Il paradosso del glifosate e il ruolo guida della scienza

L'assurda discriminazione del glifosate, scagionato definitivamente dalle ultime evidenze scientifiche, dimostra come l’agricoltura europea e soprattutto italiana sia stata ingabbiata in una serie di limitazioni dettate da un uso strumentale di un sempre poco definito principio di precauzione. Cosa che paradossalmente ha abbassato la qualità reale delle produzioni rendendole spesso residuali nel mercato italiano. Ma per vincere le sfide del futuro, scienza e tecnologia agricola saranno imprescindibili

Idealismi e guerre di religione si sono sempre scontrati nella storia con la scienza e le sue applicazioni, generando molto spesso oscurantismo e effetti disastrosi. Per fortuna la scienza, ha dalla sua parte il tempo, che essendo galantuomo, rimette quasi sempre le cose nella giusta prospettiva.

In questa casistica ricade sicuramente la guerra scatenata negli ultimi anni al glifosato. Studi appena divulgati, estremamente seri e condivisi a livello scientifico, hanno dimostrato definitivamente che questa molecola, molto importante per la produzione agricola, non è cancerogena, non è mutagena, né tossica per la riproduzione.

Fatti che erano stati usati, attraverso campagne molto aggressive, per arrivare a provocarne la sostanziale messa al bando da parte di molte nazioni.

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Nazioni che alla luce dei nuovi fatti stanno facendo rapidamente retromarcia, in quanto questa molecola è e sarà fondamentale per la diffusione di tecniche di coltivazione più sostenibili e in grado di contribuire in modo sostanziale al sequestro della CO2, che è uno dei caposaldi delle nuove politiche agricole e ambientali in via di definizione a Bruxelles.

Sto parlando dell’agricoltura di precisione, che permette di controllare in modo puntuale tutte le pratiche agricole con particolare attenzione alla riduzione dell’applicazione dei fitofarmaci, e dell’agricoltura conservativa (Agricoltura Blu), unica tecnica di coltivazione in grado di unire la sostenibilità ambientale a quella economica, garantendo allo stesso tempo livelli produttivi e qualitativi simili alle tecniche tradizionali. Aspetto fondamentale per un continente come l’Europa che ha la necessita strategica di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di commodities agricole dal resto del mondo. Questo per due motivazioni fondamentali.

La prima relativa al fatto che una dipendenza troppo alta dalle importazioni è un rischio in caso di problemi globali, come la pandemia ci ha insegnato.

Mentre la seconda è legata al fatto che sarebbe sicuramente meglio avere una forte produzione interna di commodities agricole, controllate e di qualità, che permetterebbe alla nostra industria argomentare di avere un’immagine più solida rispetto alla qualità, in quanto una filiera completamente nazionale è sicuramente più facile da controllare rispetto a una dove le commodities da immettere nella produzione arrivano da fuori.

Per vincere questa sfida, scienza e tecnologia agricola saranno imprescindibili, anche per rispondere alla seconda domanda fondamentale che è quella di fare tutto questo in modo sostenibile, dove sostenibile significa fare in modo che risorse non replicabili come la terra non vengano danneggiate e possano essere usate all’infinito per la produzione alimentare.

Per questi motivi e sulla scorta della vicenda glifosato bisognerebbe cominciare a ripensare a come l’agricoltura europea e soprattutto italiana, è stata ingabbiata in una serie di limitazioni dettate da ideologie in grado di negare l’evidenza scientifica attraverso un uso spesso strumentale e politico di un sempre poco definito principio di precauzione. Cosa che paradossalmente ha abbassato la qualità reale delle produzioni rendendole spesso residuali nel mercato italiano.

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La soluzione non dovrebbe essere, come ora è, quella di eliminare a poco a poco tutti gli strumenti (chimici, biologici, tecnici) che la scienza ci mette a disposizione, considerandoli pericolosi per definizione.

Cosa che sta accadendo ad esempio con il Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.

Al contrario si dovrebbe governare la situazione dando spazio alla scienza di evolvere senza limiti ideologici e in modo da trovare risposte che, nell’alveo della sostenibilità, permettano alla nostra agricoltura di stare al passo di tutte le altre del mondo.

Per cui il mio augurio da agricoltore, che ama il proprio mestiere e la terra che coltiva al punto di volerla lasciare alle mie figlie uguale o migliore di come mi è stata data, è che la scienza riprenda il suo ruolo guida nell’evoluzione agricola e che la politica capisca che è meglio ascoltarla invece di continuare a seguire un certo oscurantismo ideologico lontano dalla realtà che vuole riportare l’agricoltura e gli agricoltori indietro di 100 anni.


Giuseppe Elias
Imprenditore agricolo e presidente Aigacos (Associazione per la gestione agronomica
e conservativa del suolo)

Il paradosso del glifosate e il ruolo guida della scienza - Ultima modifica: 2021-06-29T00:30:38+02:00 da K4

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