Spesso si parla di agricoltura di precisione e 4.0, ma non sempre è chiaro il significato. Soprattutto a chi opera nel settore primario. Si crede che l’uso di mezzi innovativi sia adatto solo ad aziende con ampie Sau o fatturati milionari. Quindi l’agricoltore che ogni giorno opera con problemi di ogni genere, rinuncia alla modernizzazione delle tecniche agronomiche, giustificando il mancato investimento con frasi come «abbiamo sempre fatto così». Inoltre, i consumatori sono stati convinti che tradizione sia sinonimo di genuinità. Ma coltivare con metodi tradizionali è veramente appropriato?
Anteprima di Terra e Vita 33/2023
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Applicare l’agricoltura di precisione non significa stravolgere il suolo, le attrezzature e le colture, ma comprendere le reali e complesse necessità, per far crescere le piante con metodi più sostenibili per l’ambiente e per l’economia aziendale. La tecnologia moderna permette non solo di acquisire molteplici informazioni del territorio circostante, ma di elaborare previsioni in tempo reale, evitando sprechi di mezzi tecnici e sviluppo di fitopatie. L’obiettivo è ridurre l’uso di concime dove non necessario, evitare perdite di fertilizzante (e quindi ridurre l’inquinamento delle falde), limitare l’uso degli agrofarmaci, uniformare la produzione (aumentando in tal modo le rese).
I dati che consentono di migliorare quantitativamente, qualitativamente, logisticamente e finanziariamente, derivano da sensori installati sulle trattrici, sulle attrezzature o su strumentazioni varie. Per esempio, è possibile valutare in qualsiasi momento, su tablet, smartphone e pc, l’incostanza produttiva di una parcella attraverso mappe dove i colori evidenziano relazioni pedologiche e agronomiche spesso invisibili all’occhio umano. L’agricoltura di precisione ha proprio questo scopo, rendere visibile ciò che di solito passa inosservato. L’agricoltore potrà così intervenire nell’immediato per correggere o ottimizzare l’andamento della coltura, stroncando sul nascere una limitazione colturale. Immaginate 365 giorni l’anno di dati: temperature, piovosità, umidità del suolo, micro e macro elementi disponibili, vigore vegetativo, monitoraggio di fitopatie e qualitativo. Tanti input da catalogare ed elaborare, per prendere la decisione migliore.
Ovvio che un imprenditore agricolo debba evolversi in questa direzione. Ma il percorso non è semplice: occorre una formazione di base soprattutto per sconfiggere i pregiudizi. Per vincere una partita non basta un fisico allenato, serve anche la convinzione. Servono esperti di settore, che oggi mancano, in grado di accompagnare le imprese agricole durante la transizione. Professionisti che operano sul campo, mostrando la gestione del file shape, indicando le regolazioni delle moderne attrezzature, scaricando mappe e creando prescrizioni.
Grazie al credito d’imposta molte imprese hanno modernizzato il parco macchine. Ma raramente riescono a valorizzare la tecnologia acquistata. Spesso nemmeno i concessionari ne conoscono il potenziale. Perciò ci sono troppi trattoristi al volante di una “4.0” senza saperla guidare.
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Diventa fondamentale imporre corsi di formazione e aggiornamento per operatori e aziende, altrimenti le politiche attuate finora saranno prive di effetto. L’agricoltore, da sempre lavoratore instancabile, dovrà lasciarsi alle spalle paure e convinzioni personali e attraverso lo studio di esperienze con metodi scientifici, diventare consapevole del potenziale offerto dalle nuove tecnologie.
di Bruno Agazzani
Dottore agronomo, direttore della Fondazione Negrini
