Con il recente ritrovamento di un focolaio in Emilia-Romagna, che riprende la prima segnalazione sempre nella stessa regione nel 2013, si rinnovano le preoccupazioni nei confronti della “corteccia fuligginosa dell’acero” in Italia.
Espansione in tutta Europa
Infatti, le segnalazioni di questa malattia che colpisce il genere Acer sono in crescita in tutta Europa (Gran Bretagna, Francia, Olanda, Belgio, Germania, Repubblica Ceca, Austria, Svizzera, Slovenia, Bulgaria), ma la malattia è presente anche negli Usa e in Canada.
Le specie ospiti dove viene più frequentemente rilevata la malattia sono l’acero montano (A. pseudoplatanus), l’acero riccio (A. platanoides) e l’acero campestre (A. campestre), ma sono segnalati come ospiti, tra altri, anche ippocastano, tiglio e betulla.
La malattia può condurre a morte le piante e a comprometterne la stabilità meccanica. Ma possiede anche risvolti sanitari per l’uomo, in quanto produce una grande quantità di spore aeree in grado di causare gravi infiammazioni polmonari.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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La formazione della fuliggine
La malattia della corteccia fuligginosa generalmente non produce sintomi diagnostici distinti da altre malattie, parassiti o condizioni ambientali. Tuttavia, sarebbe opportuno dopo l’abbattimento di alberi o rami sintomatici notare una colorazione interna dovuta alla malattia. Ciò può essere utili a identificare gli alberi compromessi o altri nelle vicinanze che possono meritare un esame più attento.
Le piante colpite in genere manifestano sintomi di avvizzimento precoce a carico delle foglie che sovente cadono anticipatamente, iniziando da quelle più esterne e procedendo verso l’interno della chioma. Sui rami e fusti in fase avanzata si manifestano fessurazioni longitudinali e necrosi dei tessuti corticali, a cui si accompagnano talvolta emissioni di essudati. Quando le necrosi raggiungono il cambio la corteccia si fende profondamente tendendo a staccarsi dal fusto ed esponendo grandi placche rettangolari o strisce allungate di tessuto corticale morto.
Sintomo caratteristico è la formazione sotto la corteccia morta di densi strati di sporangi grigio-nerastri, dall’aspetto fuligginoso e spessi fino a 1 cm. Il legno alterato possono presentare colorazioni variabili dal bruno al verde-bluastre, e perfino giallastre.
Condizioni predisponenti
L’agente causale è un fungo endofita chiamato Cryptostroma corticale, conosciuto fin dal 1898, ma di cui non si conosce l’esatta diffusione sul territorio. Nelle piante più deboli e stressate il patogeno, che probabilmente è presente sulla pianta in forma latente, è in grado, una volta ripresa la sua attività patogenetica, di degradare i tessuti legnosi e corticali.
Il passaggio del fungo dalla sua fase latente a quella patogenetica sembra, da studi specifici, sia stimolata dallo stress idrico ed associata a lunghi periodi particolarmente caldi e asciutti. Temperature ottimali di crescita variano da 25 °C a 30 °C. È prevedibile, pertanto, un aumento dei casi per effetto dei cambiamenti climatici in atto.
Il ciclo della malattia non è noto con certezza, ma sembra che Cryptostroma corticale penetri giovani germogli e rametti, portando al loro deperimento che passerebbe complessivamente inosservato. Allo stesso tempo, però, il micelio cresce attraverso il legno e nel durame senza mostrare ulteriori sintomi esterni.
La colonizzazione è principalmente longitudinale e il tasso di crescita è incrementato da condizioni climatiche calde e siccitose. Durante l’estate, la crescita radiale aumenta e, quando il fungo raggiunge l’esterno del legno, uccide il cambio, invade la corteccia e inizia a sviluppare lo stroma, con la sua enorme massa di spore. Al termine del processo infettivo la corteccia si fessura e cade, aiutata dalla pressione esercitata dal micelio in espansione, e le spore possono essere rilasciate all’esterno.
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Rimuovere le piante infette
Dato che il fungo può essere presente in forma latente, è opportuno assicurare alle piante, almeno in ambiente urbano, le migliori condizioni di vegetazione e idriche adeguate per evitare l’insorgere di stress, che potrebbero scatenare la malattia. Le piante malate non possono essere curate, ma la rimozione delle piante colpite limita la diffusione del patogeno e riduce il rischio di infiammazioni polmonari. Il personale incaricato della movimentazione e della lavorazione del materiale infetto deve indossare idonei dispositivi di protezione individuale per evitare l’inalazione delle spore fortemente allergizzanti.