Raccolti previsti abbondanti e prezzi che potrebbero ricalcare le tendenze ribassiste degli ultimi mesi. La campagna di commercializzazione 2016 dei cereali a paglia è ormai alle porte e in annate come questa emerge l’importanza della fase di conservazione ai fini della valorizzazione dei raccolti. Lo stoccaggio occupa infatti un ruolo strategico nella filiera cerealicola ponendosi come cerniera fra produzione e industria. Se l’agricoltura è una “fabbrica a cielo aperto”, le strutture di conservazione possono “offrire un tetto” in cui gestire e mitigare eventuali problematiche difficili da contenere in campo ed offrire così un prodotto più rispondente alle esigenze della trasformazione.
Perché ciò possa avvenire occorre affrontare il tema della conservazione dei cereali come ogni altra attività imprenditoriale: con adeguate strutture, conoscenze e professionalità. Una consapevolezza che negli ultimi anni si è fatta strada, con l’applicazione di tecniche corrette, obbligate da un contesto normativo stringente, in grado di dare anche maggiori soddisfazioni economiche e proteggere da amare sorprese.
I limiti sono però strutturali: la fotografia scattata un paio di anni fa da una specifica analisi Ismea descrive impianti con un’età media avanzata (metà oltre i 30 anni), una limitata capacità operativa e una ridotta attitudine allo stoccaggio differenziato (63% dei centri per il frumento duro, 50% per il tenero e 40% nel caso del mais). Qualcosa per fortuna sta cambiando.
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