I vertici del Crea: (da sin.) Ida Marandola, Salvatore Parlato, Marco Remaschi, Michele Pisante, Alessandra Gentile
Meno contributi a pioggia, più ricerca e innovazione. È questa la formula con cui l’Unione europea vuole traghettare l’agricoltura verso un futuro più solido. Un’alleanza, quella tra produzione e ricerca, che è chiamata a risolvere l’impegnativa sfida di assicurare la sicurezza alimentare di lungo termine rafforzando al tempo stesso la sostenibilità ambientale della produzione primaria e la resilienza dei sistemi agricoli. È l’approccio strategico che guida Horizon 2020, l’ottavo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico dell’Unione europea. Una mission quasi impossibile che, per un Paese come il nostro, caratterizzato da un tessuto produttivo agricolo frammentato, costituito da uno zoccolo duro di piccole e medie imprese, richiede il supporto di una ricerca pubblica dinamica ed efficiente. Ed è con questo spirito che due anni fa, alla vigilia dell’Expo milanese, il ministro Maurizio Martina ha innescato la riorganizzazione dell’intero sistema degli enti di ricerca pubblica che operano nel settore primario.
Il nuovo Cda
Una missione compiuta. il Crea, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, nato dall’incorporazione dell’Inea da parte del Cra (in cui erano già precedentemente confluiti Inran ed Ense) dopo due anni di commissariamento è oggi pienamente operativo e pronto a camminare con le proprie gambe. Con la pubblicazione dello statuto (D.M. 39/2017, entrato in vigore a metà aprile), la nomina, in continuità con la fase commissariale, del presidente Salvatore Parlato al vertice dell’ente ed il recente insediamento dei quattro membri del Consiglio di amministrazione si è di fatto conclusa la fase di riorganizzazione del Crea con la piena operatività dei suoi organi di vertice.
Nel Cda, a fianco di Parlato, sono pienamente riconfermati: Michele Pisante dell’Università degli studi di Teramo e, tra l’altro, direttore scientifico della collana editoriale Edagricole “Università e Formazione” e Alessandra Gentile professore ordinario di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree e Pro Rettore alla Ricerca dell’Università degli studi di Catania; Marco Remaschi, assessore all’agricoltura della Regione Toscana, è il membro designato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome mentre Domenico Perrone, della sede di Battipaglia (Sa) del Centro di ricerca Difesa e certificazione (Crea-DC) è il membro interno eletto solo pochi giorni fa dai ricercatori e tecnologi dell’Ente. Alle sedute del Cda partecipa, con funzioni consultive, anche il Direttore generale Ida Marandola.
Si dissolvono così le nebbie che offuscavano gli orizzonti futuri degli oltre 2mila lavoratori dell’ente (1600 dipendenti e più di 500 con contratti flessibili). Il Cda ha infatti compiti di indirizzo e programmazione dell’attività dell’Ente e, tra l’altro, di delibera sulla dotazione organica e sul fabbisogno del personale, in coerenza con il piano triennale di attività. «Un piano operativo– specifica il presidente Salvatore Parlato in occasione di un’intervista esclusiva con Terra e Vita– che per il triennio 2018-2020 è già stato tracciato e che mira a valorizzare la grande professionalità dei nostri ricercatori, con un orientamento su pochi obiettivi e linee di ricerca che dovranno essere misurabili e verificabili, sottoposte al giudizio del Consiglio scientifico del Crea, al vaglio del Ministero e inviati per conoscenza alle Camere».
Qual è il risultato più tangibile della riorganizzazione dell’ente?
«Il Crea riformato è più agile e compatto. Più sintonizzato sulle esigenze del territorio e dell’impresa, pronto a cogliere opportunità di finanziamento nazionali ed europee per valorizzare l’eccellenza scientifica dei suoi dipendenti. L’agricoltura italiana deve affrontare grandi sfide come quelle della sostenibilità e della digitalizzazione e noi intendiamo essere un sostegno decisivo in questo senso».
La tutela dell’autonomia
Ricerca e innovazione non sono più le cenerentole della politica comunitaria. Oltre a Horizon 2020, che per l’agroalimentare prevede un budget da 4,6 miliardi di euro, vi sono i cofinanziamenti dei Psr (misure 4 e 16) e stanziamenti nazionali. Si riusciranno a ottimizzare queste risorse attraverso opportune sinergie?
«Abbiamo affrontato un percorso di razionalizzazione proprio per conseguire un maggior coordinamento delle attività e una migliore capacità di controllo e monitoraggio dei risultati. E questo con il duplice obiettivo di economicità della gestione e di coerenza rispetto agli obiettivi strategici e di indirizzo scientifico. L’esperienza degli ultimi due anni ha mostrato che il miglioramento dell’organizzazione può consentire anche l’innalzamento qualitativo della ricerca, grazie a un più razionale utilizzo delle attrezzature e all’accresciuta possibilità di confronto tra ricercatori. E riguardo alle sinergie abbiamo difeso, nel corso della stesura dello statuto, l’autonomia dell’Ente rafforzando la facoltà del Crea di stipulare convenzioni, contratti ed accordi di collaborazione con amministrazioni, enti, istituti, associazioni pubbliche o private, nazionali, estere o internazionali. Un esempio ne è il recente accordo siglato con Unaproa in favore di alcune produzioni frutticole oggi in difficoltà».
Il Crea partiva da una base territoriale molto estesa. La riorganizzazione ha portato ad un maggiore accentramento?
«In realtà abbiamo voluto mantenere la nostra peculiarità del presidio territoriale, con strutture che sono vere e proprie sentinelle che intercettano e gestiscono la domanda di ricerca in ambito locale. Le 12 strutture di ricerca in cui è articolato oggi l’ente hanno come punto di riferimento il costituendo Comitato Scientifico (ne sono stati nominati i 4 membri interni, mancano gli otto di indicazione ministeriale, ndr), che svolge compiti di controllo e indirizzo, predisponendo appositi programmi di ricerca e curandone l’esecuzione, attraverso il monitoraggio e il confronto costante con le strutture di ricerca. Da un punto di vista operativo l’ente si è riorganizzato in 40 sedi, 6 laboratori e 19 presidi regionali, rispetto alle oltre 80 di origine, compresa l’amministrazione centrale di Roma».
Il successo in Horizon 2020
Quali saranno le linee di ricerca in favore dell’agricoltura del prossimo futuro?
«AgriDigit è in rampa di lancio. Si tratta del piano di ricerca nazionale predisposto dal Crea per lo sviluppo sistemi informatici integrati di trasferimento tecnologico, analisi e monitoraggio delle produzioni agricole attraverso strumenti di sensoristica, diagnostica, meccanica di precisione, biotecnologie e bioinformatica. Il decreto che lo attiva è già stato firmato. Ci sarà molta precision farming nel futuro della ricerca, in coerenza con gli obiettivi del piano nazionale Impresa 4.0 e in linea con gli obiettivi di Horizon 2020. E un’altra direttrice importante potrà essere quella delle biotecnologie sostenibili, ma non ci poniamo limiti. La capacità di sviluppare linee di ricerca utili ed efficaci è testimoniato dal successo che le nostre proposte stanno riscuotendo proprio nell’ambito di Horizon 2020.Con oltre la metà dei progetti di ricerca Crea che sono stati ammessi al secondo step di valutazione. Una performance di assoluto rispetto che ci pone ai vertici in Europa».