In alcune aree della Puglia, soprattutto sul Gargano, sull’Alta Murgia, nel versante occidentale del Tarantino e da qualche tempo anche nel Salento, i cinghiali scorrazzano indisturbati causando non solo rischi igienico-sanitari e per l’incolumità pubblica (più volte hanno provocato gravi incidenti automobilistici), ma anche seri danni nelle aziende agricole.
Anzi negli ultimi mesi le scorribande dei cinghiali sulle strade e nei campi hanno subito una forte recrudescenza a causa della più ridotta presenza di uomini, automobili e mezzi meccanici determinata dall’emergenza sanitaria.
La recente sentenza del Tribunale di Taranto che ha condannato, per danni risalenti al 2016, la Regione Puglia e la Provincia di Taranto a risarcire un’azienda agricola di Castellaneta per circa 50.000 euro, compresi interessi e compensi di difesa, può aprire un nuovo capitolo nel recupero dei danni causati dai cinghiali e da altra fauna selvatica. Così la pensano i dirigenti delle organizzazioni agricole del Tarantino.
Rubino (Cia): «Occorre norma che regolamenti un controllo efficace»
I cinghiali sono tornati recentemente ad agire nel Barese e in provincia di Taranto, dove branchi di ungulati hanno scavato buche profonde fino a 50 centimetri sotto olivi e agrumi, denuncia Vito Rubino, direttore di Cia Due Mari (Brindisi e Taranto).
«Stiamo segnalando la questione da tempo, anche attraverso veri e propri dossier video che documentano gli effetti negativi della presenza incontrollata dei cinghiali sul territorio. Con la costituzione dell’area protetta del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, i cinghiali hanno avuto modo di riprodursi a dismisura.
L’ultimo censimento rilevò la presenza di circa 3.700 esemplari in quella zona. Secondo la Cia, per affrontare in maniera concreta il problema, è necessaria una norma che regolamenti un controllo efficace dei cinghiali, anche mediante l’attuazione di strategie venatorie miranti a creare condizioni di equilibrio ambientale, sociale, economico con particolare riferimento alla salvaguardia delle coltivazioni agricole, degli allevamenti zootecnici e delle attività agrituristiche presenti soprattutto nell’area del Parco».
Cavallo (Coldiretti): «Agricoltori non denunciano perché scoraggiati»
«I danni denunciati sono soltanto la punta dell’iceberg – dichiara il presidente di Coldiretti Taranto Alfonso Cavallo –. Nei campi i cinghiali scavano il terreno attorno agli alberi alla ricerca di radici e fanno razzia di frutta, legumi, piantine, ortaggi.
Molti agricoltori non denunciano perché scoraggiati dalle lungaggini burocratiche e dalle condizioni poste dalle assicurazioni, perché hanno difficoltà a dimostrare che i danni lamentati sono causati dai cinghiali.
Anche i comuni cittadini non denunciano perché le assicurazioni impongono, oltre alle tracce sulla vettura e sull’asfalto, anche il rinvenimento della carcassa dell’animale con il quale ci si è scontrati.
Ma i numeri la dicono lunga sulla necessità di alzare il livello di allerta e programmare efficaci attività di riequilibrio delle popolazioni di cinghiali che mettono a repentaglio la stessa incolumità delle persone. Non c’è più tempo da perdere, perché gli agricoltori sono allo stremo. La sentenza del Tribunale di Taranto apre una nuova strada almeno sul piano risarcitorio».
Palma (Confagricoltura): «Chi ne è causa si assuma la responsabilità»
È nella parte occidentale della provincia di Taranto, e in particolare nel territorio di Castellaneta, Palagiano e Ginosa, che si avverte la presenza dei cinghiali, conferma Carmine Palma, direttore di Confagricoltura Taranto.
«Purtroppo sono stati lasciati liberi di proliferare, ma ora le conseguenze le pagano gli agricoltori. Così non si può andare più avanti, chi ha causato tale situazione si deve assumere le proprie responsabilità, in termini di risarcimento dei danni subiti dagli agricoltori e di prevenzione. Non possiamo lasciare gli agricoltori alla mercé delle scorribande dei cinghiali.
La Regione si è limitata finora ad attuare dei programmi di difesa passiva, cioè di contenimento con la cattura in gabbie per poi trasferire gli animali altrove, che si sono rivelati inefficaci rispetto alla portata del problema. Perciò chiediamo interventi efficaci e definitivi per il controllo delle popolazioni dei cinghiali».
Rubino (Cia): «Il risarcimento è solo una delle questioni da affrontare»
La necessità di passare dal concetto di indennizzo a quello di un risarcimento vero e proprio, adeguato al ristoro dei danni effettivamente subiti, è soltanto una delle questioni sul tavolo, sostiene Rubino.
«Come ha dichiarato di recente anche il presidente regionale di Cia-Agricoltori Italiani della Puglia, Raffaele Carrabba, occorre monitorare il numero, la crescita e la presenza dei cinghiali, e più in generale degli animali selvatici, poter contare su una ricerca approfondita che rilevi anche i comportamenti delle diverse specie animali, i loro spostamenti, le abitudini nutrizionali.
Così potremo capire con quali misure affrontare il problema dei cinghiali e quello più complessivo della fauna selvatica, cioè con un programma di azioni volte a limitarne al minimo l’impatto negativo sulle aziende agricole e zootecniche. A tale fine abbiamo avanzato le nostre proposte alla Regione Puglia per cominciare ad affrontare strutturalmente la questione».
Campanile (Regione Puglia): «A giugno partirà progetto biennale di monitoraggio e contenimento»
Premettendo che «le sentenze non si discutono, ma si eseguono» e che, in caso di prossime chiamate in giudizio della Regione, «gli agricoltori dovranno comunque dimostrare che eventuali danni a colture e terreni siano stati effettivamente causati dai cinghiali», Domenico Campanile, dirigente di sezione “Gestione sostenibile e tutela delle risorse forestali e naturali” presso il Dipartimento Agricoltura, sviluppo rurale e ambientale della Regione Puglia, dichiara «piena conoscenza del problema dei cinghiali in Puglia e altrettanta disponibilità ad affrontarlo in maniera seria e conseguente.
Esiste un evidente squilibrio biologico, un numero eccessivo di cinghiali rispetto alle naturali risorse alimentari e idriche, tanto è vero che essi ormai escono dagli ambiti naturali e cercano cibo e acqua nelle campagne coltivate e nelle periferie di città e paesi.
Dopo una lunga interlocuzione con Ambiti territoriali di caccia e Università di Bari stiamo per definire un progetto biennale di monitoraggio e contenimento delle popolazioni di cinghiali che partirà a giugno e sarà coordinato dal direttore del Dipartimento di Biologia dell’Università barese, Giuseppe Corriero. Il progetto definirà quali saranno le forme di contenimento dei cinghiali, cioè catture, caccia e/o altre misure. Entro un anno avremo già i primi risultati».