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che l’agricoltura
italiana ha limitato
i danni. Nella debacle generale
di un accordo al ribasso
che ha tagliato anche i
fondi per gli stipendi dei funzionari
europei, gli aiuti diretti
2014-2020, con la riforma
Pac a regime (e senza sostanziali
stravolgimenti) varranno
in media, per le imprese
italiane, 378 euro a ettaro.
Circa 26 in meno rispetto alla
media attuale di 404,7. E
senza tener conto dell’incognita,
potenzialmente dirompente,
legata all’azzeramento
titoli, che potrebbe portare a
una redistribuzione su una superficie
molto più ampia (di
sicuro entreranno vigneti e
ortofrutta). Il tutto inoltre calcolato
a prezzi correnti, senza
tener conto quindi dell’inflazione.
Per gli aiuti diretti l’accordo
dell’8 febbraio determina
un’assegnazione all’Italia pari
a circa 27 miliardi, 1,04 in
meno rispetto al budget
2007-2013, con una perdita
nominale di 148 milioni l’anno.
Senza l’accorgimento
che allunga i tempi della convergenza
dei pagamenti a livello
Ue, da 4 a 6 anni, concordata
in sede negoziale, il
taglio sarebbe stato di 1,27
miliardi. L’aiuto medio a ettaro
che ne deriva, pari ai citati
378 euro, resta ben al di sopra
della media comunitaria
di 263,5. Il primo anno di
applicazione della riforma
(quasi certamente il 2015: la
Commissione che dovrebbe
presentare le norme transitorie
per il 2014 in primavera)
il premio scenderà a 392,6
euro, per poi ridursi gradualmente
fino a 378. Una media
che continuerà a nascondere
situazioni molto differenziate.
Ma su questo aspetto ci
sarà tutto il tempo per discutere,
a Bruxelles prima e a
livello di applicazione nazionale
poi.
Sulla base dell’attuale articolo
68, 170 milioni l’anno
dell’attuale budget per gli aiuti
diretti sono destinati al finanziamenti
di assicurazioni
agevolate e avvicendamento
colturale. Misure che potranno
(dovranno, nel caso delle
assicurazioni) essere trasferite
allo sviluppo rurale, compensando
così parzialmente i
tagli sugli aiuti diretti.
Il secondo pilastro della
Pac è il vero beneficiario dell’intesa
raggiunta l’8 febbraio:
l’extra budget di 1,5 miliardi
strappato dall’Italia porta
il plafond 2014-2020 a
10,43 miliardi, con un aumento
a prezzi correnti di 1.443
milioni sul 2007-13. Dal fondo
europeo di sviluppo regionale
(Fesr) arriveranno altri
560 destinati alle aree rurali
delle regioni rientranti nell’Obiettivo
Convergenza.
Una scelta, quella di premiare
il secondo pilastro, che per
il ministro delle Politiche
agricole, Mario Catania, «rappresenta
una scommessa sulla
capacità di investire nel
settore». Anche se l’allungamento
dei tempi di rendicontazione
(la regola «N+2» è
stata trasformata in «N+3»)
rischia di «viziare» alcune
amministrazioni lumaca. Ci
sarà però una riserva pari al
7% del plafond che potrà essere
utilizzata per premiare i
programmi più efficienti.