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Gli agricoltori attivi
e la difesa del budget,
ma anche una
sua più equa ripartizione visto
che l’Italia è il primo
contribuente netto al bilancio
europeo, in percentuale
del Pil. Il presidente della
Coldiretti, Sergio Marini, a
Bruxelles per l’annuale forum
dell’associazione, davanti
ai presidenti del Consiglio
agricolo e della commissione
agricoltura dell’Europarlamento,
si presenta con
una lunga lista di modifiche
alla riforma Pac. Lo fa insieme
ai colleghi delle principali
associazioni agricole europee:
Fnsea (Francia), Dbv
(Germania), Ifa (Irlanda) e
Nfu (Regno Unito).
Sulla necessità di restringere
la platea dei beneficiari
ai soli agricoltori attivi la
posizione è nota: «È necessario
che la definizione di agricoltore
attivo – dice Marini
– sia demandata allo Stato
membro, affinché possano
essere considerati tali gli imprenditori
agricoli professionali,
singoli o associati, sulla
base della incidenza del
tempo dedicato al lavoro
agricolo sul tempo di lavoro
complessivo e della incidenza
del reddito agricolo sul
reddito totale». Mentre sulla
ripartizione del budget il presidente
attacca a testa bassa:
«Bisogna riequilibrare la ripartizione
del bilancio considerando
che al momento attuale
l’Italia è il primo contribuente
netto, in percentuale
del Pil». Mentre «Il superamento
del criterio storico
di calcolo dei pagamenti diretti
e il processo di convergenza
interno a ogni Stato
membro necessita – ha continuato
Marini – di un periodo
di tempo adeguato e della
massima flessibilità».
Quasi unanime il giudizio
negativo sul greening. «Rappresenta
una contraddizione
rispetto alle finalità della riforma
– dice ancora Marini
–, su produzione e competitività.
Per questo devono essere
radicalmente riviste le modalità
applicative mentre le
somme non spese dell’inverdimento
devono rimanere
agli Stati membri».
Nei giorni scorsi intanto
la Commissione europea ha
predisposto un documento
di due pagine contenente la
lista delle cosiddette «pratiche
equivalenti», che consentono
l’esenzione appunto
dalle regole relative al greening.
La lista è divisa in tre
parti: diversificazione, coltura
permanenti e «ecological
focus area», vale a dire la
messa a riposo obbligatoria
di una quota minima di terreno
aziendale pari al 7 per
cento. E proprio quest’ultima
misura, di gran lunga la
più contestata dell’intero capitolo
dedicato al greening,
prevede la lista più lunga di
esenzione, che arriva (finalmente)
a coprire oliveti e vigneti.
L’altra indiscrezione che
arriva da Bruxelles riguarda
la possibile «spartizione»
della dotazione finanziaria
del secondo pilastro per il
2014-2020. La scorsa settimana
la Commissione europea
avrebbe fatto circolare
tra gli eurodeputati della
commissione Agricoltura un
documento contenente la ripartizione
tra gli Stati membri
della dotazione finanziaria
disponibile per lo sviluppo
rurale nel prossimo periodo
di programmazione finanziaria.
Le cifre provvisorie,
approvate dal Consiglio europeo
lo scorso 7-8 febbraio,
costituirebbero la base sulla
quale procedere con i triloghi
consiglio-Parlamento-
Commissione. L’obiettivo
sarebbe quello di arrivare a
un accordo tra le tre Istituzioni
nel corso del prossimo
Consiglio affari generali, in
programma per il 25 giugno.
Il 28 maggio si era tenuto
il primo trilogo sul quadro
finanziario pluriennale
2014-2020, che ha consentito
un deciso passo avanti della
trattativa. Va superato però
il braccio di ferro Consiglio-
Parlamento su due questioni
chiave: la flessibilità
tra i capitoli di bilancio e
l’eventuale clausola di revisione.
Su entrambe le richieste
Strasburgo non vuole cedere.
A meno che il Consiglio
non «conceda» lo stanziamento
necessario (11,2
miliardi, secondo l’Europarlamento)
a coprire il «buco»
che si è aperto nel bilancio
2013. A quel punto l’accordo
sull’intero quadro finanziario
2014-2020 sarebbe poco
più che una formalità.