Grano duro, in primo luogo unirsi e fare rete

    grano duro
    Storicamente divisi, i produttori pagano il prezzo di un mercato troppo instabile. Oltre alla difficoltà di poter realmente contare su innovazione digitale e contratti di filiera. L’alternativa non è cambiare coltura

    «Di fronte al crollo dei prezzi del grano duro fino dai 58,00 €/q + Iva di fine giugno - inizio luglio agli attuali 42,00 €/q + Iva, noi produttori stiamo cercando soluzioni operative, almeno per il futuro, anche se non è facile. Per la campagna in corso, se la consueta siccità primaverile dovesse danneggiare i campi di grano come nel 2022 e se dovessimo ottenere rese medie di 25-30 q/ha, a stento riusciremmo a pareggiare i costi di produzione, che abbiamo in gran parte già anticipato e che sono mediamente pari a circa 1.200 €/ha». Marcello Martino, agronomo responsabile della conduzione di numerose aziende cerealicole rappresentative del Foggiano e produttore egli stesso di grano duro in agro di Foggia e Manfredonia, esprime l’ansia dei produttori foggiani di fronte a un’ulteriore annata complicata e la difficoltà di invertire la rotta.

    La vera colpa è non riuscire a fare rete

    Marcello Martino
    Marcello Martino

    «Operiamo in un sistema senza controllo, in cui la fanno da padroni pochi player che operano a livello sia locale, sia internazionale.

    La nostra vera colpa è che non riusciamo a unirci in cooperative o, meglio ancora, in organizzazioni di produttori cerealicoli vere e proprie, per concentrare l’offerta e avere un maggiore potere contrattuale.

    Le poche realtà associative esistenti sul territorio sono gestite essenzialmente da imprenditori sementieri e commercianti di grano duro. Noi produttori siamo tanti, ma, purtroppo, divisi, evidentemente per un problema culturale, che viene da lontano.

    Non facciamo rete per proporre sul mercato grandi quantità di grano duro, che possano spuntare prezzi più favorevoli. Ma questa è una strada sulla quale prima o poi dovremo incamminarci davvero, in modo più autonomo, per far valere maggiormente la qualità del nostro lavoro».

    Le risorse digitali, utili per il grano duro ma costose

    Anche nel comparto cerealicolo, osserva Martino, occorre comunque compiere passi in avanti sul piano dell’ammodernamento della tecnica colturale e dell’organizzazione di filiera.

    «Anche per la coltivazione del grano duro l’agricoltura di precisione mette a disposizione moderne risorse tecnologiche e noi saremmo interessati a utilizzarle, ma attualmente sono ancora molto costose e non facilmente proponibili a fronte di redditi netti bassi o pari a zero.

    Alcuni contoterzisti più all’avanguardia sarebbero già in grado di mettere in pratica l’agricoltura digitale, e tuttavia, poiché anche i loro costi sono aumentati in modo esponenziale, sono stati costretti ad aumentare le tariffe in modo tale da non rendere facilmente accessibile il ricorso alle più moderne tecnologie».

    Le tante sfumature dei contratti di filiera

    In teoria anche i contratti di filiera potrebbero aiutare il comparto, ma purtroppo, afferma Martino, essi non rappresentano una vera chance per la risoluzione dei problemi della cerealicoltura.

    «Il numero piuttosto ridotto dei produttori di grano duro aderenti a tali contratti dipende soprattutto dalle oggettive difficoltà che si incontrano per raggiungere e superare il livello minimo di proteine necessario per usufruire delle premialità, pari mediamente al 14,0-14,5%, a fronte dei maggiori costi sostenuti per rispettare il disciplinare di produzione, con particolare riferimento alle ultime due annate agrarie.

    Non è facile raggiungere costantemente, tutti gli anni, il 14,0-14,5% di proteine, perché un risultato del genere dipende da tanti fattori: la relativa scarsa disponibilità di terreni investiti l’anno precedente a colture da rinnovo o a colture miglioratrici della fertilità, l’andamento climatico stagionale, la difficoltà/impossibilità di effettuare le concimazioni azotate in condizioni di siccità, come nel 2022, ecc.

    Così accade che molti produttori in filiera, pur essendosi impegnati e avendo speso di più, alla fine si devono accontentare del prezzo medio di mercato senza premialità, andando letteralmente in perdita».

    Trovare alternative al grano duro

    Un’alternativa per le prossime annate, aggiunge Martino, potrebbe essere anche quella di cambiare coltura, per lo meno in parte.

    «Noi imprenditori agricoli guardiamo lontano, non è vero che siamo abbarbicati alla tradizione, sia nella scelta delle colture che della tecnica colturale. Vorremmo tanto poter alternare il grano duro con altre colture estensive.

    Tuttavia con la scomparsa, ormai da tempo, della barbabietola da zucchero, è venuta meno in Capitanata una coltura da rinnovo che era fondamentale negli ordinamenti colturali. Anche il girasole, altra coltura da rinnovo che in precedenza era molto diffusa, è ormai limitata a ridotte superfici collinari perché non più conveniente. Quest’anno alcuni produttori hanno preferito coltivare maggiori superfici di terreno a orzo e ad avena, colture più rustiche e meno costose, ma anche i prezzi di tali colture sono in netto calo. Le leguminose hanno il vantaggio di rendere più fertili i terreni, ma non sono convenienti dal punto di vista economico, oltre al fatto che, se aumentassero a dismisura, ci sarebbero seri problemi agronomici in termini di rotazione colturale, non essendo possibile farle ritornare troppo spesso sullo stesso terreno per evitarne la “stanchezza”. Qualcuno da un po’ di anni si è avventurato a coltivare il coriandolo, ma senza un ritorno agronomico ed economico che potesse giustificarne un’ampia diffusione sul nostro territorio».

    Grano duro, in primo luogo unirsi e fare rete - Ultima modifica: 2023-02-19T22:47:45+01:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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