Prezzi dei grani alle stelle. E questo fa sorridere gli agricoltori. Costi di produzione in forte aumento. E questo fa sorridere molto meno. La continua ascesa delle quotazioni di grano duro e tenero - oltre 50 €/q per il primo, circa 28 €/q per il secondo -, è purtroppo accompagnata anche da un notevole incremento dei costi di produzione da sostenersi nella stagione 2022, che vede nell’areale padano in questi giorni già alcune semine effettuate.
Come evidenziato negli articoli pubblicati recentemente su Terra e Vita (n. 25/2021 - grano tenero; n. 26/2021 - grano duro) relativi alla campagna cereali 2021, si registravano per le attività agro-meccaniche un costo medio di circa 700 €/ha per il grano duro in convenzionale e 390 €/ha per il grano duro seminato su sodo, mentre per il tenero i valori si attestavano a un costo medio di circa 720 €/ha per il grano in convenzionale e 415 €/ha per il grano seminato su sodo.
Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita
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A oggi le attività agro-meccaniche già svolte nell’estate - iniziate con le lavorazioni profonde del terreno già da fine agosto - e in corso - come la semina e il diserbo - trascinate dal caro combustibili evidenziano un generale rialzo rispetto alla stagione passata.
Infatti, si computano già consuntivati aumenti di circa il 10% che, proiettati anche sulle attività da svolgersi in primavera e inizio estate, fino alla trebbiatura, determineranno costi medi di circa 780 €/ha per il grano duro in convenzionale e 435 €/ha per il grano duro seminato su sodo, mentre per il tenero i valori si attesteranno a un costo medio di circa 815 €/ha in convenzionale e 460 €/ha per quello seminato su sodo.
Rialzo generalizzato
Per quanto riguarda i mezzi tecnici - sementi, fitosanitari e fertilizzanti - gli aumenti impattano in modo ancor più significativo delle attività agro-meccaniche.
Infatti, il mercato sementiero odierno nell’areale Padano-emiliano si caratterizza per un prezzo medio che si attesta poco al di sotto di 90 €/q per il grano duro, mentre per il tenero circa 70 €/q.
Tali costi determinano incrementi a ettaro di circa 25 euro rispetto alla stagione, passata elevando nel 2022 a circa 175 € per il tenero e 200 € per il duro il costo del seme.
È inoltre in corso un aumento del costo dei fitosanitari, ora indicativamente del 10% che, in primavera, si stima possa avere un ulteriore sussulto, all’incirca 10%, con evidenti ripercussioni sia per la coltivazione convenzionale e ancor più marcato per la semina su sodo, dove i disseccanti presemina registrano già un +30%.
Tali incrementi portano il costo a ettaro nella coltivazione tradizionale a circa 210 € e, invece circa 230 € per la tecnica del sodo.
Il problema dell’urea
Un dato particolarmente significativo e preoccupante si rileva invece per i fertilizzanti ureici. A oggi non è possibile stimare il valore degli ulteriori annunciati rincari per il periodo invernale primaverile, la cui progressione ha già portato il prezzo da 35 €/q circa della stagione 2020/2021 a oltre 60 €/q circa.
Pertanto, acquisendo per l’analisi in corso tale valore, si determina un’incidenza del costo per ettaro dei fertilizzanti di circa 240 €, a fronte dei circa 150€ medi della scorsa stagione.
Per quanto riguarda i costi generali si registrano a oggi valori ettariali medi di poco inferiori a 300 €/ha, accresciuti di circa il 2-3% rispetto alla stagione passata.
Gli affitti, se in stagione di rinnovo, registrano aumenti medi di circa 50 €/ha e pesano mediamente circa 650 €/ha.
Sommando le varie voci, i costi totali di produzione, comprensivi dell’affitto aggiornato, di cui parte già consuntivati e quelli presumibili che matureranno successivamente a oggi fino alla trebbiatura, computano per il grano duro come per il tenero, circa 2.400 €/ha su convenzionale, accresciuti di circa poco meno di 300 € rispetto alla stagione passata, mentre sul sodo circa 2.050 € incrementati di circa 250 €/ha.
Gli incrementi di costo assorbono, ipotizzando (e qui saremmo davvero indovini ad azzeccare il prezzo) valori di mercato pari a 25 euro al quintale per il grano tenero e 40 euro per il grano duro, rispettivamente 12 q/ha per il tenero e circa 7 q/ha per il duro.
Le ripercussioni sui margini
Partendo dallo scenario sopra descritto, ove sono prese a riferimento le buone rese ettariali della stagione scorsa, e i prezzi appena indicati, è possibile stimare l’entità del margine (ricavi – costi). Ineludibilmente in diminuzione.
Infatti, come evidenziato nel grafico, si registrano riduzioni di margine rispetto al 2021, nell’ordine di circa poco meno di 300€ a ettaro su grano tenero e 250 € per ettaro sul grano duro.
Da notare che, pur utilizzando l’ipotetico prezzo di € 25/q per il grano tenero in entrambe le modalità di coltivazione, computando anche l’affitto, i rincari a parità di resa portano il margine a valori negativi di circa -250 € e -100 €, rispettivamente su convenzionale e su sodo.
Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita
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Mentre per il grano duro, utilizzando un prezzo ipotetico di circa 40 €/q, i margini, pur positivi, si riducono di circa 250 €/ha in entrambe le modalità di coltivazione, attestandosi a circa 600 €/ha in entrambe le situazioni. Ipotizzando uno scenario non auspicabile, e a oggi difficilmente credibile, che veda una riduzione di circa il 10% dei ricavi, derivato da riduzioni di rese e/o prezzo, per il grano tenero, gli incrementi di costo ridurrebbero ulteriormente di oltre 200 €/ha i margini, evidenziando una redditività negativa ettariale di circa -500 €/ha su lavorato e ridotta a -300 €/ha su sodo. Per il duro, tale riduzione percentuale di ricavi evidenzia una redditività positiva ridotta in entrambe le modalità di coltivazione a circa 300 €/ha.
Grano duro, sementi a peso d’oro
A poche settimane dalla semina del grano duro in Puglia e Basilicata gli agricoltori non sanno quanto costerà con precisione la semente. Le voci sono tante e diverse: tutte concordano sul fatto che quest’anno la semente costerà molto più degli anni precedenti, si dividono invece sull’entità dell’aumento.
«Siamo ancora a livello di ipotesi perché le stesse ditte sementiere, tranne qualcuna, ancora non si espongono – sostiene Marcello Martino, produttore di grano duro a Manfredonia (Fg) e agronomo responsabile della conduzione di diverse aziende cerealicole, per una superficie totale di alcune migliaia di ettari nel Foggiano –. Si sente parlare di un 20% in più sul prezzo di mercato corrente del grano duro, ma anche, più realisticamente, di 20 €/q in più su tale prezzo. I sementieri tacciono perché il prezzo del grano duro da macina è in continua ascesa, per cui aspettano l’ultimo momento per applicare sul prezzo massimo possibile il consueto differenziale per la semente, circa 20 €/q. Attualmente il prezzo del grano duro quota 54-55 €/q, perciò la semente ci costerà non meno di 74-75 €/q. Ma se il prezzo del grano duro schizzerà a 60 €/q, come molti preannunciano, la semente arriverà a 80 €/q e forse anche più. È un prezzo altissimo, se si tiene anche conto che il grano da seme è stato acquistato dai sementieri a prezzi decisamente più bassi».
Peraltro, fa notare Martino, se 75-80 €/q per la semente possono sembrare compatibili con un prezzo di 55-60 €/q per il grano da macina, «bisogna ricordare che tanti agricoltori hanno venduto il loro grano a giugno o luglio, sotto mietitrebbiatura, a prezzi inferiori a quelli attuali, fra i 30 e i 40 €/q. E lo hanno venduto proprio alle ditte che nello stesso tempo comprano e stoccano il grano duro da macina e vendono il grano duro da seme, quindi prima hanno guadagnato sui prezzi bassi del grano da macina e adesso vorranno applicare prezzi alti sul grano da seme. Comunque, un fatto è certo: noi agricoltori dovremo pagare un prezzo molto alto per la semente, bisogna solo vedere quale sarà la base di partenza su cui sarà applicato il differenziale consueto o forse più alto».
Anche Rocco Pafundi, presidente della Cooperativa “La nuova aurora” di Potenza, società consortile che fra i propri soci (circa 2.000) annovera anche cooperative cerealicole attive nel Materano e nell’Alto Potentino, ritiene che «quest’anno il prezzo del grano duro da seme sarà notevolmente più alto degli anni scorsi.
Aumenterà non solo per il vantaggio che le aziende sementiere vorranno ricavarne, ma anche perché l’offerta di grano duro da seme sarà sicuramente inferiore alla domanda, considerando che molti agricoltori, allettati dai prezzi alti del grano duro da macina, a novembre vorranno seminarlo anche in zone non particolarmente vocate».
Ma ciò che più preoccupa Pafundi è la prospettiva. «Se l’attuale prezzo del grano duro da macina fosse strutturale, cioè rimanesse ancorato ai 50 €/q anche il prossimo anno e, sperabilmente, pure nei successivi, potrebbe andare bene a noi agricoltori. Però se nel 2022 l’offerta mondiale di grano duro tornerà a salire e il prezzo del grano duro scenderà ai soliti 25-30 €/q, dopo aver sostenuto costi più alti, oltre che per i fertilizzanti, gli agrofarmaci, il gasolio, ecc., anche per la semente, come la metteremo?
E dobbiamo tenere conto che la quantità di semente per ettaro è sempre la stessa, ma ormai ogni anno le rese alla mietitrebbiatura sono sempre basse a causa degli scompensi climatici, dalle gelate di marzo e aprile alla siccità di maggio e giugno! Quest’anno abbiamo ottenuto rese di appena 25 q/ha, un esito produttivo scadente appena appena ripagato dai prezzi del grano duro da macina in crescita, almeno per chi ha venduto da agosto in poi. Ma con i prezzi bassi degli anni scorsi, l’aumento del prezzo della semente non fa altro che far diventare più corta la coperta del nostro magro reddito».
di Giuseppe Francesco Sportelli