Reduci dalla stagione 2021, che nell’areale Padano ha registrato il miglior combinato di rese e prezzi per grano duro e tenero e quindi di margini degli ultimi anni, i cerealicoltori hanno approcciato le semine 2021/22 con convinta volontà di ottenere altrettanti se non migliori risultati.
In quel momento evidenziammo gli aumenti dei costi, dovuti ai rialzi dei prezzi dei carburanti e dei mezzi tecnici che accrescevano il valore delle anticipazioni colturali rispetto all’anno precedente fino a circa 200 €/ha su terreno lavorato e di circa 150 €/ha su sodo.
Ora a quei rincari si sono aggiunti i continui aumenti dei prezzi dei fertilizzanti, dei fitofarmaci, ancora dei carburanti e delle operazioni agromeccaniche fino alla raccolta, al trasporto, agli stoccaggi. Rispetto al 2021, quest’anno si sono registrati aumenti dei costi di produzione per il frumento duro e tenero fino a circa 500 €/ha su terreni lavorati e fino a circa 400 €/ha su sodo.
Editoriale di Terra e Vita 23/2022
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Seppure i cereali autunno-vernini ne abbiano risentito meno rispetto alle colture a semina primaverile, la siccità che si protrae dall’inverno e le elevate temperature di maggio e giugno hanno provocato uno stress idrico, con cali di resa da circa il 15% fino al 25% rispetto al 2021. Per quanto riguarda la qualità, diffusamente si notano alti valori proteici a fronte di una generalizzata riduzione, ma non drammatica, del peso specifico e sostanziale assenza di patologie, da cui deriva congruità alla trasformazione sia per il grano duro sia per il tenero.
Alle problematiche climatiche, si è aggiunta la tempesta economica, finanziaria e politica conseguente al conflitto nell’Est Europa, da cui derivano molti degli aumenti dei costi di produzione. Si è toccata con mano la scarsità o la mancanza di molte materie prime e mezzi tecnici necessari alla coltivazione come ad esempio i fertilizzanti che sono il motore della crescita delle produzioni vegetali e contribuiscono significativamente all’aumento delle rese che deve essere l’obiettivo di ogni cerealicoltore, in quanto rappresenta l’unico vero strumento a sua disposizione per ridurre le incidenze dei costi di produzione.
Le prime quotazioni sotto trebbia del frumento duro e tenero, influenzate da fattori esterni alle aziende agricole, hanno registrato valori da 500 a 540 €/t per il duro e da 340 a 400 €/t per il tenero, superiori a quelli del 2021, con tendenza ribassista soprattutto per il duro che in tre sedute ha perso circa 45 €/t e 6 €/t per il tenero. Tuttavia a oggi sono ancora remunerativi perché compensano il calo produttivo e gli aumenti dei costi.
Pur non potendo negare la ritrovata redditività, i ceralicoltori temono ulteriori cali di prezzo del frumento e auspicano di supportare le produzioni a semina primaverile in rotazione al grano, diffusamente colpite dalla siccità, invertendo quanto accaduto spesso in passato.
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L’obiettivo è consolidare le filiere cerealicole, in modo che produzione e trasformazione possano fissare obiettivi condivisi di programmazione in termini quanti-qualitativi e di redditività. La politica dovrebbe favorire ciò, promuovendo contratti di coltivazione in filiera, quale migliore declinazione operativa a tutela della redditività nel tempo per l’azienda agricola e a contrasto della volatilità dei mercati.
In questo scenario, i cerealicoltori si sentiranno parte di un sistema nel quale consapevolezza e obiettivi sono condivisi e lungimiranti, e saranno meno portati a rincorrere solo il miglior prezzo, che li vede spesso perdenti.
di Eros Gualandi
Presidente della cooperativa agricola “Il Raccolto”
e membro del comitato tecnico scientifico di Edagricole