suolo. Indubbiamente è una sostanza organica molto più nobile ed efficace della sostanza organica del liquame. Per il settore del biologico il digestato è ancora più prezioso: unisce una elevatissima qualità della sostanza organica (stabilizzata) con un elevato potere fertilizzante, non riscontrabile in altre matrici.
Perché certificare, oltre al bio, anche le scelte di sostenibilità?
L’agricoltura, come già evidenziato, impatta a livello globale sull’ambiente come terzo fattore di inquinamento, dopo le industrie energetiche e i processi di manifattura, quindi può aver un ruolo importante nella sostenibilità; inoltre il consumatore è sempre più sensibile all’impegno sul fronte ambientale. Life cycle assessment o Valutazione del ciclo di Vita (Lca) è un procedimento oggettivo di valutazione dei carichi ambientali relativi a un processo o un’attività, effettuato attraverso l’identificazione dell’energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. L’Lca ci permette di calcolare importanti indicatori ambientali su tre 3 macro categorie con impatto a livello globale, locale e impatto sulla salute umana.
Sulla base di questi numeri e di una metodologia standardizzata di valutazione e di calcolo si possono intraprendere diversi schemi di certificazione: EPD: dichiarazione ambientale di prodotto, PEF: impronta ambientale dei prodotti Carbon footprint, Water foootprint: norma ISO che calcola l’uso di acqua, Carbon sequestration, DPT 17: indice dibiodiversità del suolo e delle acque.
Questi schemi sono tutti standard riconosciuti, adatti a diverse produzioni e filiere a complessità variabile: piccola/grande scala, solo una fase del ciclo/intero ciclo produttivo ecc.
È utile verificare e certificarsi per molte ragioni: in primis per migliorare il proprio processo produttivo e quindi per poter comunicare e valorizzare il proprio impegno all’esterno, confrontandolo con un benchmark e per implementare nuove strategie di business rafforzando il proprio marchio.
Ad esempio alcune grandi catene gdo prediligono prodotti con questo tipo di marchio rispetto a prodotti che non danno evidenza del proprio impegno sul fronte ambientale.
A Mantova un esempio concreto
Il progetto Life Dop è nato a Mantova e ha l’obiettivo di sviluppare un modello ambientalmente sostenibile per le produzioni di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Il progetto declina questo impegno su tre componenti: il recupero dell’energia residua dei reflui (biogas a livello comprensoriale), il recupero virtuoso dei nutrienti del digestato (solido e liquido) e il recupero della sostanza organica per la fertilità dei suoli. Nella pratica il modello a livello comprensoriale prevede: 1) la valorizzazione dei reflui nella filiera energetica (biogas) in sostituzione del mais, promuovendo gli scambi sul territorio (borsa liquami, export di digestato), la gestione virtuosa dei nutrienti del digestato liquido in campo e la riduzione della fertilizzazione minerale (circular economy). E infine l’export di digestato solido ad alto potere fertilizzante e ammendante (nutrienti e sostanza organica) verso filiere esterne ad alto valore (ad esempio filiera del biologico), aiutando a superare le locali condizioni di surplus di nutrienti e risparmiando l’uso di fertilizzanti di sintesi non rinnovabili su altre filiere.
Ad oggi questo progetto ha concretamente consentito la valorizzazione di 40.880 tonnellate di reflui in impianti di biogas (quasi 4 milioni di kWh di energia rinnovabile prodotta), l’export di 3.600 t di separato solido (digestato e liquame) per il recupero di fertilizzanti e sostanza organica. Le aziende agricole esterne alla filiera zootecnica hanno potuto, acquistare fertilizzanti e ammendati rinnovabili, a bassa impronta di carbonio, utilizzabili anche in agricoltura biologica. All’interno del progetto è stato realizzato un prototipo mobile per rendere più semplice l’utilizzo di letami e liquami nella digestione anaerobica, attraverso la pulizia, l’omogeneizzazione e la cavitazione del materiale.
Il messaggio di fondo è che per affrontare le sfide del futuro, produrre di più con sempre più attenzione all’ambiente e alla salute umana, richiede attenzione al riciclo delle risorse, nutrienti e sostanza organica in primis, modalità virtuose di produzione e tanta ricerca e innovazione.
Il digestato è una risorsa preziosa, che va valorizzata nelle pratiche di produzione e nelle comunicazioni al consumatore. G.D.I. et Al.
Tab. 1 Caratteristiche chimiche
digestati (D) e frazioni derivate, solida (FS) e liquida (LF)
Campioni | Sostanza secca | Azoto Totale | Ammoniaca | Rapporto ammoniaca/azoto totale | P2O5 tot | Azoto Totale/P2O5 tot |
g/kg t.q. | g/kg ss | g/kg ss | % | g/kg ss | ||
D media | 61.1±12.5 | 80.6±13.3 | 48.9±26.1 | 54.9±8.2 | 35.6±11.1 | 2.37±0.64 |
FL media | 44.8±9.3 | 97.5±19.4 | 59.9±20.3 | 59.8±9.8 | 37.3±12.8 | 2.78±0.87 |
FS media | 212±34 | 28.7±5.9 | 10.1±3.5 | 35.1±9.1 | 29.9±10.6 | 1.05±0.36 |
Resa (t tq/ha)
tab. 2 Efficienza di uso dell’azoto
Dose | Azoto totale | Nitrato (N-NO3) | Efficienza | |
t/ha | kg/ha | kg/ha | % | |
Compost | 22,6 | 300 | 150 | 45 |
SS | 24,8 | 263 | 150 | 53 |
Digestato | 83,3 | 300 | 262 | 88 |
Urea | 0,65 | 300 | 300 | 100 |