Le foto scattate durante un'ispezione dei Nas, ed allegate al verbale di ispezione e di sequestro, devono considerarsi "atti irripetibili" con la conseguenza che possono essere valutate dal giudice come fonte di prova, senza che sia necessaria una conferma da parte dei verbalizzanti.
Le foto che documentano l’illecito contestato dagli organi di controllo rappresentano, quindi, una prova decisiva che può essere presa in considerazione dal giudice per la sua decisione.
Tale affermazione è contenuta nella sentenza della Terza Sezione penale della Cassazione, n. 2576 del 21 gennaio 2019, che ha così respinto il ricorso del legale rappresentante di un panificio della provincia di Biella che lamentava la mancata "sottoposizione delle stesse ai verbalizzanti" per un’eventuale conferma testimoniale dei rilievi mossi e foto documentati.
Una sentenza che fa giurisprudenza
La pronuncia dei giudici ermellinati del Palazzaccio di Roma potrà essere applicata in tantissime altre analoghe situazioni nelle quali il contenuto dei verbali di contestazione degli organi di controllo deve essere confermato in udienza nel corso del procedimento giudiziario di opposizione avviato dai soggetti contestati. In molti casi è divenuta prassi corrente soprattutto per talune violazioni a norme di carattere igienico sanitario e di prassi operativa, accompagnare i verbali da foto effettuate dagli ispettori ed allegate al verbale stesso. Per la Cassazione le foto costituiscono ora una prova irripetibile che non necessita di alcuna conferma orale sempre che le stesse siano agli atti processuali.
La sentenza afferma in particolare, che le foto, "sono parte integrante del verbale d'ispezione dei luoghi, poiché sono state effettuate durante l'ispezione". Ed inoltre "le relazioni di servizio, che riproducono l'attività di constatazione ed osservazione effettuata dalla polizia giudiziaria in relazione a fatti e persone in situazioni soggette a mutamento, come tali non più riproducibili, costituiscono atti irripetibili, con la conseguenza che, essendo legittimo il loro inserimento nel fascicolo per il dibattimento, possono essere valutate da giudice come fonte di prova".
Il fatto
La contestazione che il Nas aveva rivolto ad un panificatore di Biella si basava sul fatto di aver impiegato nella preparazione di alimenti "farine di vario tipo insudiciate ed invase da parassiti quali blatte e farfalline della farina".
Il panificatore aveva impugnato la decisione di condanna lamentando una errata lettura e valutazione dell'istruttoria dibattimentale in quanto secondo la sua tesi, mancavano le prove per l'elemento oggettivo del reato e per l'elemento soggettivo.
Lo stesso aveva, in particolare, evidenziato che i testimoni escussi in dibattimento non avevano indicato dove precisamente erano collocati i sacchi della farina, se nei luoghi destinati alla panificazione o in altri settori del panificio.
Di fatto la sentenza aveva fondato la condanna sulla base delle foto prodotte dal PM in supporto informatico che erano state scattate dai NAS durante un'ispezione; foto che, tuttavia, non erano state sottoposte ai testi per la relativa conferma.
La Corte di Cassazione, ricorda ora, nella sentenza emessa, che per l'accertamento della condotta di detenzione per la vendita di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione, "non è necessario procedere al prelievo di campioni ove i prodotti alimentari si presentino all'evidenza mal conservati".
Inoltre, per la configurabilità del reato "non è necessario l'accertamento di un danno alla salute", ma è sufficiente accertare che "le concrete modalità di conservazione siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell'alimento, attesa la sua natura di reato di danno a tutela del c.d. ordine alimentare, volto ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura".
E’ evidente, quindi, che le foto che attestano l’effettivo stato di conservazione delle farine al momento della constatazione della violazione, devono essere ritenute una prova irripetibile della violazione commesso.