Numerose possono essere le diagnosi fatte a fronte dell’osservazione di galle su riso in campo, ma una è peculiare e lascia scarso margine d’errore anche a prima vista. Si tratta della reazione della pianta all’infezione di un nematode, il Meloidogyne graminicola, all’interno dei suoi tessuti radicali.
Questo organismo è originario dell’Asia, ma è presente anche in Sud Africa e in alcuni stati del Nord e Sud America. Tra giugno e ottobre 2016 è stato rilevato in Italia, prima nel comune di Buronzo (Vc) e poco dopo in due comuni della provincia di Biella.
Non è il primo nematode dannoso in risaia. Ricordiamo infatti anche Aphelenchoides bessey, il responsabile della malattia “White tip” del riso, che prende il nome dai sintomi provocati sulla coltura.
L’esito dell’infestazione consiste in una riduzione di produzione proporzionale alla densità di popolazione del nematode, alla suscettibilità varietale della pianta e ai fattori pedo-climatici della zona di coltivazione. Le piante attaccate presentano crescita stentata: all’accestimento le foglie inizialmente sbiancano sugli apici per la perdita di cloroplasti e poi necrotizzano e si lacerano. Seguono la mancata fuoriuscita della pannocchia a causa dell’arrotolamento delle foglie colpite, spighe vuote e grani malformati.
Tra i principi su cui basarsi nella gestione agronomica per contenere o prevenire l’infestazione di questo organismo dannoso, si può prestare attenzione alla semina, perché se interrata può comportare più gravi livelli d’infestazione del nematode. Il motivo è dovuto al suo momento di riattivazione, che nel caso di semina in asciutta si verifica quando la pianta è già in uno stadio di sviluppo avanzato e quindi aggredibile; con la semina in acqua, invece, il nematode si riattiva e fuoriesce dal seme prima che la pianta cominci a svilupparsi e quindi muore.
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