La Corte di Giustizia dell’Ue con una sentenza del 14 novembre scorso ha affermato che le concertazioni sui prezzi e sulle quantità, effettuate dalle organizzazioni dei produttori e dalle loro associazioni, entrambe riconosciute dalle Autorità dello Stato membro, non possono costituire un'intesa ai sensi del diritto della concorrenza e come tale soggiacere alle regole sulla concorrenza.
Le norme che le Organizzazioni dei produttori e loro Unioni, riconosciute, se finalizzate a realizzare gli obiettivi previsti dalla stessa organizzazione dei produttori, non configurano nessuna forma di cartello, come invece accade nel libero mercato qualora tali accordi sono formulati da privati o anche da organizzazioni di produttori e loro Unioni ma non riconosciute.
La sentenza dei giudici comunitari afferma quindi in maniera esplicita che la Pac si configura come una sorta di legge speciale per cui tutto ciò che rientra nelle norme previste dalla politica agricola comune e realizzato attraverso direttive e regolamenti, non rientra nelle norme generali che regolano i mercati compresi quelli agricoli e soprattutto nelle norme sulla concertazione dei prezzi e delle quantità da immettere nel mercato.
«La Corte di giustizia dell’Ue ha confermato così quanto in materia di concorrenza era già stato previsto e codificato nell’Omnibus per Op e Aop» ha commentato l’onorevole Paolo De Castro, primo vice presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo. «Con questa sentenza – prosegue De Castro - abbiamo un ulteriore riconoscimento di quanto le misure introdotte nella riforma di medio termine contenuta nel Regolamento Omnibus a tutela delle Op e delle Aop, fossero non solo necessarie a rafforzare la posizione dei nostri agricoltori sul mercato, ma anche equilibrate e in pieno rispetto del diritto della concorrenza. Contrariamente a quanto affermato ancora oggi da una parte della Commissione Ue (DG concorrenza) e dal Commissario per la concorrenza Margrethe Vestager».
La vicenda era sorta in Francia nel 2012 allorquando l'autorità francese garante della concorrenza aveva sanzionato alcune pratiche giudicate anticoncorrenziali nel settore della produzione e della commercializzazione dell’indivia. Tali pratiche, poste in essere da organizzazioni di produttori (Op), da associazioni di organizzazioni di produttori (Aop), nonché da diversi organismi e società, consistevano essenzialmente in una concertazione sul prezzo dell’indivia e sui quantitativi immessi sul mercato nonché in uno scambio di informazioni strategiche. Per contestare l’ammenda di quasi 4 milioni di euro che era stata loro inflitta, le organizzazioni di produttori e gli altri enti sanzionati si sono rivolti alla giustizia francese sostenendo che le loro pratiche non rientrano nel divieto delle intese sancito dal diritto dell’Unione in quanto si collocano nell'ambito della politica agricola comune (Pac). Essi sostenevano, in particolare, che le organizzazioni di produttori e le loro associazioni hanno, in forza del diritto dell’Unione, il compito di stabilizzare i prezzi alla produzione e di adeguare la produzione alla domanda. La corte di Cassazione francese, investita di tale questione, chiese alla Corte di giustizia chiarimenti in merito.
La Corte nella sua sentenza ricorda, innanzitutto, che, in forza del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Pac ha la preminenza sugli obiettivi della concorrenza, e pertanto il legislatore dell’Unione può escludere dall’ambito di applicazione del diritto della concorrenza alcune pratiche che, al di fuori della Pac, dovrebbero essere qualificate come anticoncorrenziali. In particolare, nel settore degli ortofrutticoli, le pratiche necessarie affinché le Op e le Aop raggiungano uno o più degli obiettivi loro assegnati dal diritto dell’Unione, ossia assicurare che la produzione sia pianificata e adeguata in funzione della domanda, concentrare l’offerta e immettere sul mercato la produzione, ottimizzare i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione, possono sfuggire al divieto delle intese previsto dal Trattato dell’Unione.
La Corte ricorda, tuttavia, che le organizzazioni comuni dei mercati dei prodotti agricoli non costituiscono uno spazio senza concorrenza per cui le pratiche adottate all’interno di un ente non riconosciuto da uno Stato membro per perseguire uno degli obiettivi assegnati alle Op e alle Aop dalla Pac, non possono sfuggire al divieto delle intese proprio perché solo gli enti debitamente riconosciuti dagli Stati membri sono, infatti, legittimati ad attuare gli obiettivi dell’organizzazione comune del mercato interessato.
Per quanto riguarda le pratiche concordate tra i produttori membri di una medesima Op o Aop riconosciuta da uno Stato membro, la Corte precisa che solo le pratiche che rientrano effettivamente e rigorosamente nel perseguimento degli obiettivi assegnati all'Op o all'Aop considerata possono sfuggire al divieto delle intese. Può essere questo il caso, in particolare, degli scambi di informazioni strategiche, del coordinamento del volume di prodotti agricoli immessi sul mercato, nonché del coordinamento della politica tariffaria dei singoli produttori agricoli, qualora tali pratiche mirino effettivamente a realizzare gli obiettivi assegnati alle Op/Aop considerate e siano strettamente proporzionate agli stessi. Per contro, la fissazione collettiva di prezzi minimi di vendita all’interno di un’Op o di una Aop non può essere considerata proporzionata agli obiettivi di stabilizzazione dei prezzi o di concentrazione dell’offerta, qualora non consenta ai produttori che provvedono essi stessi a smaltire la propria produzione di praticare un prezzo inferiore a tali prezzi minimi e abbia l’effetto di abbassare il livello già ridotto di concorrenza esistente sui mercati di prodotti agricoli.