I consumi dei prodotti ortofrutticoli confermano al termine del primo semestre 2023 il trend negativo già registrato in chiusura del primo trimestre e nei mesi successivi. Ne dà notizia l’Osservatorio di Mercato di Cso Italy sulla base dei dati rilevati dal panel GfK Italia. Da gennaio a giugno 2023 sono stati acquistati per il solo consumo fresco circa 2,56 milioni di tonnellate contro le 2,78 del 2022, un differenziale del -8%, che in valori assoluti equivale a una perdita di ulteriori 213mila tonnellate, rispetto a un anno che non a aveva certo brillato in termini di consumi. Da inizio 2023 le famiglie hanno visto un aumento dei prezzi, saliti mediamente del 10% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò ha comportato, a fronte di un calo delle quantità, una certa costanza della spesa (+1%).
È la frutta che influenza maggiormente il calo: con circa 1,28 milioni di tonnellate registra una diminuzione del 10% sullo scorso anno. Il calo registrato per gli ortaggi si ferma invece al 6%. I prezzi medi al dettaglio registrano variazioni positivi molto simili: +9% la frutta, +10% la verdura.
La frutta - ritengono gli esperti di Cso Italy - sta attraversando un momento cruciale di contrazione. Il primo semestre chiude con la maggioranza delle specie in calo sul 2022 e molto spesso con volumi inferiori a tutto il quinquennio 2018-2022.
Le arance confermano la testa della classifica delle specie più acquistate in questo primo semestre, anche se gli importanti cali registrati (-14%) soprattutto nel corso dell’ultimo anno hanno decisamente assottigliato il distacco con le seconde, le mele, che invece mantengono i volumi del 2022. Contrazioni di consumo anche per banane (-5%), fragole (-5%), clementine (-24%) e limoni (-11%). Solo le pere in questo semestre portano variazione positiva (+22%) nel confronto sull’annata precedente, anche se questa positività dipende esclusivamente dalla maggiore disponibilità di prodotto rispetto al semestre precedente. La top ten della frutta chiude con altri tre segni negativi: meloni (-15%), kiwi (-2%) ed angurie (-25%).
Anche nell’ambito degli ortaggi la situazione non è certamente semplice. Le patate, che sono la specie più importante con 247 mila tonnellate, segnano un -2% sul primo semestre 2022. I pomodori sono pure in calo (-4%), mentre le zucchine evidenziano una variazione positiva (+4%) dopo che il 2022 era stato il peggior anno di sempre. Le carote scendono (-6%), come le cipolle (-2%), mentre i finocchi sono in ripresa con un bel +14%.
La IV gamma è in contrazione, con le insalate che nel complesso scendono a 54 mila tonnellate, il -2% sul 2022, così come le altre verdure miste elaborate, mentre le altre verdure della categoria scendono del 16%.
La distribuzione degli acquisti per canale commerciale
Lo scenario degli acquisti per canale commerciale evidenzia una diffusa contrazione: non vi è fonte di acquisto che riesca a superare le quantità veicolate nel primo semestre 2022. In termini percentuali la grande distribuzione accresce però il proprio peso, accentrando il 78% dei volumi totali acquistati dalle famiglie italiane per il consumo domestico. I supermercati si posizionano sul 46% del totale acquistato con un calo però sullo scorso anno del 4%; seguono i discount al 21% del totale mantenendo le quote. In forte contrazione tutto il dettaglio tradizionale.
La distribuzione degli acquisti per aree geografiche
Nessuna area nazionale è esente da importanti contrazioni di acquisto. I cali più importanti si registrano nel Nord Ovest con quasi 67 mila tonnellate in meno: le attuali 802 mila sono inferiori al 2022 dell’8%. Il Centro e la Sardegna registrano pure il -8%, con un calo di 61 mila tonnellate. Il Nord Est ha perso nel semestre 48 mila tonnellate; il Sud e la Sicilia 36 mila.
Sfuso e confezionato in controtendenza
In questo contesto di calo, la frutta e verdura confezionate riescono a strappare un leggero segno positivo (+1%) in questo primo semestre. Con circa un milione di tonnellate l’ortofrutta a peso imposto pare riprendere il percorso di crescita che aveva abbandonato lo scorso anno. Sebbene si tratti ancora di un dato parziale per parlare di ripresa, la merce confezionata pare comunque avere una marcia in più rispetto a quella sfusa. Proprio la sfusa infatti accentra le perdite del settore con un deciso -12%, sebbene mantenga ancora le quote di maggioranza sul totale (61%). Anno dopo anno il confezionato erode volumi e quote di mercato allo sfuso, tant’è che in soli cinque anni ha assorbito 10 punti percentuale ed oggi rappresenta il 39% del totale acquistato per il consumo fresco e domestico delle famiglie. Ciò, nonostante il confezionato costi di più: nel semestre è stato mediamente acquistato ad 83 centesimi di euro in più rispetto allo sfuso.
Biologico in picchiata
Per il secondo anno consecutivo il biologico non riesce, nella prima metà dell’anno, a raggiungere i volumi del 2021 e precedenti. L’importante discesa della categoria segna per il 2023 un parziale del -10% a 140mila tonnellate e del -20% nel confronto con il picco del 2021 quando furono oltre 174mila le tonnellate di prodotto bio acquistate dalle famiglie italiane. Si registra un’incisiva crescita anche del prezzo medio (+8%), che insieme alle dinamche in volume conduce comunque ad un calo della spesa generata del 3%.