Strumenti basati sull'Intelligenza Artificiale, biochar e biosensori luminescenti per la tutela delle risorse idriche in agricoltura. Sono queste le innovazioni che verranno realizzate nell'ambito del progetto Farmwise, guidato dall'Università svedese di Lund (Ulund) e finanziato dalla Commissione Europea, finalizzate a migliorare la gestione delle risorse idriche, nonchè la sostenibilità ambientale in agricoltura. L'Università di Bologna e il Consorzio di bonifica per il Canale Emiliano Romagnolo (Cer) sono partner del progetto e lavoreranno insieme per sviluppare e testare le innovazioni proposte presso l'Acqua Campus, il laboratorio tecnico-scientifico di Cer-Anbi.
Se n'è parlato recentemente presso la sede di Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) dove si è tenuto il primo webinar dal di progetto. All'evento hanno partecipato, tra gli altri, Francesco Vincenzi, presidente ANBI, Ronny Berndtsson, professore Ulund e deputy director Cmes, Attilio Toscano, professore Unibo, Elisa Michelini, professoressa Unibo, Raffaella Zucaro, direttrice generale C.E.R., Francesco Battistoni, vicepresidente dell'VIII Commissione permanente della Camera dei deputati (Ambiente, territorio e lavori pubblici), Alessandro Monteleone, dirigente di ricerca CREA Politiche e Bioeconomia.
I tre filoni di ricerca: biosensori, biochar e IA
Nello specifico i biosensori 'green' a basso costo, sviluppati nel Dipartimento di Chimica 'Giacomo Ciamician' dell'Università di Bologna, servono per il rilevamento di inquinanti organofosfati, contaminazione microbica e mercurio in acqua. Questi biosensori si basano sulla bioluminescenza, una tecnologia che sfrutta la capacità di alcuni organismi di emettere luce. I biosensori sviluppati da Unibo utilizzano questa tecnologia per rilevare la presenza di contaminanti in modo rapido, economico ed affidabile, segnalando la loro presenza attraverso un'emissione luminosa, simile a quella delle lucciole.
Le lucciole, infatti, emettono luce per reazione chimica; si preleva il loro gene e lo si trasferisce in una cellula batterica oppure di lievito o di mammifero e queste cellule possono essere riprogrammate, tramite biologia sintetica, illuminandosi con colori diversi in presenza di altrettanti inquinanti (PFAS, metalli pesanti, pesticidi, tossine, interferenti endocrini, ecc.).
Le cellule oggetto della ricerca in corso sono, però, Ogm e quindi, nel nostro Paese, utilizzabili solo in laboratorio; possono essere, però, sostituite nell'ambiente da batteri marini naturalmente bioluminescenti per l'analisi della tossicità oppure possono essere riprodotte attraverso sistemi di trascrizione e traduzione in vitro per analisi sul campo, utilizzando supporti in carta a basso costo e sostenibili, interfacciabili con smartphone per analisi e lettura dei dati.
Il biochar è un sistema di miglioramento del suolo e dell'acqua, basato sull'utilizzo di un materiale derivato dal carbone vegetale e ottenuto tramite pirolisi di biomassa. Il biochar ha dimostrato proprietà di assorbimento di agenti inquinanti, come nitrati e fosfati, attraverso prove condotte presso l'Acqua Campus Cer-Anbi, registrando un abbattimento dell'azoto fino all'80%.
Grazie all'utilizzo di dati satellitari, database ed Intelligenza Artificiale è possibile sviluppare indicatori per l'impatto della fertilizzazione sulla qualità dell'acqua e sul rischio di inquinamento da lisciviazione. In questo modo sarà possibile rendere facilmente fruibili i risultati della ricerca ad agricoltori, enti pubblici ed autorità preposte.
Una svolta importante per utilizzare di più le acque reflue
«È evidente l'importanza di tale ricerca per la salute pubblica soprattutto ora che all'ordine del giorno c'è l'utilizzo delle acque reflue in agricoltura. In Italia, un freno all'uso di tale risorsa è infatti l'incapacità della gran parte dei depuratori di intercettare le microplastiche, inquinanti in forte aumento e lesivi della salubrità alimentare: un sistema di alert, unitamente all'indispensabile certificazione di un ente terzo, aumenterebbe significativamente le garanzie per i consumatori» commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell'Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue.
«La ricerca dell'Università di Bologna apre scenari nuovi ad ulteriore garanzia della qualità del cibo italiano, perché potrebbe mettere lo stesso agricoltore nelle condizioni di monitorare costantemente lo stato della risorsa idrica utilizzata. Si arricchirebbe così la proposta di Anbi per rendere sempre più sostenibile l'utilizzo dell'acqua per l'irrigazione e che oggi, accanto alla costante ricerca di efficientamento della rete idrica, vede nel miglior consiglio irriguo di 'Irriframe' e nella certificazione 'Goccia Verde', due strumenti, oggetto dell'interesse internazionale» conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Per il vicepresidente dell'VIII Commissione permanente della Camera dei deputati (Ambiente, territorio e lavori pubblici) Francesco Battistoni: «quest'anno parliamo di siccità al sud e alluvioni a nord, lo scorso anno era l'inverso. Dobbiamo affiancare la ricerca come sta facendo ANBI con questo progetto e dobbiamo andare avanti in questa direzione, perché l'acqua ha un aspetto irriguo ma soprattutto sociale. L'acqua è un bene primario e dobbiamo dare il massimo per mettere in cantiere risorse e progetti».