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Abbiamo perduto circa tre milioni di aziende nell’Unione europea nell’ultimo decennio. È dunque importante mettere in atto una politica che consenta l’insediamento di nuovi agricoltori per la creazione di nuove imprese o per il rafforzamento di quelle già esistenti».
È quanto ha indicato il commissario europeo per l’Agricoltura, Dacian Ciolos, nel corso del suo intervento alla conferenza organizzata nei giorni scorsi, a Bruxelles, dal Consiglio europeo dei giovani agricoltori (Ceja).
Nell’occasione, Ciolos ha anche messo l’accento sulle misure a sostegno dei giovani agricoltori previste nel pacchetto legislativo presentato nello scorso ottobre per la riforma della Pac dopo il 2013.
A questo riguardo, il commissario ha ricordato che «nel quadro dei programmi per lo sviluppo rurale, gli Stati membri possono prevedere un sotto-programma specifico per i giovani agricoltori, con l’aumento dell’intensità del sostegno o del livello di cofinanziamento di parte comunitaria ».
Inoltre, ha proseguito il commissario, «nell’ambito del cosiddetto primo pilastro, abbiamo previsto di aumentare il livello dei pagamenti diretti nei primi cinque anni dopo l’insediamento, quando le esigenze di liquidità sono generalmente più pressanti».
«L’insediamento di giovani è un fattore chiave per l’avvenire dell’agricoltura europea », ha concluso Ciolos.
Intanto, fanno ancora discutere le valutazioni espresse a fine marzo dal commissario sui risultati del processo di riforma della Pac in atto ormai da circa vent’anni a questa parte.
«Abbiamo deciso via via di rinunciare alla maggior parte degli strumenti di intervento e gestione dei mercati. Dobbiamo constatare che non sono stati attivati meccanismi alternativi – ha rimarcato Ciolos –. È rimasta solo qualche traccia delle vecchie misure, che però non consentono di anticipare e reagire alle crisi sempre più numerose ».
Le critiche del commissario hanno riguardato anche il volet esterno della Pac. «Il processo di riforma è stato anche alimentato dalla volontà dell’Unione europea di spingere verso la conclusione il “Doha Round” in seno alla Wto. Questa strategia non ha ancora dato i suoi frutti», ha dichiarato con una evidente punta d’ironia Ciolos, considerando che la trattativa multilaterale è da tempo finita su un binario morto.
Intanto, mentre in Italia si rincorrono i timori per un sostanzioso taglio degli aiuti diretti a partire dal 2014, la Spagna fa i conti del possibile impatto della riforma sui singoli comparti produttivi. Il ministero ha effettuato alcune simulazioni per garantire, attraverso l’individuazione delle cosiddette aree omogenee sulle quali spalmare i nuovi aiuti forfetari, il minor scarto possibile tra i vecchi premi, frutto delle rese storiche, e i nuovi titoli post riforma. Il ministro spagnolo, Miguel Arias Canete, la scorsa settimana è stato ricevuto dal ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, a Roma (si veda «Agrisole» n. 15/2012); Italia e Spagna sono unite nel chiedere alla Commissione di rivedere almeno i parametri per calcolare la superficie agricola in base alla quale distribuire il nuovo plafond finanziario.
Che secondo i due paesi dovrebbe tenere in considerazione non solo gli ettari che hanno beneficiato storicamente dei premi Ue ma l’intera superficie agricola utilizzabile (nel caso della Spagna, la differenza è sostanziale, visto che gli ettari sarebbero almeno il doppio di quelli attualmente considerati; mentre per l’Italia lo scarto è tra circa 10 e 13 milioni di ettari).
L’operazione messa in atto dalla Spagna per attutire l’impatto della regionalizzazione sarebbe particolarmente utile nel contesto italiano, dove con l’azzeramento titoli alcuni comparti, dagli allevamenti senza terra al tabacco, rischierebbero di veder passare il valore dei propri titoli Pac da diverse migliaia a poche centinaia di euro.
Anche se travalicare i confini amministrativi nella definizione delle aree omogenee senza urtare la sensibilità delle Regioni, per quanto consentito dalle attuali proposte di regolamento sulla nuova Pac, appare una missione impossibile.