Gelate primaverili il rischio è elevato

Le gelate tardive possono causare danni ingenti, fino alla perdita quasi completa della produzione. Ecco quali fattori influiscono e quali strumenti di difesa attiva adottare

Il cambiamento climatico in atto ha portato sempre più frequentemente ad avere nel Nord Italia condizioni climatiche invernali piuttosto miti ma al contempo frequenti gelate primaverili. In campagna si continuano ancora a sentire gli echi delle gelate che nelle passate stagioni, 2020 e 2022 (soprattutto drupacee), 2021 (su pero, vite e actinidia) e 2023 su pero, hanno creato gravi danni alle produzioni agricole.

Diversa sensibilità alle gelate primaverili

Quando si verificano, i danni possono essere ingenti, fino ad arrivare alla perdita quasi completa della produzione a seconda di alcuni fattori:

  • umidità dell’aria durante la gelata;
  • tempo al di sotto dello zero termico;
  • fase fenologica;
  • varietà;
  • età della pianta;

- grado di idratazione dei tessuti (con tessuti idratati bastano temperature non troppo rigide, per provocare dei danni, in quanto con il congelamento si formano dei cristalli che lacerano le membrane che perdono la loro funzione di filtro e di conseguenza viene compromessa la funzionalità della cellula e di un intero organo). In questa fase le colture più esposte ai danni da gelo nella pianura padana sono essere le bietole appena emerse, i meloni trapiantati (che fortunatamente nella maggior pare dei casi, risultano però protetti dai tunnel) ma, soprattutto, le specie frutticole, con particolare riferimento ad albicocco, pesco, ma anche purtroppo il pero, vite e actinidia (nella sua fase più suscettibile fioritura e allegagione).

In tabella sono riportate le soglie critiche di temperatura indicative per le colture arboree: T critica = soglia alla quale si cominciano a vedere danni; T 10% = temperatura che causa una mortalità del 10% di gemme a fiore, fiori o frutticini dopo un’esposizione di 30 minuti a quella temperatura; T 90% = temperatura che causa una mortalità del 90% di gemme a fiore, fiori o frutticini dopo un’esposizione di 30 minuti a quella temperatura

Fase temperatura e % danni  melo pero  pesco  ciliegio  susino  albicocco
Bottoni fiorali T critica -2,5 -2,2 -2,8 -2,8 -2,7 -3
T 10% -2,7 -2,2 -4,1 -2,7 -4 -3,3
T 90% -4,6 -4,4 -9,2 -4,9 -8 -5,6
Inizio fioritura T critica -2 -2 -2 -3 -2,2 -2,8
T 10% -2,3 -2,2 -3,3 -2,8 -2,7 -2,8
T 90% -3,9 -3,9 -5,9 -4,1 -4,9 -5
Piena fioritura T critica -1,8 -1,8 -1,6 -2,2 -2 -2,2
T 10% -2,9 -2,2 -2,7 -2,4 -3,1 -2,9
T 90% -4,7 -3,9 -4,4 -3,9 -5 -5,6
Caduta petali T critica -1,8 -1,6 -1,5 -1,8 -1,5 -0,8
T 10% -2,9 -2,2 -2,7 -2,2 -2,6 -2,6
T 90% -3 -3,9 -4,9 -3,9 -4,3 -4,7
Allegagione T critica -2 -1,6 -1 -1 -1 -0,5
T 10% -2,9 -2,2 -2,4 -2,2 -2,3 -2,6
T 90% -3 -3,9 -4 -3,6 -4,3 -4,4

Prodotti antigelo

Tutti i diversi prodotti ad azione “antigelo” presenti in commercio non hanno ancora dimostrato in modo evidente, e supportato da dati scientifici, la loro reale efficacia.

I fitormoni a base di gibberelline, se utilizzati entro 24-48 ore dalla gelata possono stimolare la fruttificazione partenocarpica, cioè senza semi. La loro efficacia è però limitata ad alcune varietà di pero quando queste si trovino in uno stadio vegetativo ancora ritardato rispetto la fioritura. Anche la concimazione fogliare può rappresentare un valido supporto per la pianta allorquando si trovi a dover superare le condizioni di sofferenza e l’arresto vegetativo dovuto alle basse temperature. A tale scopo si possono comunque utilizzare fertilizzanti contenenti azoto, aminoacidi o anche estratti di alghe che, in quanto, nella loro formulazione contengono piccole quantità di gibberelline naturali.

Irrigazione antibrina

Solo l’irrigazione (sia sopra-chioma che sotto-chioma) e l’impiego di ventilatori se tempestivamente e opportunamente eseguite, sono in grado di proteggere in modo efficace le colture dal gelo. Per l’irrigazione antibrina classica vengono normalmente impiegati impianti ad aspersione sopra-chioma fissi, con irrigatori a schiaffo, dotati di ugelli con foro del diametro di 3,5-4,5 mm, aventi una portata compresa tra 0,25 e 0,4 l/s, in grado di assicurare 4 e 6 mm /ora (4-6 l/m2). La tecnica consiste nel mantenere in prossimità di 0 °C la temperatura degli organi vegetali, ricoprendoli con uno strato di ghiaccio in continua formazione, fino al termine della gelata. La protezione della coltura è ottenuta dal calore liberato dall’acqua al momento della sua trasformazione in ghiaccio. L’impianto dovrebbe essere avviato quando il termometro a bulbo bagnato misura 0-0,5 °C. e si deve avere l’accortezza di non interrompere l’irrigazione fino a quando la temperatura non raggiunge i 2-3 °C, con un innalzamento progressivo di almeno 1 °C per ora, corrispondente alla fase in cui il ghiaccio diventa opaco e inizia a distaccarsi dagli organi vegetali.

Il secondo metodo consiste nel bagnare, tramite la micro-irrigazione con impianti a spruzzo sotto-chioma, solo l’interfilare inerbito e non la chioma degli alberi, sfruttando il calore ceduto dall’acqua nella fase di passaggio da liquido a solido per contrastare efficacemente la perdita di calore per irraggiamento dal terreno. Generalmente il miglior rendimento si registra in prossimità del suolo (con un innalzamento della temperatura fino a 5-6 °C, rispetto alla zona non protetta) e decresce con la quota, fino ad annullarsi a circa 3.5 - 4 metri di altezza.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Ventoloni

La protezione dalle brinate basata sul rimescolamento dell’aria con ventilatori parte dalla constatazione che durante le gelate per irraggiamento, il raffreddamento dell’aria a contatto con la superficie del suolo e delle piante è più rapido di quello degli strati superiori. Pertanto, la temperatura aumenta allontanandosi dal livello del terreno fino a raggiungere la zona dove si ha l’inversione termica, oltre la quale la temperatura inizia a diminuire. La capacità dei ventilatori antibrina di aumentare la temperatura nel frutteto dipende da diversi fattori, ma si può calcolare che il risultato massimo ottenibile in termini di innalzamento termico corrisponda alla media tra la temperatura rilevata al suolo e quella dell’aria più calda degli strati soprastanti, spinti in basso dal ventilatore. Se la differenza tra le temperature degli strati che si intende miscelare è uguale o inferiore a 1 °C non conviene nemmeno avviare i ventilatori.

Gelate primaverili il rischio è elevato - Ultima modifica: 2024-02-28T08:06:27+01:00 da K4