I documenti di politica strutturale, organizzativa e economica, elaborati in questi ultimi vent’anni per definire le linee guida di sviluppo e di valorizzazione del settore olivicolo-oleicolo, spesso sono rimasti a livello di enunciazioni. La causa va in parte ricercata nella diversità di opinioni che hanno contraddistinto il confronto fra i protagonisti delle filiere che hanno espresso perplessità sulle proposte avanzate dal Mipaaf ritenendole non sufficienti a innescare un processo di rinnovamento e di innovazione nelle differenti aree olivicole italiane.
La recente approvazione del “primo” Piano olivicolo nazionale (Pon) da parte della Conferenza Stato-Regioni, rappresenta senz’altro un’opportunità per recuperare le occasioni perdute e costruire un “sistema olivicolo-oleicolo italiano” che indichi le priorità negli interventi da adottare affinché i contenuti del Piano stesso trovino adeguate misure per essere fattibili.
Il Dm. di attuazione del Piano stabilisce i criteri di riparto dei 32 milioni di € destinati a finanziare le misure operative da adottare negli anni 2016 e 2017 (come previsto dall’art. 4 del Dl. 51/2015 che fa riferimento alle azioni da condurre per incrementare la produzione nazionale di olive e di olio extravergine di oliva, per promuovere e per valorizzare i prodotti olivicoli-oleicoli e per rendere più efficiente e competitiva l’organizzazione dei processi di filiera nazionali).
Oliveti tradizionali da riconvertire
La necessità di individuare modelli di olivicoltura da realizzare nella fase di rinnovamento o per procedere alla ristrutturazione e alla riconversione degli oliveti esistenti comporta, però, un’adeguata disponibilità finanziaria da destinare alla ricerca e alla sperimentazione, alle quali viene richiesto l’impegno di proseguire il lavoro portato avanti sino a oggi in condizioni di precarietà, ma anche di ottimizzare l’attività di coordinamento fra gli enti preposti e delegati a tale compito nello stabilire i programmi di attività tenendo presente la diversa progettualità delle differenti realtà olivicole nelle quali viene condotta la sperimentazione. Ottimizzazione che non va interpretata come una pianificazione non concordata, ma come un atto di interdisciplinarietà che risponda agli obiettivi contenuti nel Piano stesso.
Un ruolo della ricerca e della sperimentazione indicato nel Piano che assume una valenza primaria per aumentare la produttività praticando tecniche agronomiche ecosostenibili che preservino le risorse naturali, e in particolare quelle idriche, tenendo però sempre presente la dovuta priorità alla redditività dell’oliveto. Con l’adozione della “buona pratica agricola” si sono già raggiunti elevati livelli qualitativi dell’olio extravergine con una spiccata identità territoriale: obiettivo ottenuto grazie anche alla tutela della biodiversità del nostro patrimonio olivicolo che consente anche di valorizzare molte cultivar da destinare alla mensa i cui consumi stanno aumentando a livello mondiale e a fronte dei quali l’Italia deve ricorrere a massicce importazioni per far fronte alle richieste del mercato interno.
Indirizzi tecnico-scientifici del Piano che trovano già un loro riscontro nell’olivicoltura italiana, ma che comportano la messa a punto di programmi operativi strutturali coordinati e dotati di adeguate risorse finanziarie oltre a quelle previste dal Piano stesso.
Evitare sovrapposizioni con i Psr
Si auspica, quindi, che le misure dei Psr 2014-2020 già stanziate per il settore, possano essere ulteriormente “arricchite” facendo però attenzione a evitare ripetibilità non concordate fra le azioni operative del Piano e i Psr. Una fase di innovazione tecnologica indispensabile per continuare a ottenere oli di qualità superiore e certificati (Dop, Igp, tracciabilità ecc.), eccellenze sul piano organolettico e sensoriale.
Linea strategica che prevede un’attività di promozione indicata dal Piano e che, oltre a fare riferimento al marchio “made in Italy” possa trovare un’organizzazione economica della produzione più strutturata dell’attuale, necessaria per occupare quei segmenti di mercato nei quali né il marchio né il prezzo sono elementi determinanti per acquisire nuovi spazi nei circuiti commerciali.
Diventa opportuno, per raggiungere tale risultato, rilanciare la promozione internazionale riannodando le fila dei “claim” alimentari che hanno già assunto un ruolo primario negli orientamenti dei consumi.
Un Piano che nella sua articolazione di interventi riserva maggiori risorse alle azioni rivolte a sostenere e promuovere l’aggregazione e l’organizzazione economica degli operatori della filiera quale base per realizzare quel “sistema” dotato di potenzialità commerciali in grado di conferire organicità politico-organizzativa al fine di consolidare l’identità della produzione italiana che, come tale, ha tutti i requisiti per essere una componente attiva nei flussi e riflussi dei mercati internazionali.
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