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del vertice sulle prospettive
finanziarie
che avrebbe dovuto garantire
i fondi necessari alla futura
politica agricola, i ministri
dell’Agricoltura dei 27 partner
Ue si sono riuniti la scorsa
settimana a Bruxelles per
un Consiglio (a suo tempo
rinviato proprio per poter conoscere
l’esito del vertice sul
bilancio) dedicato a discutere
nel merito la riforma Pac. Pagamenti
diretti, Ocm unica e
sviluppo rurale: una discussione
che ha toccato quasi
tutti gli aspetti della riforma,
in un clima però dominato
dalla sfiducia e dalla crescente
consapevolezza che il cosiddetto
«Piano B», vale a
dire la preparazione di un
2014 senza riforma, sempre
negato dal commissario Ciolos,
potrebbe presto diventare
una necessità. Nessuno nega
infatti che senza un accordo
entro i primi mesi del
2013 sul bilancio 2014-20 la
riforma è destinata a saltare.
Qualcuno, come il ministro
francese Le Foll, lo dice ormai
apertamente.
«Se non ci sarà un accordo
sul bilancio pluriennale
entro il prossimo mese di febbraio
– ha dichiarato Le Foll
a margine del Consiglio agricolo
Ue –, dovremo prepararci
per un periodo di transizione.
Perché l’avvio della nuova
Pac alla data del 1° gennaio
2014 sarebbe improponibile,
considerando che la messa
a punto dell’assetto normativo
richiederà almeno un anno
di lavoro. Spetta alla Commissione
– ha aggiunto il ministro
francese –, predisporre
gli strumenti giuridici per il
rinvio». Nessuna reazione, almeno
fino a oggi, alle parole
di Le Foll da parte del commissario
Ciolos, il quale nelle
scorse settimane ha anzi
più volte sottolineato che
«non esiste un piano B per la
riforma della Pac», e ha invitato
il Consiglio e il Parlamento
europeo a «prendersi
le proprie responsabilità». Invito
peraltro rispedito al mittente
dall’Europarlamento
con il rinvio a gennaio del
voto delle relazioni sulla riforma,
deciso con il dichiarato
scopo di smarcarsi dal
pressing del commissario, invitando
così l’Esecutivo europeo
a schierarsi nel dibattito
(divenuto nel frattempo vera
e propria battaglia) sull’ammontare
e sulla ripartizione
dei fondi europei.
In questo scenario i ministri
hanno provato a ragionare
su alcune modifiche agli
aspetti più controversi della
riforma, a partire dall’ormai
famigerato «greening», l’insieme
delle regole ambientali
che prevedono l’obbligo di
diversificazione produttiva
sul 30% delle superfici ambientali
e la destinazione del
7% dei terreni a opere con
valenza paesaggistica come
siepi o muretti a secco, pena
il taglio del 30% dei pagamenti
diretti Pac. «Sul greening
dobbiamo pensare a un
sistema flessibile e semplice
per gli Stati membri – ha
spiegato il ministro delle Politiche
agricole Mario Catania,
di nuovo a Bruxelles dopo
aver affiancato il premier
Monti nel vertice sul bilancio
–. Inoltre, credo che sia necessario
discutere della percentuale
del 7% relativa alla
“ecological focus area”: si
tratta di una soglia troppo elevata,
ritengo che si debba arrivare
a un accordo su un
livello più ragionevole».
L’Italia vuole modifiche
sostanziali anche all’altro pilastro
del greening, rappresentato
dall’obbligo di diversificazione:
«In merito alla
diversificazione – ha sottolineato
il ministro – penso che
sarebbe interessante riflettere
sulla possibilità di un’applicazione
della misura a seconda
della grandezza dell’azienda.
Sono d’accordo sull’obbligo
di tre colture per le grandi
aziende, quelle sopra i 50 ettari
ad esempio, mentre per
quelle di medie dimensioni è
opportuno mantenere l’obbligo
di due colture. Per le piccole
aziende, invece, è giusto
stabilire l’esclusione dall’obbligo
della diversificazione,
così come è giusto non imporre
il vincolo ai pascoli permanenti
e le colture arboree,
che hanno già un forte valore
ambientale e non dovrebbero
essere comprese nel greening.
Infine – ha spiegato Catania
– vorrei sottolineare come
il testo del “Negotiating
box”, proposto dal presidente
Van Rompuy nel corso dell’ultimo
Consiglio europeo,
contenga una formulazione
molto particolare: sostiene infatti
che tutti gli agricoltori
sono obbligati al rispetto del
greening, quindi anche i piccoli
agricoltori. Quel “tutti”
merita una riflessione e una
segnalazione, pertanto invito
il commissario Ciolos a far
presente al presidente Barroso
che quella formulazione
dovrebbe essere corretta eliminando
il termine
“tutti”».