Nella stagione in cui le colture annuali tornano a essere remunerative, la colza non fa eccezione e con quotazioni attorno ai 50 euro al quintale sta dando delle belle soddisfazioni a chi (pochi, per la verità) ha creduto in questa oleaginosa. Anche perché al buon prezzo di mercato si affiancano spese di produzione piuttosto ridotte, soprattutto in stagione favorevole, e una notevole adattabilità a terreni non irrigui e scarsamente fertili. La coltura giusta, insomma, per i contesti marginali, dove molto spesso non si sa cosa seminare.
Raddoppio in vista
«I nostri terreni non sono in effetti molto fertili: niente a che vedere con quelli più spostati verso il bacino del Po», conferma Marco Covini, agricoltore con un’azienda nella parte pianeggiante dell’Oltrepò Pavese. Come tanti colleghi, è sempre in cerca di alternative al mais, che su terreni non irrigui e tendenzialmente magri dà risultati tra lo scarso e il deludente. Così nel 2021 ha sperimentato per la prima volta la colza, ripetendo poi il test lo scorso anno. Ci concentriamo, ovviamente, su quest’ultimo.
«Abbiamo seminato una trentina di ettari, distribuendo gli appezzamenti qua e là per vedere quali sarebbero state le rese. Alla fine, siamo andati abbastanza bene, con una media di circa 37 quintali per ettaro. Poi, chiaramente, come ogni contadino anche noi abbiamo il campo miracoloso, quello in cui abbiamo superato i 45 quintali, ma sono episodi». La resa non è comunque da buttare, soprattutto a fronte di un prezzo attorno ai 50 euro per quintale. «No, per niente. La cosa bella è che quest’anno il prodotto se lo rubano, abbiamo almeno un paio di oleifici che ci fanno la corte e si vede che sono davvero in cerca di colza, non è soltanto una questione di maniera. In situazioni del genere, vendere la produzione è un piacere».
Vista la produzione e il prezzo, Covini ha tutta l’intenzione di ampliare la superficie. «La raddoppieremo, presumibilmente. Vediamo se riusciamo a preparare i terreni e se il meteo sarà favorevole, perché il vero problema di questa pianta sono l’epoca e la profondità di semina».
Poche spese, purché piova
L’intenzione di raddoppiare le rese lascia capire che il test si è concluso in modo positivo. Sentiamo allora da un produttore esperto, ma nuovo arrivato per la colza, cos’ha trovato di valido in questa brassicacea. «Se dovessi fare una graduatoria, forse al primo posto metterei il fatto che non interessa a cinghiali e colombacci, due specie che nella nostra zona fanno grossi danni su mais e grano. E anche sul girasole, che nel 2021 abbiamo dovuto riseminare due volte, a causa dei selvatici. La colza, invece, non è attaccata dai piccioni, forse anche per il sapore, né dai cinghiali. E già questo basta a farcela piacere parecchio. Poi c’è il fatto che ha dimostrato di produrre bene, ovviamente; infine non dimentichiamo anche che cresce con poca spesa».
Secondo Covini, per fare una buona colza bastano un paio di trattamenti insetticidi e un diserbo. «Quest’ultimo è strategico: va fatto subito dopo la semina, perché se il clima è favorevole, in pochissimi giorni la colza nasce. L’insetticida serve invece per evitare danni al seme e, successivamente, al fiore».
Da aggiungere alla lista, secondo Covini, anche due concimazioni. «Non grandi cose, bastano 300 kg di solfato ammonico a fine febbraio e poi un centinaio di chili di urea in fioritura. Come si vede, sono interventi sopportabili, perché è una pianta che, quando germina, in poche settimane copre tutto e impedisce la nascita di altre infestanti. Alla fine, il vero problema della colza è la semina».
Come noto, questa pianta deve essere messa a dimora prima dell’autunno, dunque attorno a settembre, ma soprattutto va seminata a pochissimi millimetri di profondità. «Praticamente dev’essere coperta dalla polvere e poco altro. Per questo motivo soffre particolarmente le annate secche. Se seminata sul terreno arido, difficilmente nascerà qualcosa».
Nei due anni di prove, Covini ha eseguito una parziale lavorazione del terreno. «Siamo intervenuti con un erpice a dischi, con ripetuti passaggi fino a ottenere un letto fine e senza zolle, che ostacolano la germinazione. Da quest’anno, tuttavia, vorremmo cambiare e provare la semina su sodo, con una Gaspardo Gigante».
Traditi dal clima
Le difficoltà di semina sono appunto l’ostacolo su cui è caduto il tentativo di coltivare colza fatto da Simone Pepi, agricoltore di Montironi d’Arbia (Si). «Lo scorso anno abbiamo provato a farne qualche campo, ma purtroppo il meteo non ci ha aiutati: non ha piovuto, per cui abbiamo seminato sull’asciutto con non buoni risultati».
Pepi potrebbe ripetere l’esperimento quest’estate, ma resta dubbioso sulle possibilità di successo. «A noi interessava soprattutto come alternativa per i terreni collinari. Mentre in pianura abbiamo colture anche più remunerative, trovare cosa seminare in collina è sempre problematico e la colza, per la sua rusticità, ci sembra una buona soluzione. Purtroppo non è una pianta che si può seminare ogni anno. Diciamo che non è programmabile: quando arriva il momento di mettere il favino, se c’è la stagione giusta si semina anche la colza, altrimenti è meglio lasciar perdere».