Il cittadino/consumatore post emergenza è più attento al made in Italy (26%), alla tutela dell’ambiente (22%), alle tipicità del territorio (16%), alla salute (15%) e alla convenienza (14%). A dirlo è il report elaborato da Nomisma su “Il ruolo economico e produttivo dell’agroalimentare italiano in tempo di Covid-19 e scenari di lungo periodo”, presentato in occasione del primo webinar post lockdown della Cia-Agricoltori Italiani dedicato al progetto “Il Paese che Vogliamo”.
Il report Nomisma, analizzando i valori alla base delle scelte di acquisto alimentari durante l’emergenza, individua fattori influenti e traccia possibili scenari per l’intera filiera agricola, tra nuove potenzialità e criticità da risolvere.
Consumi anticiclici, vendite cibo +5%
Il report dimostra che i consumi di cibo e bevande sono stati (durante l’emergenza) e continuano a essere tra i pochi che hanno segnato delle variazioni positive, dimostrandosi anticiclici rispetto alle altre filiere. Infatti, mentre sono andate a picco le vendite dei beni non alimentari (-22% in valore nel primo quadrimestre sullo stesso periodo del 2019 e addirittura -52% solo ad aprile) quelle di cibo hanno registrato un aumento del 5% nei primi quattro mesi del 2019 e del 6% ad aprile.
Consumi, e-commerce strategico per sviluppo produzioni locali
In un contesto in cui l’e-commerce dei prodotti alimentari è destinato a crescere (il 95% degli italiani crede che l’acquisto web di prodotti alimentari aumenterà nei prossimi anni), il canale online avrà un ruolo centrale nello sviluppo del mercato tipico/locale. Il 92% degli italiani, secondo l'indagine Nomisma, crede che questa sia, infatti, la modalità più utile per poter acquistare i prodotti alimentari dei piccoli produttori, specie quando si parla di piccole realtà situate in zone interne e difficili da raggiungere, come le aree appenniniche.
Consumi, -10% nel 2050
Stime Nomisma prevedono che tra dieci anni aumenteranno i consumi di verdura (49%), frutta (47%) e olio extravergine di oliva (6%), mentre diminuiranno quelli di pasta (-23%), carne (-32%) e salumi (-45%). Nel 2050 si acquisteranno più prodotti biologici (44%), rich-in (34%), carne bianca (19%), come anche di Parmigiano Reggiano (8%), mentre il saldo sui consumi di vino e carne rossa sarà negativo rispettivamente del 22% e del 45%.
Secondo lo studio, nei prossimi 30 anni una popolazione italiana più anziana (che misurata sul totale di quella maggiorenne passerà dal 26% attuale al 38% nel 2050) porterà a una diminuzione dei consumi vicina al 10%.
Sui consumi impatterà anche l'evoluzione dei redditi. «Per sopravvivere al calo della domanda interna – specifica Denis Pantini di Nomisma - serviranno competenza nell'export e nuovi assetti aziendali per produzioni realmente più orientate al consumatore».
Nuove possibilità per l’agricoltura
L’emergenza, come evidenziato dal report, ha accelerato la diffusione dell’utilizzo del digitale e consolidato nuovi trend di consumo. Questi cambiamenti si innestano su un’evoluzione di lungo periodo (cambiamenti demografici, socioeconomici, climatici, etc) che modificheranno gli assetti produttivi della nostra agricoltura e per questo dovranno essere monitorati con attenzione per comprenderne e anticiparne le evoluzioni.
«Tali modifiche non condurranno a un unico “modello” di agricoltura italiana – incalza Pantini - e affinché possa esistere una sostenibilità economica anche per le imprese situate in aree marginali, occorrono interventi infrastrutturali (in particolare sul digitale) e organizzativi (reti di imprese e di sistema) in grado di cogliere opportunità di mercato che altrimenti andrebbero perse (si pensi a export o turismo). Non si tratta di supportare imprese “marginali”, ma di garantire la tenuta e la salvaguardia di interi territori del Paese, attraverso l’unica attività, quella agricola, che ancora può farlo, garantendo a monte pari condizioni competitive».
Cia, dopo il lockdown, riparte il progetto “Il Paese che Vogliamo”
Dopo l’emergenza riparte il progetto dell’organizzazione che punta su rilancio delle aree rurali e sistemi produttivi territoriali.
«Il Covid-19 ha avuto effetti drammatici sulla tenuta socio-economica del Paese e ha rimesso in discussione tutti i modelli di crescita - ha spiegato il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino -. Ma la pandemia ha reso chiaro a tutti la centralità del settore primario. L’agricoltura ha svolto la funzione di garante dell’approvvigionamento alimentare nazionale. Un impegno straordinario, portato avanti con dedizione e responsabilità dalle aziende, che tuttavia non è stato sufficiente ad arginare crisi e perdite reddituali, soprattutto legati allo stop del canale Horeca e al crollo delle presenze per gli agriturismi».
Sotto pressione anche la tenuta sociale dei territori, in particolare nelle aree rurali e periferiche del Paese, dove molte delle debolezze caratterizzanti l’assetto locale nel periodo pre Covid-19 sono state amplificate. «E’ il caso dell’arretratezza infrastrutturale, sia fisica che digitale, con cui si è dovuto confrontare il sistema produttivo - ha osservato Scanavino -. Al lato opposto, alcune potenzialità delle aree rurali, quali il benessere ambientale, la qualità dell’aria e del paesaggio, sono state cruciali per la popolazione durante il periodo di lockdown e di distanziamento sociale».
Scanavino: «La ruralità territoriale deve diventare leva di sviluppo»
«La ruralità territoriale rappresenta un elemento su cui investire per favorire percorsi di crescita competitiva e di tenuta sociale, frenando lo spopolamento e l’abbandono delle aree interne - ha detto Scanavino-. E’ chiaro, però, che bisogna accelerare interventi di digitalizzazione e di ammodernamento della rete dei trasporti; sostenere lo sviluppo di una sanità territoriale e di scuole decentrate; agevolare percorsi di aggregazione all’interno delle filiere per costruire sistemi produttivi territoriali; integrare sempre di più l’agricoltura con il turismo e l’enogastronomia di qualità. Serve dunque un progetto ambizioso con un ruolo chiave per l’agricoltura - ha concluso il presidente Cia- che deve essere legittimato e riconosciuto a tutti gli effetti dalle politiche nazionali ed europee».
Provenzano: «L’agricoltura riportata al centro del discorso pubblico»
«L'agricoltura ha ricevuto in questi mesi una nuova attenzione ed è stata riportata al centro del discorso pubblico - ha dichiarato il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano -. Abbiamo lavorato anche insieme agli altri ministeri tenendo conto del comparto agricolo, era un atto dovuto. Per ripartire abbiamo davanti grandi opportunità, quella del Green Deal e dell’innovazione digitale. Sono due direttrici sulle quali stiamo lavorando per il rilancio del Paese. Queste tematiche incrociano ciò che vogliamo realizzare in termini di trasformazione e miglioramento della capacità produttiva del Sud. La prossima settimana - ha concluso il ministro - ci incontreremo con la ministra del Mipaaf Teresa Bellanova per concentrare lo sforzo attuativo e potenziare le politiche di coesione territoriale».