Domanda
Questo contenuto è riservato agli abbonati alle riviste Edagricole. Abbonati
Sei abbonato a Terra e Vita o ad una delle altre riviste Edagricole e hai già effettuato l’accesso al sito?
Fai login per accedere a questo articolo e a tutti i contenuti a te riservati.
Sei abbonato ad una delle riviste Edagricole ma non hai mai effettuato l’accesso al sito?
Registrati qui con la stessa e-mail utilizzata per la sottoscrizione del tuo abbonamento.
Entro 24 ore verrai abilitato automaticamente alla consultazione dell’articolo e di tutti i contenuti riservati agli abbonati.
Per qualsiasi problema scrivi a abbonamenti@newbusinessmedia.it
destinare alla Pac per
il periodo 2014-20 non
è più soltanto un’ipotesi. È
una proposta che la Presidenza
di turno cipriota del
Consiglio Ue ha avanzato ufficialmente
nel contesto del
negoziato sul quadro finanziario
per il periodo
2014-20. Vale a dire, l’ammontare
delle risorse che saranno
a disposizione nei
prossimi anni per la realizzazione
delle politiche e delle
azioni comunitarie.
Nel documento della Presidenza,
varato nei giorni
scorsi in vista del vertice tra
i Capi di Stato e di Governo
che si terrà il 22 e 23 novembre,
è stato proposto un ammontare
di risorse per la Pac
pari a 277,4 miliardi di euro
destinati al cosiddetto «primo
pilastro» (aiuti diretti e
spese per la gestione dei
mercati), mentre al finanziamento
dei programmi per lo
sviluppo rurale (il «secondo
pilastro» della Pac) andrebbero
90,8 miliardi.
In tutto, un taglio di 7,5
miliardi di euro rispetto al
progetto della Commissione
che puntava sull’invarianza
del budget sino al 2020 sul
livello nominale delle spese
raggiunto alla fine del 2013.
Senza alcun incremento per
tener conto dell’inflazione
annuale, con una riduzione,
in effetti, in termini reali
che può essere stimata attorno
al 12% nel 2020.
Per rientrare nel limite
di spesa, la Presidenza ha
previsto una diminuzione
del livello medio dei pagamenti
diretti all’ettaro pari
allo 0,27% all’anno a partire
dal 2015 e sino al 2020.
Il che significa, si legge nel
testo della Presidenza del
Consiglio Ue, «una riduzione
totale pari all’1,3% rispetto
alle proposte della
Commissione».
Un taglio che può, tutto
sommato, risultare accettabile
alla luce dei forti contrasti
tra gli Stati membri sul
bilancio della Ue, alcuni dei
quali escludono, al momento,
qualsiasi ipotesi di incremento
della capacità di spesa
dell’Unione.
Ma occorre tener conto
che, secondo la Presidenza,
le riduzioni proposte rappresentano
solo «un punto di
partenza», perché «per raggiungere
un compromesso
sembrano necessarie riduzioni
di maggiore dimensione
». Quindi, i capi di Stato
e di Governo dovranno decidere
la profondità dei nuovi
tagli da fare e la ripartizione
tra le diverse rubriche
di spesa.
La scure della Presidenza
cipriota non si è abbattuta
solo sulla dotazione per i
due pilastri della Pac.
Infatti, anche per il margine
di manovra per far fronte
a situazioni di grave crisi di
mercato è stata proposta una
contrazione da 3,5 a 1,5 miliardi
di euro. Inoltre, diversamente
da quanto previsto
dalla Commissione, gli agricoltori
non potranno beneficiare
degli interventi del
Fondo per la globalizzazione
a sostegno dell’occupazione.
Previsto infine un taglio
di 500 milioni anche al
nuovo Fondo europeo per
gli indigenti (che in totale si
vedrà attribuiti 2 miliardi).
Da sottolineare, poi, che
il documento della Presidenza
non affronta solo le questioni
legate alla futura dimensione
del bilancio per la
Pac post 2013.
Infatti, il testo contiene
una serie di dettagliate indicazioni
sui temi più controversi
della riforma che è in
discussione (si veda l’altro
articolo in pagina). Dalla
progressiva convergenza tra
l’importo degli aiuti diretti
versati nei nuovi Stati membri
e nei partner storici, alla
componente ecologica, sino
ai criteri da seguire per la
ripartizione dei fondi per lo
sviluppo rurale. Non manca
neppure un preciso riferimento
al plafonamento (che
potrebbe saltare) dei pagamenti
diretti.
Insomma, se non ci saranno
cambiamenti, il «cuore»
della riforma della Pac sarà
deciso a breve scadenza direttamente
dai massimi leader
dei 27 Stati membri.