«L’agricoltura, mai come in questo periodo, deve fornire beni e servizi: trovare colture che aiutino gli agricoltori ad espletare entrambe queste funzioni è ormai una chiara esigenza politica».
Così Michele Pisante, coordinatore del comitato scientifico di Edagricole, ha voluto accogliere i partecipanti, per lo più agricoltori, alla giornata formativa e divulgativa, tenutasi a Torremaggiore (Fg), sulla Camelina sativa, oleaginosa della famiglia delle Brassicacee.
Una coltura alternativa originaria dell'Europa e dell'Asia centrale caratterizzata da un ciclo primaverile estivo di lunghezza contenuta (85-100 giorni).
La collaborazione tra Teramo e Bologna
L’incontro, organizzato in collaborazione tra Pisante dell’Università di Teramo, l’Università di Bologna nella persona di Federica Zanetti e il consigliere di Cai (Confederazione agromeccanici italiani) Matteo Tamburrelli, ha visto una prima fase “sul terreno”, nel campo sperimentale di Camelina sativa, e una seconda fase in sala, nella suggestiva cornice del Castello Ducale del paese dauno.
Una scaletta voluta dagli organizzatori per permettere agli agricoltori di “toccare con mano” questa coltura e di poter cogliere tutte le differenze tra lo scenario del campo sperimentale e le esigenze aziendali di ciascun imprenditore agricolo.
Una scelta che ha pagato: la fase in campo, infatti, ha suscitato la curiosità dei presenti, i quali hanno posto le più svariate domande in ambito agronomico, pedo-climatico ed economico già prima dell’avvio dei lavori.
Una valida coltura da rinnovo
Pisante ha spiegato come la camelina possa essere una valida soluzione agronomica per un contesto locale in cerca di nuove colture da inserire nelle rotazioni e possa dare anche risposte in relazione al complesso contesto internazionale attuale, segnato da pandemia e, soprattutto, guerra in Ucraina.
Federica Zanetti, attraverso la descrizione della situazione in campo, ha illustrato le caratteristiche agronomiche della coltura. Infine, Matteo Tamburrelli, contoterzista ed esecutore della gestione meccanica della camelina, ha delineato gli interventi eseguiti nel più ampio contesto dell’agricoltura conservativa.
La sostenibilità passa dalla ricerca
Pisante, durante la parte che si è tenuta in sala, ha contestualizzato le colture da rinnovo nell’attuale scenario italiano ed europeo, fornendo una visione strategica dell’agricoltura italiana in linea con le principali strategie europee (EU Green Deal, Farm to Fork, Biodiversity e Fit to 55). Coerentemente con questa visione, ha poi indicato sia le perplessità sul Piano strategico nazionale (PSN) – confermate dalle “Osservazioni sul piano strategico della PAC presentato dall'Italia” – sia delle proposte: maggiori interventi strutturali; ripresa di terreni attualmente abbandonati con sistemi sostenibili come l’agricoltura conservativa; maggiori sinergie tra gli operatori della ricerca e gli operatori di campo, come nel caso della sperimentazione di camelina, esempio virtuoso di cooperazione tra università, enti di ricerca (CREA) e operatori del settore (CAI).
Punti di forza e di debolezza
Elena Pagani e Sara Berzuini, sempre dell’Università di Bologna hanno affiancato Federica Zanetti hanno spiegato il contributo che può dare questa coltura alternativa negli schemi produttivi dell’agricoltura conservativa. Dal progetto europeo 4CE-MED, all’interno del quale è rientrata la sperimentazione di camelina nel bacino mediterraneo in aridocoltura, sono emersi infatti i punti di forza e le limitazioni di questa coltura individuati a seguito della sperimentazioni effettuate nei diversi areali italiani.
Da un lato ne ha risaltato:
- le basse esigenze di input al terreno;
- l’estrema tolleranza alla siccità,
- l’adattabilità alla semina su sodo
- la possibilità di eseguire cicli autunnali o primaverili.
Dall’altro lato, però, ne ha sottolineato le principali limitazioni:
- elevata sensibilità al ristagno idrico,
- sensibilità alle alte temperature in post emergenza,
- problematiche legate al seme piccolo e leggero
- un problema quest’ultimo, che si accisa sia in fase di semina (soffre la semina profonda);
- sia in fase di raccolta (necessità di sistemi di raccolta ben tarati).
La chance di usarla come cover crop
Pagani ha descritto l’agricoltura conservativa attraverso un’analisi dei suoi pilastri agronomici, tra i quali la necessità di copertura del suolo con cover crop.
Da qui è scaturita, quindi, una analisi della camelina come cover crop e dei vantaggi agronomici che essa offre proteggendo dall’erosione e dalla perdita di umidità del suolo e aiutando nel controllo di infestanti. Inoltre, la tolleranza agli stress idrici e le rese soddisfacenti anche in assenza di fertilizzanti, rende questa coltura idonea per il contesto arido mediterraneo, procurando un reddito potenziale a fronte di bassi costi.
D’altro canto, però, seppur bassi, le cover crop rappresentano sicuramente dei costi colturali aggiuntivi, che l’agricoltore deve valutare attentamente, soprattutto in fase di semina. A ciò si deve aggiungere la necessità di costituire una filiera che, attualmente, manca in Italia, ma è presente in altri contesti europei come in Spagna.
Utilizzo mangimistico
Dalla gestione in campo, si è poi passati all’uso di questa coltura una volta raccolta. Berzuini ha raccontato l’esperienza del progetto “Argento”, giunto in fase conclusiva, in cui si è testato positivamente l’uso di panello di camelina come mangime per avicoli (nello specifico quaglie, sia boiler che ovaiole) e che rende questa coltura una valida alternativa al panello di lino, oltre al fatto che permette alle aziende uno sbocco verso la circolarità.
Gestione meccanica
In fase conclusiva dell’evento si è passati alla gestione meccanica della coltura con gli interventi di Matteo Tamburrelli e Simone Bergonzoli del Crea. Tamburrelli ha fornito una visione generale dell’agricoltura conservativa e dell’agricoltura di precisione dal punto di vista del contoterzista, indicando come, nel caso dell’agricoltura conservativa, qualsiasi contoterzista può applicarla poiché è già munito del parco macchine necessario, mentre invece l’agricoltura di precisione richiede uno sforzo economico sicuramente maggiore, ma che nel lungo periodo, secondo la sua esperienza, ripaga.
Come ridurre le perdite alla raccolta
Bergonzoli ha mostrato al pubblico le sperimentazioni eseguite dall’ente di ricerca per ridurre le perdite di seme durante la raccolta della camelina, che si caratterizza per un peso di mille semi molto basso (poco più di 1 grammo) e che quindi richiede elevati accorgimenti tecnici in fase di raccolta: sicuramente un elemento di criticità di questa coltura. Tuttavia, il progredire delle sperimentazioni in corso lasciano intendere un ampio margine di miglioramento.
Resta, però, fondamentale la costituzione di una filiera strutturata che integri alla sostenibilità ambientale della camelina in ambiente arido, la sostenibilità economica. Solo il tempo dirà se ciò avverrà.