Girasole, i possibili effetti del conflitto russo-ucraino

    girasole
    La coltivazione del girasole in Italia interessa circa 120mila ettari
    L’impatto maggiore è atteso sulla filiera olio, con rischi di forte instabilità per l’industria alimentare. Solo il 10% del prodotto arriva dai due Paesi coinvolti nella guerra

    Il conflitto russo-ucraino ha innescato una drammatica crisi umanitaria. Ha, inoltre, messo in luce una serie di debolezze strutturali dei sistemi produttivi agricoli di molti Paesi, tra cui l’Italia, che dipendono in larga misura dalle importazioni. Tali aspetti hanno riacceso il dibattito su questioni strategiche e sull’opportunità di rivedere le politiche alimentari, nel tentativo di aumentare la resilienza del nostro settore primario in caso di instabilità sul mercato globale. Questa nota intende offrire alcune considerazioni sul possibile impatto che gli ultimi eventi geopolitici possono causare sulla filiera del girasole in Italia, analizzando i dati disponibili in funzione di tre principali aspetti: comparto sementiero, settore agricolo, industria.

    Comparto sementiero

    Per questa specie la legislazione comunitaria (Decisione 2003/17/Ce) non riconosce l’equivalenza dei sistemi sementieri di Russia e Ucraina a quello dell’Unione europea. In altre parole, a causa della differente normativa che regolamenta le attività di controllo e certificazione delle sementi, non possono essere importate in Italia partite destinate alla semina. Di conseguenza, le implicazioni del conflitto sul comparto sementiero sono da ritenersi, al momento, meno intense rispetto ad altri segmenti della filiera.

    Nell’ottica di un auspicabile ritorno alla normalità, potrebbe però verificarsi un impatto indiretto, che potrà avvertirsi quando l’Ucraina dovrà programmare le semine. Se per mancata produzione interna o impossibilità di approvvigionamento non potesse disporre delle sementi necessarie a programmare la prossima campagna, l’Ucraina dovrà presumibilmente far ricorso al mercato internazionale. Trattandosi di un grande produttore agricolo, l’incremento della sua richiesta non sarebbe trascurabile. Anzi, un’impennata della domanda di sementi potrebbe generare tensioni sui listini ed una tendenza al rialzo, per via della basilare legge di mercato.

    Un aspetto particolare riveste, inoltre, il settore legato alla sperimentazione in loco. Le ditte sementiere più strutturate hanno impianti in entrambi gli Stati in conflitto. La ripresa della regolare attività di tali impianti, che attualmente sono bloccati e in alcuni casi anche danneggiati, dipenderà dalle condizioni che accompagneranno il termine delle ostilità e quindi dal tipo di rapporto economico-diplomatico che si potrà instaurare.

    Settore agricolo

    Rispetto al fabbisogno nazionale, la produzione di girasole è altamente insufficiente: l’Italia risulta cronicamente dipendente dalle importazioni. Tuttavia, la percentuale di prodotto derivante dai Paesi direttamente coinvolti nel conflitto è relativamente contenuta, se paragonata ad altre derrate. Ad esempio, nel 2020 la quota complessivamente derivante da Russia e Ucraina copriva circa il 10% del volume dell’import totale di girasole (165mila tonnellate). La stessa quota negli anni precedenti risultava ancora inferiore aggirandosi intorno al 5-6% (tab. 1).

    Un elemento di potenziale preoccupazione è legato al fatto che i principali fornitori di girasole per l’Italia sono i Paesi dell’Est europeo, in particolar modo Ungheria e Romania, da cui arriva in media dal 50 al 60% delle nostre importazioni di girasole (fig. 1). Questi ultimi non risultano direttamente coinvolti nel conflitto, anzi, appartengono entrambi all’area europea (Ue e Nato), ma la situazione rimane comunque problematica stante la criticità nel Mar Nero, da cui partiva settimanalmente, via nave, una quota rilevante dei volumi di merce prodotta in queste nazioni.

    L’industria olearia dovrà adottare delle misure alternative per adeguare le modalità di trasporto alla contingenza, aumentando, ad esempio, le quote su gomma e ferrovia. L’entità dei relativi disagi (es. ritardi, rincari, ecc.) sarà più marcata se dovessero protrarsi le ostilità, che tra gli altri effetti causano anche una maggiore volatilità dei prezzi dei carburanti.

    tab. 1 Disponibilità e usi del girasole in Italia dal 2017 al 2020 (.000 t)
    2017 2018 2019 2020
    DISPONIBILITÀ
    Scorte iniziali 28 29 30 35
    Produzione 244 249 293 298
    Import 223 224 237 165
    di cui da Ucraina 6,4 10,2 2,5 2,7
    di cui da Russia 3,8 0,0 12,4 14,2
    Disponibilità complessiva 494 502 560 498
    USI
    Export 6 6 9 4
    Crushing* 413 406 398 384
    Altro 75 90 153 110
    Scorte finali 29 30 35 35
    NOTE: - Il dato “Altro” è ottenuto per differenza tra offerta da un lato e export, crushing e scorte finale dall’altro. - Fonti: i valori delle importazioni da Ucraina e Russia derivano da Istat-Coeweb; le stime del Crushing* sono fornite da Fediol; il resto è fornito da Eurostat.

    Industria

    L’impatto maggiore del conflitto russo-ucraino è atteso sulla componente olio. L’industria italiana, infatti, importa da sempre volumi molto elevati di olio, soprattutto dall’Ucraina, da cui, al momento, è impossibile rifornirsi (tab. 2). Per avere un’idea, basti pensare che nel 2020 la quota di olio di girasole importata da questo paese ammontava a quasi il 50% del consumo interno (fig. 2). Dunque, una quota che espone a forte instabilità l’industria alimentare.

    L’Ucraina, in rapporto alla produzione agricola, è il principale fornitore di olio di girasole al mondo. Poiché le nazioni del Nord Europa prediligono tendenzialmente il consumo di olio di colza o soia, i destinatari sono perlopiù i paesi del Mediterraneo (Nord Africa, Italia, Spagna…). Pertanto, non sarà facile surrogare l’Ucraina con altri fornitori, soprattutto vicini. Questo è un fattore che potrebbe innescare un aumento del prezzo oltre che fenomeni protezionistici in quei paesi che, per tutelare il mercato interno, dovessero decidere di limitare l’export; cosa che sta avvenendo, ad esempio, in alcuni stati produttori di olio di palma, allo scopo di frenare l’impatto dell’aumento della richiesta da parte di chi cerca un surrogato dell’olio di girasole.

    Come per l’olio, l’Italia risulta altamente dipendente dalle importazioni anche per le farine di estrazione di girasole (tab. 3), ulteriore argomento di preoccupazione per gli operatori della nostra industria. La via per aumentare la resilienza del nostro sistema agroalimentare passa da una maggiore indipendenza dall’estero, che può essere raggiunta soltanto attraverso l’approccio di filiera.

    tab. 2 Produzione, import, export e consumo di olio di girasole in Italia (.000 t)
    2017 2018 2019 2020
    Produzione olio girasole 184 181 173 167
    Import olio girasole 550 609 659 590
    di cui da Ucraina 322 295 380 345
    di cui da Russia n.d. 21 42 n.d.
    Export 45 42 50 57
    Consumo 690 748 782 699
    Fonte: Fediol

     

    tab. 3 I numeri sulle farine di girasole in Italia (.000 t)
    2017 2018 2019 2020
    Produzione 223 219 225 217
    Import 667 691 667 692
    Export 38 48 32 31
    Consumo 852 862 860 878
    Fonte: Fediol

     

    Girasole, i possibili effetti del conflitto russo-ucraino - Ultima modifica: 2022-04-01T08:26:33+02:00 da K4

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