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Se tutto procedesse secondo il calendario stabilito, fino al 2013, funzionerà l’attuale Pac basata sugli aiuti disaccoppiati su base storica e su alcune residue forme di premi legati alla produzione (articolo 68 e aiuto specifico alle prugne per la trasformazione). Poi dal 2014, si cambia registro con un regime di pagamenti diretti dimagrito e disarticolato in diverse componenti (premio base, greening, aree svantaggiate, giovani agricoltori, piccoli agricoltori, pagamenti accoppiati).
Nelle ultime settimane, a dire il vero, è sorto qualche dubbio che la riforma in discussione sia approvata in tempo utile per una sua approvazione dal 2014. Per questo si parla del cosiddetto «Piano B», vale a dire di una alternativa – qualora fosse necessario – per assicurare agli agricoltori europei e italiani una certa continuità nelle politiche di sostegno.
Si vedrà tra la fine di quest’anno e le prime settimane del 2013 se ci sarà bisogno di una proroga delle attuali regole, oppure si passerà al nuovo contesto di aiuti Pac. Intanto, è meglio concentrarsi sulla realtà concreta di tutti i giorni.
A tale riguardo, per il 2012, i giochi sono ormai fatti e c’è solo da iniziare le erogazioni degli aiuti dovuti alle imprese agricole beneficiarie.
Un ultimo atto amministrativo è stato definito nei giorni scorsi dalla Commissione europea con la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale » dell’Unione europea del provvedimento legislativo (regolamento 564/2012) con il quale sono stati fissati i massimali di bilancio per i pagamenti diretti spettanti nel corrente anno ai 27 paesi membri.
Prima di entrare nel merito delle singole voci, in particolare per l’Italia, è necessario uno sguardo fugace alla spesa complessiva per la Pac nel 2012. Il budget è di 58,4 miliardi di euro, così ripartito:
– 3,1 per le misure di mercato (ritiro delle eccedenze e ammasso privato, sostegno specifico per i settori mediterranei come ortofrutta, vino e olio di oliva, restituzioni alle esportazioni);
– ci sono poi 14,6 miliardi di euro per la politica di sviluppo rurale che raddoppiano, considerando il cofinanziamento nazionale;
– infine, il regime dei pagamenti diretti che assorbe 40,7 miliardi di euro, in buona parte destinati agli aiuti disaccoppiati.
Il regolamento 564/2012 ripartisce il plafond disponibile per i pagamenti diretti tra i diversi paesi membri e le varie forme di sostegno attivate. In particolare per l’Italia, sono destinati 4,2 miliardi di euro per il regime del pagamento unico aziendale (disaccoppiamento), quasi 322 milioni per il sostegno specifico previsto nell’articolo 68 e una piccola somma (850mila euro) che serve per erogare aiuti legati alla produzione per il settore delle prugne destinate alla trasformazione industriale.
In definitiva, per il 2012, le casse dell’Unione europea mettono a disposizione degli agricoltori italiani una cifra teorica spendibile di circa 4,5 miliardi: un importo che con la riforma 2014-20 sarà un sogno, visto che il nostro paese è destinato a sacrificare parte del gettito attualmente intercettato, sull’altare della redistribuzione del sostegno tra i diversi partner comunitari, cedendo quote a favore dei paesi di nuova adesione.
Oramai, come si può constatare, le voci della spesa per i pagamenti diretti riservati all’Italia si sono ridotte a tre componenti, a fronte di un numero di gran lunga più elevato nel passato, quando ancora esistevano gli aiuti specifici per il riso, per le sementi, per le piante proteiche, per lo zucchero, per il pomodoro da industria, e per altri settori.