Non è solo e non tanto una questione di orgoglio nazionale, ma, più pragmaticamente, in ballo c’è il futuro di un settore strategico per la nostra economia. Anche quest’anno la maiscoltura corre il suo metaforico “gran premio” per le migliaia di imprenditori agricoli, per la zootecnia, per la bilancia dei pagamenti del nostro Paese e per l’intera filiera, è necessario e urgente rimettere sul podio la produzione italiana.
La campagna 2023 ci ha visto affrontare un “circuito” non proprio semplice. Dopo un’annata da dimenticare e più mesi consecutivi di siccità alla vigilia delle semine, la partenza è stata tutta in salita. Ancor prima del semaforo verde, la stagione è stata caratterizzata da prezzi dei mezzi di produzione elevati, oltre alle nuove e più difficili prospettive di una Pac più complicata e quasi dimezzata, a fronte di un’iniziale tenuta delle quotazioni del mais. Le piogge primaverili hanno risollevato le prospettive del raccolto e rincuorato il morale degli agricoltori. Curve e controcurve si sono però susseguite causando la costante discesa dei prezzi del mais e le crescenti esigenze irrigue necessarie a far fronte alle elevate temperature estive. Il percorso è continuato più accidentato che mai, con i devastanti eventi atmosferici estremi diffusi sul Nord Italia nella seconda metà di luglio.
Anteprima di Terra e Vita 29/2023
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Oggi le trebbie sono ancora in campo. Ad esclusione delle aree colpite da grandine e da forti allettamenti, i primi dati raccolti per fortuna registrano rese in linea o addirittura leggermente superiori alla media dei cinque anni precedenti e con buona qualità del prodotto. A diminuire è invece la disponibilità della granella, che nel 2023 scende rispetto alla media del quinquennio precedente per il continuo calo delle superfici interessate: in un anno si sono contratte del 10%. Maggiore tenuta per il mais da insilato con la conferma di una tendenza consolidata che vede negli ultimi anni aree a granella spostarsi verso quelle a mais da destinare alle trince per l’alimentazione animale o i biogas.
Nel complesso, la stagione va concludendosi con un tratto tutto in salita, caratterizzato da prezzi in inarrestabile calo a causa delle recenti evoluzioni del conflitto russo-ucraino e ormai prossimi a coprire appena i costi di produzione. A questo si deve aggiungere che la già debole domanda di mais tricolore proprio non accenna a ripartire. In sintesi: c’è il rischio che il mais nazionale risulti ancora penalizzato nella pianificazione colturale per il prossimo anno, con la conseguenza di un ulteriore apertura delle porte al prodotto estero.
Intervenire è necessario e la marcia in più potrà essere il potenziamento dei contratti di filiera con un aumento della dotazione finanziaria per il Fondo per la competitività delle filiere e, analogamente, per il Fondo per la sovranità alimentare, così da raggiungere premialità prossime ai 400 euro all’ettaro per le superfici rientranti in impegni triennali, superando i vincoli di erogazione in de minimis e il tetto a 50 ettari. Un’ulteriore accelerazione al volano del comparto potrebbe derivare da un ristoro di carattere eccezionale destinato alla maiscoltura e nell’ambito della Pac dalla deroga anche per il 2024 alla rotazione oltre che prevedere che la coltura intercalare non necessiti di essere raccolta. Senza dimenticare la continua spinta per ricerca e innovazione sul fronte agrotecnico e genetico. Il tutto all’interno di un nuovo Piano maidicolo nazionale che tracci in modo chiaro la strada della ripresa.
di Cesare Soldi
presidente dell'associazione italiana maiscoltori