Sono ancora in pochi a sapere che a partire dal 1° gennaio entrerà in vigore una normativa europea sul deflusso ecologico che prevede un maggiore rilascio di portata nei fiumi e conseguentemente i prelievi di acqua per l’irrigazione dovranno essere drasticamente ridotti.
Preoccupato per la situazione che si verrà a creare, il presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi), Francesco Vincenzi ha chiesto che venga immediatamente dato incarico all’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale di redigere le proposte da presentare in sede comunitaria per modificare la normativa.
«Il maggiore rilascio di portata nei fiumi riduce fortemente i prelievi per innervare idricamente il territorio e rischia di causare gravi danni all’ambiente e all’economia locali» afferma Vincenzi.
«Siamo fortemente preoccupati per il trascorrere dei giorni verso un inizio d’anno, che rischia di rappresentare una data capestro per vaste aree del Paese – aggiunge il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano -.
Nella Pedemontana Veneta, in provincia di Treviso, tre anni di sperimentazioni hanno evidenziato in 530 milioni di euro, i danni che arrecherebbe la prevista riduzione di prelievi dal fiume Piave, poiché ne conseguirebbe un calo del 70% nella presenza d’acqua all’interno del reticolo idraulico».
Serve una moratoria
«Il Governo si deve muovere al più presto, dunque, - aggiunge Vincenzi - per chiedere alla Ue, sulla base dei dati in possesso, la prevista moratoria sull’applicazione del Deflusso Ecologico per evitare di indebolire la resilienza delle comunità locali di fronte ad una situazione climaticamente già difficile».
Nel Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza i Consorzi di bonifica e irrigazione hanno avuto ammessi progetti esecutivi per 1 miliardo e 600 milioni di euro, ma sul capitolo acqua sono disponibili al momento solo 520 milioni. «Ciò significa come – avverte Gargano - che bisogna già guardare oltre, programmando nuove investimenti per la salvaguardia idrogeologica del territorio a iniziare da un Piano Nazionale Invasi, fatto soprattutto di bacini medio-piccoli, capaci di superare la sindrome del Vajont in una logica di multifunzionalità, perché la crisi climatica non ammette ulteriori ritardi».
Pur Condividendo l’obbiettivo del benessere dei corpi idrici, cui i Consorzi di bonifica concorrono con la progressiva riduzione dei prelievi irrigui grazie alle moderne tecnologie e ad una continua ricerca agronomica, Gargano ha evidenziato che «l’applicazione attualmente prevista del Deflusso Ecologico non migliorerebbe, ma anzi peggiorerebbe la qualità delle acque interne, creando difficoltà all’equilibrio ambientale del nostro Paese. Non si possono omologare i territori di una realtà articolata come l’Italia, che fa della distintività, una caratteristica ammirata nel mondo».
Obiettivo inattuabile
In audizione in Commissione Agricoltura del Senato, nell’ambito dell’esame dell’affare assegnato sulle problematiche relative al deflusso minimo vitale dei fiumi e dei torrenti Giovanna Parmigiani, intervenendo per Agrinsieme, ha ammesso che il deflusso ecologico per fiumi e torrenti possa essere un obiettivo apprezzabile sulla carta, ma concretamente non attuabile nella realtà italiana.
«Determinare dei deflussi minimi, basandosi su calcoli effettuati soltanto con un algoritmo che non tiene conto dei diversi regimi che caratterizzano i fiumi, è impraticabile nelle nostre realtà, perché calibrato sulle condizioni idrologiche dei paesi dell’Europa centro-settentrionale e difficilmente applicabile in tutti i paesi del continente. In particolare, non è assolutamente adeguato a molti fiumi italiani, soprattutto a carattere torrentizio, che in alcuni mesi dell’anno sono carichi d’acqua, ad esempio in primavera con il disgelo e in autunno nella stagione delle grandi piogge, mentre in altri sono quasi asciutti» ha evidenziato Parmigiani.
Attenendoci a quanto previsto dalla Direttiva Europea 2000/60/Ce (Direttiva Quadro Acque), dunque, si arriverebbe a un risultato paradossale: in molte situazioni del territorio nazionale occorrerebbe rilasciare un quantitativo d’acqua nei fiumi molto superiore rispetto all’attuale, riducendo il livello di riempimento dei laghi e avendo meno disponibilità di acqua per l’irrigazione e per le reti di canali,.