Riso, non va pregiudicato l’equilibrio della filiera europea

    Aerial view of rice fields, North of Italy.
    Diverse problematiche rischiano di compromettere il futuro delle risaie europee. Dal quarto Forum Europeo del riso sono emerse però una serie di proposte risolutive che adesso verranno sottoposte a Bruxelles

    Otto problematiche, otto soluzioni, la palla al centro di una partita che si gioca - manco a dirlo - in ambito europeo. Ma soprattutto uno scenario, quello del riso italiano, che si dilata nello spazio dei meccanismi complessi in ambito internazionale.

    E così, dalla conclusione del quarto Forum Comunitario sul settore Riso, emerge un documento che fotografa le necessità del settore, riconoscendo in parte le esigenze espresse dalle organizzazioni agricole, in primis sul ritiro delle concessioni Eba accordate dall’Ue al Myanmar per il mancato rispetto dei diritti umani ed inserimento del prodotto riso nell’elenco dei prodotti oggetto del vigente regolamento di revoca delle concessioni alla Cambogia, una volta cessata la validità del regolamento di applicazione della clausola di salvaguardia.

    Condivisione sull’etichettatura

    Sul tema dell'etichettatura obbligatoria del paese d'origine, tema fondamentale per Coldiretti, c'è condivisione da parte dell'intera filiera produttiva: resta il nodo della posizione industriale, che preme per un'indicazione d'origine più ampia, fornendo in alternativa una delle seguenti indicazioni geografiche: uno o più Stati membri o paesi terzi, "Ue", "non Ue" o "Ue e non Ue, un po' come avviene oggi, ad esempio, per l'olio extravergine d'oliva.

    riso
    Paolo Carrà, presidente Ente nazionale risi

    Tuttavia sul fronte dell'etichettatura d'origine, i produttori incassano un assist importante, quello del presidente di Ente Risi Paolo Carrà che dichiara a Terra e Vita come “francamente, in un mercato globalizzato come quello del riso, ritengo sia opportuna una maggior specificità sull'indicazione del Paese di produzione”.

    Molti e stringenti i temi sul tavolo  del forum, organizzato, in modalità da remoto, da Ente Nazionale Risi con la collaborazione del Ministero dell’Agricoltura e della filiera risicola italiana (presenti i rappresentanti ministeriali degli otto Stati europei dove si coltiva riso, oltre quelli di produttori e  trasformatori).

    Serve una clausola di salvaguardia più efficace

    Sulla modifica del reg. Ue n. 978/2012  (sistema di preferenze tariffarie generalizzate-SPG) si evidenzia l'urgenza una clausola di salvaguardia di più  facile e immediata attivazione e applicabile anche  nel caso in cui le importazioni causino o rischino di causare gravi difficoltà anche ai produttori agricoltori. Su questo è stata evidenziata la necessità di un più ampio “spazio politico” per consentire l’istituzione di una salvaguardia più adeguata alle specifiche condizioni di mercato.

    Sempre sul tema della clausola di salvaguardia, si attende l'esito del ricorso al tribunale Ue presentato dal governo Cambogiano e la Federazione Cambogiana dei produttori di riso (Crf) per l’annullamento delle misure di salvaguardia (la pronuncia non sarà immediata, ma potrebbe slittare anche a dopo il 18 gennaio 2022, data di scadenza della clausola di salvaguardia).

    Si guarda in ogni caso al “dopo”, ovvero a quando gli effetti delle misure andranno a cadere: va comunque detto che la clausola di salvaguardia ha certamente limitato l’accesso nell’UE di riso lavorato Indica a dazio zero da Cambogia e Myanmar, anche se l'analisi è resa complessa dalla lunga fase pandemica che ha oggettivamente influenzato le attuali dinamiche di mercato. È lecito, pero – osserva il documento - attendersi un aumento della competitività del prodotto importato da questi Paesi arrecando un nuovo danno al settore del riso europeo. Viene quindi rimarcato come la Commissione “dovrà  valutare la minaccia di pregiudizio che la ripresa delle importazioni da Cambogia e Myanmar potrà arrecare al mercato del riso europeo, adottando tempestivamente misure di salvaguardia adeguate a ripristinare la competitività della produzione comunitaria”.

    Importazione di riso confezionato

    Altro tema diventato “caldo” negli ultimi due anni è quello relativo ai flussi di importazione del riso confezionato, in ordine ai quali viene avanzata la richiesta di un monitoraggio più attento, nonché l'adozione di misure tali da ridurre i quantitativi in entrata o tali da ridurne la competitività.

    Qui i numeri parlano chiaro: nella campagna 2019/2020 le importazioni di riso lavorato e confezionato sono aumentate del 30%: di fatto, in una sola campagna il numero complessivo  delle importazioni di riso lavorato già confezionato è passato da 324.384 alle 420.126 t (+95.742): Cambogia e Thailandia guidano la classifica dei player principali, con una quota complessiva del 27 e 29%.

    Sul fronte della promozione, invece, è stata avanzata la richiesta di prevedere un budget specifico per il riso europeo di circa 8 milioni di euro.

    Giovanni Perinotti

    Rispetto al tema del Green Deal, come sottolinea il presidente della Federazione Nazionale Riso di Confagricoltura, Giovanni Perinotti, “abbiamo ribadito la necessità del rispetto della reciprocità dal punto di vista ambientale e sociale per il prodotto in provenienza da Paesi terzi, in analogia con le previsioni del Green Deal europeo”. Ciò che si teme, come effetto collaterale del Green Deal europeo, è che la risicoltura potrebbe trovarsi a dover fronteggiare il dumping da Paesi che rallenteranno l'adozioni di protocolli per un'agricoltura “verde” o li ignoreranno del tutto.

    Stretta sui mezzi di difesa della coltura

    Non meno importante, l'analisi relativa alle ricadute della nuova Pac sul sistema del riso europeo e italiano: anche qui si affaccia il tema del Green Deal ma più ancora quello del Farm to Fork e, in particolare, l'intenzione di ridurre l’utilizzo del 50% per gli agrofarmaci e del 20% per i fertilizzanti.

    Nelle osservazioni, si rimarca come on un’ulteriore forte limitazione dei mezzi di difesa e senza alternative praticabili, le produzioni crollerebbero; secondo un rapporto di Vsafe, spin off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, emerge, in particolare, che l’assenza di metodologie di difesa comporterebbe una riduzione della resa media del riso in Italia dell’84%. Si fa leva quindi sulla Commissione perché siano adottati studi di impatto preventivi alla imposizione di regole così rigide che potrebbero mettere in crisi il sistema risicolo dell’Ue.

    Paolo Carrà, presidente di Ente Risi, definisce positivo il confronto “animato da spirito di coerenza e coesione su temi strategici. Ora la prossima (e imminente) data in agenda è quella del 30 giugno, dove lo stesso Carrà presenterà i risultati del Forum alla Commissione.

     

    Riso, non va pregiudicato l’equilibrio della filiera europea - Ultima modifica: 2021-06-28T19:06:20+02:00 da Alessandro Maresca

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