«Il 2018 è stato un anno di transizione per l’agricoltura friulana. Le esportazioni dei prodotti agricoli e alimentari hanno raggiunto quasi quota 143 miliardi di euro, con una crescita del 7,9 per cento mentre, però, gli scambi dei prodotti dell’industria alimentare (vino compreso) hanno perso il 3,6 per cento con le importazioni che, di converso, sono cresciute del 7,5 per cento, secondo i dati forniti dal Centro Studi di Confagricoltura», spiega Claudio Cressati, presidente regionale di Confagricoltura.
Cala il capitale terra
Purtroppo non si arresta il consumo di suolo che interessa quasi il 23 per cento del territorio regionale contro il 20 per cento della media italiana. Peggiora pure il fatturato dell’agroalimentare certificato che, secondo il recente Rapporto Qualivita, ci fa scendere dal 6° al 7° posto della classifica nazionale.
Le aziende fanno rete
Il numero delle imprese agricole regionali resta stabile, sulle 13.800, mentre fa capolino una nuova voglia di collaborazione tra le stesse che, rispetto al resto d’Italia, stabiliscono il primato della partecipazione alle reti, con 488 aziende coinvolte. Si segnala anche una rinnovata sensibilità ambientale con oltre 200 aziende che hanno aderito a sistemi di produzione integrata e un +10 per cento di quelle che praticano l’agricoltura biologica (890 aziende per complessivi 15.418 ettari).
Le nuove Doc
Il comparto vitivinicolo ha avuto dei buoni risultati, in quantità e qualità e le nuove Doc (Pinot grigio Delle Venezie e Friuli) hanno riscosso un discreto successo presso i viticoltori, con un rimpianto relativo ai ritardi nelle iniziative di tutela della Ribolla gialla.
La zootecnia evidenzia ancora tratti di estrema difficoltà. Infatti, oltre 100 stalle di bovini hanno chiuso i battenti e i capi allevati passano dai 79.000 di inizio anno agli attuali 78.600. Pure il numero dei suini scende dai 251.000 capi ai 240.500 che, tra l’altro, vengono macellati soprattutto fuori regione (solo 6.000 capi vengono macellati sul territorio).
È continuata la crescita dell’agriturismo, anche se di poco, con le attuali 661 aziende operative. L’attivo è di un +0,8 per cento: sensibilmente inferiore alla media nazionale (+3,3 per cento). Tali strutture, complessivamente, dispongono di 4.408 posti letto e 25.504 coperti. Gli arrivi sono stati 73.196 (il 47 per cento formato da turisti stranieri) e le presenze 207.739, con una durata media di permanenza pari a 2,84 giorni e una utilizzazione media dei posti letto pari a 47 giorni/anno, per un fatturato complessivo che supera i 7 milioni di euro.
Sorgo all’arrembaggio
Friuli VG - Superficie e produzione agricole (ettari e quintali) | |||||
2017 | 2018 | Var. % 2018/2017 | |||
Superficie | Produzione | Superficie | Produzione | ||
Frumento tenero | 11.996 | 578.706 | 13.030 | 595.246 | +2,9% |
Segale | 50 | 2.170 | 54 | 2.348 | +8,2% |
Orzo | 6.000 | 297.950 | 6.246 | 313.752 | +5,3% |
Mais | 52.669 | 5.926.465 | 53.268 | 6.064.992 | +2,3% |
Sorgo | 508 | 32.403 | 1.158 | 85.207 | +163,0% |
Altri cereali | 288 | 10.040 | 559 | 27.834 | +177,2% |
Colza | 434 | 16.161 | 471 | 16.567 | +2,5% |
Girasole | 4.890 | 237.650 | 5.150 | 245.599 | +3,3% |
Soia | 54.140 | 2.554.860 | 57.897 | 2.618.623 | +2,5% |
Elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati Istat |
Tra i cereali, cresce molto l’attenzione dei coltivatori regionali verso il sorgo che occupa 1.158 ettari (+163 per cento) e, diversamente dal resto d’Italia, tengono bene le superfici a mais (53.268 ettari, con una crescita del 2,3 per cento), al pari della soia (57.897 ettari, con un +2,5 per cento) che, nel 2018, si conferma come il seminativo di maggiore successo. Due colture, tra l’altro, molto colpite dagli attacchi della cimice asiatica per il contenimento della quale non si è ancora trovata una soluzione concreta. Le superfici a orzo crescono del 5,3 per cento, trainate dall’aumento della domanda e dalla nuova attenzione dedicata al cereale dai produttori di birra della filiera italiana.
«Dal punto di vista climatico, ancora una volta ci troviamo di fronte a un’annata anomala che ha favorito il mais e, un po’ meno, la soia – sottolinea il vicepresidente regionale di Confagricoltura Philip Thurn Valsassina -. Il mais ha fatto registrare dei prezzi di vendita stabili, mentre l’orzo si segnala come una valida alternativa per l’industria mangimistica.
La guerra dei dazi
La nostra soia, invece, si è trovata schiacciata nella guerra dei dazi scatenata da Usa e Cina, con una riduzione del prezzo di vendita del 20 per cento, creando una situazione di grande incertezza per la prossima stagione delle semine».
«Speriamo che, quanto prima, con un confronto costruttivo con la nuova amministrazione regionale, si riesca a predisporre una progettualità di lungo termine che vada oltre il contingente», conclude Cressati.