L’art. 22 del Dlgs. n. 151/2015 modifica, in modo sensibile, il quadro sanzionatorio in materia di lavoro (come da legge delega n. 183/2014). Il primo elemento di novità si ritrova relativamente alle norme in tema di “lavoro nero”.
Per il datore di lavoro privato (con esclusione dei datori di lavoro domestico), in caso di impiego di lavoratori subordinati, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria per ciascun lavoratore irregolare:
a) da € 1.500 a € 9.000 in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
b) da € 3.000 a € 18.000 in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
c) da € 6.000 a € 36.000 in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.
Ripristinata, in caso di violazione, la procedura della diffida. La diffida prevede, in relazione ai lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro, e fatta salva l’ipotesi in cui risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo, la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al 50% dell’orario a tempo pieno, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, nonché il mantenimento in servizio degli stessi per almeno tre mesi. In tale ipotesi la prova dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni e dei contributi e premi previsti, è fornita entro il termine di 120 giorni dalla notifica del relativo verbale.
Con una norma di dubbia costituzionalità (gli stranieri valgono più degli italiani) l’art. 22 (co. 3 quater) del Dlgs. n. 151/2015, prevede che le sanzioni per l’impiego di personale irregolare siano aumentate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri. Stesso aumento per l’impiego di minori di età non lavorativa. Per l’impiego di lavoratori stranieri la norma non consente la diffida, ex art. 22, co. 3 bis, Dlgs. n. 124/2014 (anche tale previsione appare di dubbia legittimità). In sostanza, perdono di rilievo le giornate di lavoro nero, non essendo più prevista la sanzione aggiuntiva, sostituita da una sanzione a “scaglioni”.
Venendo alla diffida, di cui si è detto, anche l’obbligo previsto di assicurare al lavoratore irregolare un periodo di servizio per ulteriori tre mesi dall’ispezione appare in odore di incostituzionalità, essendo tale obbligo di stabilizzazione occupazionale un evidente imponibile di manodopera.
Per inciso, la diffida si può fare solo per i lavoratori ancora in forza presso il datore di lavoro al momento dell’applicazione della sanzione, in pratica all’atto di accesso ispettivo.
In caso di applicazione della nuova maxi–sanzione, la norma prevede (art. 22, co. 3 quinquies) che non trovano applicazione le sanzioni di cui all’art. 39, commi 2 e 3, del Dlgs. n. 276/2003, per l’omessa comunicazione telematica di instaurazione del rapporto, le sanzioni di cui all’art. 39, co. 7, del Dl. 112/2008 (conv. con mod. dalla L. n. 133/2008), per l’omessa consegna al lavoratore del contratto di assunzione e per le sanzioni relative al Libro unico del lavoro (L.U.L. - busta paga).
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