La coltura dell’albicocco è ormai completamente rivoluzionata rispetto al decennio scorso: innovazione di prodotto, adattabilità colturale, lungo calendario produttivo e commerciale, qualità diversificata.
Emergono tuttavia perplessità laddove si nota mancanza di programmazione produttiva e dove alcune problematiche fitosanitarie, frutto soprattutto di una prevenzione carente o disattesa, possono compromettere i nuovi investimenti dei frutticoltori.
Sharka, nuove opportunità
Negli areali ove è particolarmente diffuso, il virus della Sharka (PPV) continua ad essere una problematica talmente grave da costringere molti produttori a non piantare più drupacee sensibili a questa patologia.
Anche l’albicocco non è esente e, in particolare, è il ceppo D a colpire questa specie.
Attualmente diversi costitutori stanno lavorando o hanno già licenziato alcune varietà che promettono di essere resistenti al virus e quindi di non poter essere infettate.
Sono già disponibili in commercio le varietà della serie Aramis®, licenziate dalla francese Cep Innovation, con un calendario di maturazione che inizia con Bergeval*, nella seconda decade di giugno, e prosegue con Shamade*, Bergarouge*, Anegat* (epoca Bergeron) e si conclude con Congat* (+ 20 giorni da Bergeron).
Anche Escande propone alcune cultivar resistenti inserendole in un calendario incentrato su tutto il mese di luglio; si tratta di Adriana®, Betinka®, Candela® e Sophia®.
È prematuro definire le caratteristiche di tutte queste varietà perché gli impianti attualmente esistenti nel nostro Paese sono ancora troppo giovani per fornire dati attendibili.
Di certo con queste varietà resistenti, se verranno considerate valide per tutti gli aspetti agronomici e qualitativi, l’albicocco avrebbe un ulteriore punto di forza che gli consentirebbe di proporsi a quei produttori che si trovano in zone di coltivazione particolarmente esposte alla Sharka, fornendo loro una possibile alternativa di investimento.