L’allarme era lanciato nelle scorse settimane da Confagricoltura: «Con questi prezzi, seminare grano non conviene più». Nel frattempo la situazione è peggiorata ulteriormente, con le quotazioni del grano duro in caduta libera. Mercoledì scorso, dopo aver perso il 10% nella seduta precedente, alla Borsa merci di Foggia il prezzo è scivolato a 195 euro a tonnellata, mentre a Bologna ha toccato un minimo di 183 euro. E così, alla vigilia delle semine, è facile prevedere un nuovo crollo delle superfici dopo la fuga dal grano scattata lo scorso anno quando le quotazioni avevano già imboccato una discesa di cui ancora non si vede la fine.
In Capitanata, principale area di produzione di grano duro in Italia, «c’è aria di smobilitazione e rassegnazione», spiega Onofrio Giuliano, presidente del Patto territoriale agricolo di Foggia e grosso cerealicoltore. «Per quanto mi riguarda sicuramente quest’anno non seminerò – dice Giuliano –. A queste condizioni coltivare non è più una scelta d'impresa, visto che comporta una perdita media, al netto dell’aiuto Ue, di 300 euro a ettaro. Mentre le dinamiche dei prezzi della pasta seguono una dinamica indipendente dai prezzi della materia prima e il problema sembra non interessare le istituzioni; manca una seria politica di settore. Sembra quasi che qualcuno ci voglia far pagare gli alti prezzi di oltre un anno fa, dei quali peraltro i produttori hanno beneficiato in misura limitata».
Un altro storico imprenditore agricolo della zona, Giuseppe Noviello, vicepresidente di Confagricoltura Foggia, fa sapere che non ha intenzione di seminare. «Sono due anni che produciamo in perdita – dice Noviello –. Anche se capisco che la crisi non riguarda solo questo settore, il grano duro è di fatto l’unica coltura possibile in una zona asciutta; in alternativa ci sono solo le leguminose. Penso che quest’anno a non seminare grano saranno in molti, si potrebbe arrivare a perdere il 50% dei circa 290mila ettari a grano duro in provincia di Foggia. Chiediamo – dice Noviello – interventi straordinari immediati di fronte a una crisi così forte. Anche a livello europeo bisogna pensare alla riattivazione di alcune misure di gestione dei mercati. Quello che dispiace di più è che a Bruxelles l’agricoltura è vissuta più come un peso che come una risorsa».
Da parte sua il presidente di Italmopa, l’associazione che rappresenta l’industria molitoria italiana, Umberto Sacco, spiega che un crollo dei prezzi di questa entità non conviene a nessuno: «È una situazione inattesa che danneggia per prima l’industria di trasformazione, che si ritrova con delle scorte svalutate. D’altra parte è un periodo negativo anche per i consumi, l’export di pasta è calato nei primi sei mesi 2009 e il trend si annuncia in discesa. Anche noi stiamo vivendo un periodo molto difficile». Salvaguardare la produzione insomma è una priorità. La serrata sul grano non conviene a nessuno.