L’insostenibile leggerezza del grano

Listini in aumento sotto trebbia per il frumento duro, ma pesi ettolitrici sotto soglia che vanificano la qualità molitoria e che rischiano di stressare i rapporti di filiera

Caldo e siccità in autunno e inverno, freddo e inondazioni in primavera, aumento dei listini sotto trebbia, quando storicamente invece calano.

Va tutta all’incontrario la campagna 2023 del frumento, e parliamo in particolare di quello duro, il primo ad essere raccolto e quotato.

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Il balzo di 5 €/q del “fino” nella seconda settimana di quotazioni del nuovo raccolto a Foggia, seguito a ruota dal riposizionamento di 2,5 €/q dell’Ager Borsa Merci di Bologna, riaccende la fiammella dell’ottimismo dei produttori, fiaccati da un anno intero di scivolamenti rispetto ai prezzi record di un anno fa (55 €/q contro i 32 di questo inizio campagna). Un trend che è continuato con la quotazione del 19 luglio a Foggia, con un ulteriore crescita di 1,5 €/q.

«Un aumento prevedibile – commenta Annachiara Saguatti, senior market analyst di Areté – visto il basso livello degli stock mondiali e le previsioni riviste al ribasso riguardo alle produzioni in Canada (approfondisci cliccando qui)». Il problema è che questi aumenti saranno appannaggio di pochi, a causa delle incertezze quantitative e soprattutto qualitative dei nuovi raccolti.

Stretta fitosanitaria

Pasquale De Vita

«Mai vista tanta ruggine – stigmatizza Pasquale de Vita del Crea, CI di Foggia –, soprattutto nera, nelle aree interne del Centro Sud: chi non ha impostato una corretta strategia di difesa fungicida, con almeno due trattamenti, non ha salvato le produzioni». Una malattia tornata dal passato, richiamando alla mente lo spettro di antiche carestie.

«Quest’anno però – spiega De Vita – si è presentata in maniera molto anticipata e diffusa. Colpa delle temperature sotto media tra aprile e maggio e poi delle piogge continue tra fioritura e riempimento cariossidi». Un clima estremo che ha anche condizionato la fertilità della spiga, lasciando pesanti strascichi soprattutto sul peso dei semi. «Rispetto all’anno scorso, quando era la siccità a condizionare le rese, quest’anno oltre ai frumenti ha sofferto anche l’orzo. E i danni riguardano tutto il Centro Sud e parte del Nord».

L’impatto dell’alluvione

Antonio Dall'Amore, responsabile cerealproteici e sementi di Terremerse

Gli impatti più pesanti sono ovviamente a carico della Romagna, dopo la doppia terribile alluvione di maggio. «Si è trattata – evidenzia Antonio Dall’Amore, responsabile del settore Cerealproteici di Terremerse – di un’annata piena di sorprese, per lo più negative, soprattutto da inizio maggio, quando invece si stimava un possibile aumento produttivo».

Il calo è superiore al 30% nel bacino della Romagna e dell’Emilia orientale, compreso il Ferrarese, un’areale dove negli ultimi anni il frumento duro ha superato il tenero per estensione. «I terreni – informa Dell’Amore – che sono rimasti sott’acqua più di tre giorni non hanno prodotto nulla, gli altri qualcosa hanno salvato». Anche il problema qualità è più grave sul duro rispetto al tenero. «Oltre al basso peso ettolitrico, pesa infatti la forte incidenza della volpatura (colorazione rosso-brunastra della cariosside in seguito ad attacchi fungini), che costringerà ad un’intensa cernita prima della macinatura». Al contrario sembra meno preoccupante la situazione micotossine, con rari casi di Don.

La categoria “sotto mercantile”

Eros Gualandi

«Produrre sotto il cielo – commenta Eros Gualandi, presidente della Coop Il Raccolto di San Pietro in Casale (Bo) – diventa sempre più difficile». Colpa di eventi estremi continui: «In questa annata abbiamo dovuto subire 7 mesi di siccità autunnale e invernale (interrotta solo dalla pioggerella di novembre che ha consentito alle colture almeno di partire), poi due alluvioni poi di nuovo stress idrico».

I risultati: rese attorno ai 45 q/ha per il frumento tenero, con pesi specifici molto bassi. Risultati che sembrano giocare in favore del duro, esasperando ulteriormente il differenziale con il tenero, visto che i listini di quest’ultimo sono ancora bloccati (Putin e decisioni sul corridoio del Mar Nero permettendo).

«In realtà – risponde Gualandi – per il duro la situazione qualitativa è addirittura peggiore, tanto che la borsa merci di Bologna ha dovuto attivare una nuova categoria “sotto mercantile”». Che vale per tutte quelle numerose partite con proteine all’11% e pesi ettolitrici tra 70 e 72 kg/hl. Una categoria sotto quotata (gli aumenti sono tutto per il fino, che deve avere valori di peso specifico di 78-79).

Sotto il valore soglia di 75-76 la qualità molitoria diventa però improponibile, e questo handicap potrebbe stressare i rapporti tra produttori e trasformatori e la tenuta degli accordi di filiera.

Rotazioni, equilibrio alterato

Marco Sacchi, direttore conferimenti di Progeo

Per fortuna la situazione pare migliorare progredendo sull’asse della via Emilia verso ovest. «Il gradiente – conferma Marco Sacchi di Progeo – della qualità è inversamente proporzionale all’intensità delle precipitazioni e migliora passando dai 550 mm registrati in maggio nel bolognese ai 150 del parmense».

Le problematiche però hanno interessato tutto il ciclo colturale. «Si è seminato – ricorda Sacchi – in condizioni non ottimali, con terreni secchi che hanno determinato nascite scalari. Poi la siccità e le temperature sotto media di aprile hanno condizionato la fase di differenziazione spiga, infine le piogge intense di maggio hanno penalizzato le rese, scese di circa il 35% e la qualità». La volpatura nel duro è infatti oltre i record registrati nel 2019 e il peso specifico ha perso in media 4-5 punti.

Malanni condivisi da una numerosa platea di produttori. «Storicamente l’equilibrio dell’Emilia occidentale gioca in favore del tenero (66%) contro il duro (33%). Quest’anno si è assistito però al boom delle semine dei cereali a paglia («una marea»), per inseguire le ottime quotazioni del duro dell’anno scorso, a discapito delle colture primaverili come mais, soia, girasole che invece ora stanno giovando delle precipitazioni primaverili.

«Speriamo che l’esperienza di quest’anno riporti verso un ripristino dell’equilibrio storico tra i due cicli colturali».

Serve più coesione

Conferma l’ottimo stato fisiologico del girasole Roberto Foschi, agricoltore con 110 ettari in provincia di Ravenna. Peccato che la maggior parte della sua superficie aziendale fosse invece investita a grano duro (50%) e a tenero e ibridi di orzo e segale da riproduzione. L’impatto dell’alluvione ha azzerato nel Ravennate 7mila ettari di seminativi su 35mila. «Occorre poi tener conto delle difficoltà logistiche della collina romagnola: molti campi di frumento sono ancora da trebbiare a causa delle frane che hanno condizionato la viabilità rurale spingendo a non azzardare ora il transito delle mietitrebbie».

Foschi si ritiene però fortunato: «Rispetto ad altri agricoltori della nostra zona, ho salvato buona parte del raccolto, anche se con rese dimezzate e qualità condizionata».

La soluzione per Foschi è una maggiore coesione del settore: «Inutile limitarci a gridare contro il clima o contro la speculazione internazionale».

«Il nostro grano è condizionato da quello che capita ad est (per il tenero) e ad ovest (per il duro): la conoscenza accurata di queste tendenze può darci più forza sui mercati».

«La Cun, ad esempio, poteva essere una soluzione – conclude – però è un’occasione persa se non assume un valore maggiore sulle contrattazioni rispetto a quelle che sono le commissioni paritetiche di borsa».

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L’insostenibile leggerezza del grano - Ultima modifica: 2023-07-19T18:25:59+02:00 da K4

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