L’osservazione dello stato dei terreni collinari compresi fra l’Alta Murgia barese e la provincia di Matera, dopo tre mesi di piogge continue e spesso torrenziali, mostra in maniera molto evidente la differenza di comportamento di terreni dalla uguale struttura (medio impastoargillosi) in funzione delle tecniche adottate per la semina. È quanto dichiara Nicola Leone, agricoltore di Gravina in Puglia (Ba) convertitosi al sodo.
«A fine novembre nessuno aveva ancora seminato il grano duro, in attesa che finalmente piovesse dopo tanti mesi di siccità. Dopo le prime piogge chi è solito lavorare i terreni si è affrettato a preparare il letto di semina e seminare. Ma le successive intense piogge hanno fatto precipitare quei terreni in un disastro totale: l’acqua torrenziale ha letteralmente scarnificato i terreni a monte, riducendoli in veri e propri calanchi, e trasportato a valle grosse quantità di limo. Dove sono state effettuate lavorazioni profonde circa 30 cm si notano strisce larghe 40-50 cm con piante di grano più o meno regolari, perché il terreno, compattato dalle ruote del trattore, ha resistito di più, e solchi altrettanto ampi dove l’acqua lo ha portato via.
Addirittura nei terreni sottoposti a minima lavorazione, profonda 78cm, l’acqua ha completamente allontanato i pochi centimetri di terreno sopra la suola di lavorazione trasportandoli a valle. Chi ha lavorato il terreno ha perso il terreno e con esso i soldi spesi per le lavorazioni, il seme e la concimazione di fondo, a vantaggio di chi a valle ha ricevuto in regalo notevoli quantità di terreno molto fertile. L’aiuto comunitario gli servirà solo per coprire i costi, ma dovrà sostenere altre spese per ripristinare la situazione preesistente del terreno».
«Nei terreni seminati su sodo, anche declivi, si sono invece verificate solo microerosioni, canalicoli poco profondi dichiara Piero Giglio, 15 ha a grano duro seminato su sodo a Gravina in Puglia».
«Il terreno non lavorato, senza suola di lavorazione, è riuscito sia ad assorbire meglio l’acqua sia a farne scorrere una parte senza danni alle piantine. Queste, grazie alle radici più profonde, hanno resistito meglio di quelle su terreno lavorato. Inoltre lo sviluppo più consistente delle piante su sodo ha permesso loro di sopportare meglio gli shock termici invernali, con escursioni da 12° C, e anche meno, a 1011°C».