Boom della lavanda, ma il mercato è da costruire

    Donatella Manetti, cinque ettari di cui due di lavanda a Offegna (An)
    La lavanda di Donatella. E quella di Patrizia. Imprenditrici che nelle Marche puntano su una coltura che può fare territorio, turismo e business. Ma occorre puntare sulla diversificazione dei prodotti,dalla cosmesi al tessile, e sulla costruzione di filiere di vendita diretta

    Dalla moda all’agricoltura il passo è breve. Ne è convinta Donatella Manetti, che si è reinventata imprenditrice agricola dopo 25 anni di carriera da manager nel settore tessile. «Alla soglia dei 50 anni ho deciso che era giunto il momento di dire basta. Ero stufa di sacrificare gli affetti per una carriera che mi ha portato lontano dalla famiglia. Così ho lasciato Milano e, insieme a mio marito, agronomo presso l’Università Politecnica delle Marche, ho acquistato un pezzo di terra nella campagna marchigiana».

    Grossò, Mailette, Lanata, Hidcote, Grappenhall, le varietà di lavanda testate da Federica Manetti

    Un cambio radicale di vita che per Donatella ha il sapore della continuità: «l’agricoltura e la moda hanno una radice comune: sono entrambe attività che nascono dalle mani e dall’ingegno dell’uomo e consentono di “disegnare”: non più tessuti, bensì paesaggio».

    L’azienda “La Lavanda di Donatella” è uno spicchio di collina alle spalle di Offagna (An), punteggiato da vigneti e uliveti, che in primavera si tinge di viola. Cinque ettari di cui 3 coltivati a Rosso Conero (l’azienda conferisce l’uva alla cooperativa Moncaro).

    Ogni varietà, il suo utilizzo

    La gamma dei prodotti in vendita diretta

    Dal 2012, anno in cui ha fondato l’azienda, rilevando e trasformando un vecchio rudere, ha impiantato ottocento piante di diverse varietà di lavanda (Grossò, Mailette, Lanata, Hidcote, Grappenhall), ognuna con caratteristiche e sbocchi commerciali diversi (olio essenziale, idrolato, rametti, mazzi per cerimonie, essenze, cosmesi, saponi), frutto di attenta selezione.

    «Il progetto originario prevedeva altre officinali e un laboratorio di trasformazione cosmetica, ma le spese e la burocrazia mi hanno fatto desistere. Così mi sono interamente dedicata alla lavanda, che con la moda ha un legame forte: è un’aromatica, si usava per la profumazione della biancheria ed ha sempre fatto parte del territorio. Non ha bisogno di trattamenti, è mellifera e poliedrica. Questo però non significa che sia semplice produrne di buona».

    Ricerca e sperimentazione

    La lavanda e il Montepulciano per il rosso Conero, i due prodotti di Federica

    Fondamentale la sperimentazione e l’aggiornamento continuo, grazie a collaborazioni con l’Università Politecnica delle Marche e con l’ente Regionale per la ricerca in agricoltura. «E poi ci vuole un’idea di impresa, un business plan ponderato e la capacità di valorizzarsi attraverso il marketing». Nonostante ciò il guadagno resta esiguo. «Da sola, in Italia, la lavanda non è remunerativa. Intanto qui non c’è organizzazione per la raccolta meccanizzata e il lavoro resta essenzialmente manuale. E poi i prezzi: per avere un piccolo introito servirebbero 60-65 euro a litro di olio essenziale, quando oggi se va bene ne vengono riconosciuti 40 (con una resa media di circa 7/9 litri di olio per ettaro). Per questo ho puntato sulla vendita diretta e sulle visite in azienda, anche se il grosso del guadagno deriva dal vino». Eppure la lavanda può essere business: «servirebbe una filiera completa, dal campo al mercato. Gli sbocchi sono numerosi, si va dalla cosmesi all’alimentare, passando per integratori e prodotti per animali. Ma in Italia questo non c’è».

    Boom nelle Marche

    Nonostante ciò proprio le Marche stanno vivendo un boom della lavanda, posizionandosi come prima regione italiana per coltivazione di piante officinali con oltre 2200 ettari (dati Coldiretti 2017). La loro produzione è stata infatti incentivata nel PSR (garantiscono un punteggio alto) e molti giovani hanno deciso di scommettervi. Come Patrizia Badiali, trentaseienne cultrice di Lettere Antiche, che sei anni fa ha accantonato l’idea dell’insegnamento per far fruttare 8 ettari di terra di famiglia ad Arcevia (An). «Non è stato amore a prima vista con l’agricoltura e non è un mestiere facile. Ho scelto la lavanda perché è una pianta “femminile” e permette di diversificare». Con l’aiuto della famiglia produce e vende attraverso i mercati di Campagna Amica olio essenziale e idrolato, saponi e miele. «Un piccolo stipendio si ricava. Ora stiamo investendo in altre officinali e entro l’anno apriremo un laboratorio di cosmetica e il punto vendita aziendale».

    Boom della lavanda, ma il mercato è da costruire - Ultima modifica: 2018-08-29T00:55:13+02:00 da Lorenzo Tosi

    3 Commenti

    1. Salve. Ho un terreno di 3 tavole in cui ci sono già degli ulivi, vicino ai quali vorrei piantare la lavanda.
      Le due piante sono compatibili tra loro? Ci sono già stati casi di coltura combinata lavanda-ulivi?

    2. Buongiorno,
      io e mio marito ci siamo trasferiti da poco in Sardegna e vorremmo iniziare a coltivare lavanda, non abbiamo terreno ma, per iniziare, potremmo affittarlo. Abitiamo a Gavoi in provincia di Nuoro, paesino meraviglioso a 770 mt sul livello del mare, siamo scappati da una vita frenetica a Brescia, per rifugiarci qui. Ci piacerebbe lavorare con la natura e ci affascina molto la coltivazione della lavanda. Non siamo agricoltori, quindi siamo molto ignoranti in materia…indicativamente, quanto terreno serve per iniziare? di che entità è l’investimento iniziale? esiste una cooperativa o una associazione a cui possiamo rivolgerci, per avere supporto? esistono fondi regionali? è ancora un mercato inesistente e quindi troppo rischioso? spero possiate aiutarmi…grazie e scusate se vi ho fatto perdere tempo. Saluti Mary

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