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La strada è ancora lunga e tortuosa. Ma la riforma della Politica agricola comune (Pac), dopo le secche dei veti incrociati in cui era finita le settimane scorse, è ripartita dal profondo Sud d’Italia, cuore del Mediterraneo, con alcune aperture alla richieste che il nostro paese avanzava da tempo all’Unione europea.
Alla sesta Conferenza economica della Cia che si è svolta a Lecce il 28 e 29 giugno scorsi, il commissario all’Agricoltura Ue, Dacian Ciolos, in una «bilaterale» con il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, ha detto infatti che il negoziato in corso per la revisione della futura Pac 2014-20 procede nella direzione auspicata anche dai paesi mediterranei. E «senza l’Italia a bordo – ha sottolineato – la riforma non si farà».
«Al di là di politiche settoriali, come quelle per l’ortofrutta, alle quali prestiamo particolare attenzione – ha spiegato Ciolos – non possiamo dimenticare che la riforma deve rivolgersi a 27 paesi e se non risponde in modo equilibrato a tutti perdiamo credibilità. L’obiettivo della Pac è sostenere gli agricoltori, per farli produrre di più e meglio, non solo in una prospettiva di breve-medio periodo, ma per i prossimi decenni. Si tratta di coniugare gli aspetti finanziari di bilancio con quelli, fondamentali per la sopravvivenza dell’agricoltura e nel rispetto dei cittadini, come la tutela dei suoli agricoli, la biodiversità e la conservazione delle acque».
Il commissario ha ricordato che i due terzi della superficie Ue è gestita da agricoltori. E che la prima funzione della Pac è quella di favorire la permanenza di «agricoltori attivi» nelle campagne. Sulla nuova distribuzione degli aiuti, tra e all’interno dei singoli Stati membri, Ciolos ha aggiunto che «l’uguaglianza non è possibile: l’obiettivo della Commissione non è arrivare allo stesso pagamento per ettaro ovunque. E nel quadro della regionalizzazione, l’Italia potrà comunque scegliere di erogare gli aiuti ai propri agricoltori in modo uniforme sul territorio, o per aree in base a specificità produttive ».
Un segnale forte quello arrivato dal commissario europeo, ha spiegato Catania, «dopo l’atteggiamento dogmatico su alcuni temi come ad esempio il greening, o gli agricoltori attivi». Un’apertura politica sulla quale ha sicuramente pesato anche l’intervento del Parlamento europeo e, in particolare, della commissione Agricoltura presieduta da Paolo De Castro (intervenuto alla Conferenza) che il 18 giugno scorso ha presentato una sorta di controriforma – con una raffica di emendamenti «aperti» fino al prossimo 13 luglio – a sostegno delle politiche agricole mediterranee.
Per il resto, ha sottolineato Catania, «gli aiuti completamente disaccoppiati sono una risposta sbagliata alle sfide che ci troviamo davanti. Certo, essere riusciti almeno a evitare il “flate rate” è stato sicuramente positivo, ma non vogliamo una Pac che abbia questo come punto di arrivo finale, come prospettiva storica successiva. L’attuale distribuzione degli aiuti diretti si deve snodare in un lasso temporale che impedisca uno strappo repentino che avrebbe conseguenze traumatiche su molte produzioni».
Sull’aspetto specifico del greening, il ministro ha ricordato che l’Italia è stata «fin dall’inizio tra i paesi più critici, pur ritrovandosi recentemente a dover difendere l’impianto di fronte ad altri paesi che volevano andare contro le stesse ragioni di fondo, che noi invece condividiamo ». Del resto, ha aggiunto il ministro, «la miglior politica ambientale è quella che cerca di mantenere gli agricoltori sul territorio. Per questo non possiamo calare sulle imprese soluzioni che hanno un costo difficilmente sostenibile: bisogna trovare misure che siano tecnicamente adeguate. L’esclusione dal greening delle piccole aziende, quelle sotto i dieci ettari, è senz’altro un importante passo in avanti per fare in modo che questa misura sia compatibile con le imprese».
Il ministro ha in ogni caso confermato l’asse Roma-Bruxelles, sottolineando che «la riforma che ci troveremo ad approvare non sarà, forse, quella che l’Italia avrebbe scritto, ma sarà comunque da noi condivisa».
Da parte sua il presidente della Cia, Giuseppe Politi, ha indicato le priorità che la Pac deve avere per gli agricoltori: «efficienza del mercato, rafforzamento delle organizzazioni di produttori, diffusione dell’economia contrattuale, misure per favorire il ricambio generazionale, sostegno degli strumenti (assicurazioni e fondi di mutualità) per contenere gli effetti della volatilità dei prezzi e delle crisi di mercato. La proposta dell’Esecutivo di Bruxelles – ha sottolineato – non va, però, nella giusta direzione. Ecco perché chiediamo sostanziali modifiche. È dunque, indispensabile che nel complesso negoziato comunitario ci sia una posizione autorevole dell’Italia, in grado di far valere le ragioni dei nostri agricoltori. Una posizione del sistema paese».