Il cambiamento climatico è associato a un generale incremento delle temperature e a modifiche nella distribuzione delle precipitazioni, con possibili aumenti nella frequenza degli eventi estremi (lunghi periodi particolarmente siccitosi alternati a brevi periodi caratterizzati da forte piovosità).
Questi elementi si traducono nella necessità di modificare le pratiche agronomiche e fanno sì che l’irrigazione diventi un elemento sempre più importante per la sostenibilità dell’azienda agricola e del sistema agroalimentare. Per gli stessi motivi però è probabile che i conflitti tra i diversi usi della risorsa idrica si esasperino. Come può il settore agricolo adattarsi a tali cambiamenti creando reddito?
Una delle soluzioni tecniche proposte è la costruzione di invasi di raccolta di acque meteoriche di superficie che vengono riempiti nelle stagioni umide per poi fornire acqua nei momenti di maggiore scarsità idrica. Gli invasi, quindi, riducono la variabilità stagionale della risorsa utilizzabile per l’irrigazione, contenendo i conflitti tra i diversi usi quando questi sono presumibilmente più acuti.
Investimenti irrigui in Emilia-Romagna
Con diversi Piani di Sviluppo Rurale (il secondo pilastro della Politica Agraria Comune) la regione Emilia-Romagna ha finanziato l’investimento in impianti irrigui interaziendali, gestiti e cofinanziati da consorzi di agricoltori. Questi impianti possono comprendere sia gli invasi di raccolta piovana, sia la rete di distribuzione e connessione fino ai centri aziendali dei partecipanti al consorzio. Nella programmazione 2000-2006, circa 12 milioni di euro furono allocati alla misura 3.q - Gestione Delle Risorse Idriche In Agricoltura. La misura incentivava la costruzione di invasi idrici, della capacità compresa fra 50mila e 250mila mc, localizzabili nelle zone montane e collinari dell’Emilia-Romagna. Questi impianti irrigui si propongono di utilizzare gli invasi di accumulo per fornire irrigazione di soccorso e quindi ridurre i conflitti relativi al consumo idrico, riducendo la pressione sulle acque sotterranee. La misura è stata riproposta, con alcune modifiche, nelle programmazioni successive).
Consorzio della Romagna occidentale
Nonostante tali misure siano attivabili su tutto il territorio (collinare e montano) regionale, circa il 65% delle risorse erogate è concentrato nel territorio del distretto montano del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale. Studiare l’area è quindi utile per comprendere le ragioni del successo e per creare un modello di gestione potenzialmente esportabile.
Nell’area gestita dal consorzio sono attivi (2023) 21 impianti irrigui interaziendali, con invasi che hanno una capacità minima di 50mila m3 e massima di 248mila m3. In media, gli invasi servono una trentina di aziende e circa 400 ha, attraverso condotte in pressione. In aggregato, più di 2 milioni di m3 sono stoccabili, con 650 aziende aderenti e circa 5.500 ha asserviti attraverso una rete di condotte di più di 300 km. In aggiunta al finanziamento derivante dalla PAC, le aziende connesse agli invasi hanno investito autonomamente in totale più di 15 milioni di euro. Le aziende sembrano attribuire a queste infrastrutture un ritorno piuttosto elevato.
Alcune caratteristiche strutturali dell’area fanno si che esista un’alta domanda di acqua per l’irrigazione. Da un lato, l’agricoltura locale è caratterizzata da una forte concentrazione di colture frutticole, e, tra loro, di colture molto idro-esigenti. Dall’altro lato il clima della zona richiede irrigazione. Negli ultimi 20 anni, ci si è trovati a dover contrastare 9 stagioni di scarsa piovosità, con una riduzione anche del 40% rispetto alla media delle precipitazioni del periodo gennaio/agosto. Ma non solo. Alcuni elementi gestionali della questione spiccano e una loro analisi permette di evidenziare un modello gestionale che permetta di organizzare la collaborazione tra aziende che vogliano intraprendere questo tipo di investimenti.
Fabbisogni e potenzialità del territorio
Il Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale assume un duplice ruolo. Innanzitutto, il consorzio ha una prospettiva generale, che gli permette, da un lato, di abbinare i fabbisogni delle aziende agricole con le potenzialità del territorio in termini idrologici e, dall’altro lato, di fare da tramite per il passaggio di informazioni dal livello regionale al livello locale.
Questa prospettiva si traduce in una implementazione di una programmazione degli interventi che associa le possibilità tecniche a un processo partecipativo di coprogettazione degli stessi. La costruzione degli impianti irrigui dipende in prima istanza dalla volontà delle aziende agricole di partecipare e cofinanziare un progetto all’interno di consorzi di scopo in cui la collaborazione è il prerequisito.
Una volta identificata un’area potenzialmente adatta alla costruzione del bacino, il consorzio presenta una bozza di progetto a tutte le aziende potenzialmente connettibili. Attraverso una serie di numerose riunioni, vengono raccolte le pre-adesioni delle aziende e si procede con il dimensionamento del bacino e delle condotte irrigue in pressione in base alle effettive necessità rilevate sul territorio.
Riallocazione di quote inutilizzate
Il cofinanziamento PSR degli invasi prevede che il soggetto di riferimento sia un consorzio di scopo formato dagli agricoltori coinvolti. Alcune regole sono comuni a tutti i consorzi. Da un lato i costi di investimento sono suddivisi per quote proporzionali al diritto di derivazione del quantitativo di acqua (massimo) che le aziende hanno richiesto. A loro volta però le decisioni interne sono prese per testa, quindi a prescindere dal diritto di uso individuale, redistribuendo il potere decisionale in maniera equa e sottolineando l’importanza del gruppo come tale nell’investimento. Fondamentale nella gestione annuale è un sistema di riallocazione delle quote non utilizzate. Non necessariamente tutte le aziende connesse utilizzano l’intero ammontare di acqua che potrebbero utilizzare. Per non sprecare la risorsa, vengono raccolte le domande in eccesso e quindi redistribuite dal Comitato di Gestione del Consorzio volontario. Questo meccanismo rappresenta un notevole punto di vantaggio rispetto a un investimento individuale.
Misurazione dell’utilizzo
Il consorzio progetta tecnicamente la costruzione e il funzionamento degli invasi. Le tecnologie sono state scelte sia per la loro efficienza, sia per la capacità di facilitare la collaborazione interaziendale. Tre esempi.
Le condotte sono in pressione e permettono a tutti di poter derivare l’acqua contemporaneamente. L’alternativa sarebbe la turnazione con i potenziali conflitti che potrebbero emergere in un’area specializzata e presumibilmente caratterizzata dalla contemporaneità dei fabbisogni. Le quote d’investimento nell’invaso si traducono in quote di risorsa utilizzabile. Il consumo di acqua viene misurato con un contatore volumetrico.
La misurazione dell’utilizzo di acqua evita sospetti su utilizzi non consoni e quindi potenziali conflitti che rischierebbero di far collassare il sistema. Infine, gli agricoltori connessi agli invasi sono informati regolarmente del quantitativo di acqua che hanno a disposizione, in modo che possano programmare consapevolmente l’utilizzo.
Fondamentale la collaborazione fra aziende
In conclusione, il successo nella gestione degli impianti irrigui interaziendali del distretto montano del consorzio di bonifica della Romagna occidentale fornisce alcune lezioni. La collaborazione tra aziende sembra una chiave per una gestione efficace degli investimenti in invasi per la raccolta irrigazione. Ma la fiducia necessaria al raggiungimento della collaborazione tra aziende indipendenti non si costruisce dal nulla. È un processo lungo che richiede pazienza e richiede la dimostrazione che la collaborazione funziona. In questo contesto, le soluzioni tecniche devono puntare all’efficienza senza trascurare la dimensione sociale del problema.
L’articolo è stato redatto da M. Zavalloni - Università di Urbino Carlo Bo, D. Viaggi - Università di Bologna ed R. Montuschi - Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale