Gli afidi sono una costante minaccia per la coltivazione del pesco. Oltre ai danni diretti possono trasmettere pericolosi virus come il ceppo “M” di Sharka. Si tratta quindi di fitofagi da non sottovalutare in quanto possono determinare gravi problemi alla produzione ed alla struttura stessa del pescheto. La loro azione trofica, infatti, può condizionare la corretta “maturazione” del legno dell’anno con perturbazioni sulla linearità dello sviluppo della pianta. Le conseguenze di questi attacchi sono più gravi sui peschi piante ancora in fase di allevamento in cui la formazione dello scheletro della pianta risulta ritardato e possono esserci ripercussioni sulla produzione dell’anno successivo.
Il danno sulla vegetazione è causato dall’attività trofica degli afidi che pungono gli apici vegetativi in crescita o i germogli di consistenza ancora erbacea, deformandoli. Quando poi vengono attaccati i giovani frutticini di nettarine, il danno è ancora più grave perché questi frutti ne porteranno poi le conseguenze per tutta la stagione. Le cicatrici prodotte sulla loro epidermide, infatti, si accrescono con il frutto e si dilatano man mano che il calibro aumenta.
Sono diversi gli afidi che possono attaccare il pesco, ma sicuramente la specie più diffusa e pericolosa è l’afide verde (Myzus persicae). Si tratta di una specie dioica che sverna in prevalenza con uova durevoli deposte vicino alle gemme a frutto dei peschi. Ai primi di marzo, ma se le temperature sono favorevoli anche prima, le fondatrici si spostano sulle punte verdi all’apice dei rametti o sui fiori prossimi alla schiusura. Divenute mature partoriscono delle femmine attere (fondatrigenie) che cominciano a costituire le prime colonie. Durante tutta la primavera le generazioni si succedono e si accavallano in colonie molto numerose che imbrattano visibilmente di melata gli organi colpiti, favorendo l’instaurarsi di funghi e batteri. In estate compaiono le forme alate che migrano sulle piante erbacee che fungono da ospiti secondari. La reimmigrazione sul pesco avviene in autunno con femmine alate che tornano nel frutteto per partorire delle anfigoniche attere che, una volta fecondate, depongono una o più uova durevoli che devono superare i rigori invernali.