La scorsa stagione è stata complessivamente caratterizzata da una spiccata instabilità climatica che ha influito su tutto il settore agricolo. Dopo un breve inverno decisamente più caldo del normale, è arrivata una primavera anticipata, e già a marzo le temperature si sono impennate rimanendo costantemente sopra la media. Anche l’estate è stata anomala caratterizzata da temperature estive non elevate e da una notevole piovosità che in certi casi ha raggiunto livelli di veri e propri rovesci.
Tutte le specie frutticole hanno risentito di questo andamento climatico anomalo e delle piogge autunno-invernali. Tra le pomacee, il melo si è dimostrato maggiormente sensibile alle bizzarrie del clima: ad esempio le cv più precoci come la Pink Lady hanno cominciato la ripresa vegetativa in anticipo di una quindicina di giorni rispetto alla media stagionale.
È risaputo, infatti, che esiste un rapporto molto stretto tra clima e malattie delle piante e questa complessa relazione è ulteriormente complicata dagli eventi climatici estremi causati dal global warming che, oltre a provocare effetti diretti sulla fisiologia e sulla morfologia delle colture, influenzano direttamente ed indirettamente la comparsa di patogeni e insetti dannosi.
Melo - ascospore, appuntamento mancato
La ticchiolatura (Venturia inaequalis), nonostante l’andamento climatico facesse prevedere una alta pressione infettiva, pari a quella dell’annata precedente, è stata invece caratterizzata da una pressione media della malattia, in virtù anche del fatto che gli eventi piovosi infettanti hanno avuto un andamento cadenzato più o meno ogni 4-6 giorni, consentendo una più agevole difesa. La maturazione degli pseudoteci (organi di svernamento del fungo presenti sulle foglie cadute a terra nella stagione precedente), nelle aree melicole più calde, è stata registrata come una delle più precoci mai registrate. Già alla fine di febbraio le ascospore erano già mature e pronte per essere rilasciate, in corrispondenza della fase di rottura gemme delle cv più precoci, ma ben prima del raggiungimento della stessa fase fenologica delle restanti varietà coltivate, avvenuta solo 2-3 settimane più tardi. Il primo rilascio ascosporico si è verificato in seguito alle piogge del 23-24 di marzo, a cui ha fatto seguito una seconda il 29-30 dello stesso mese senza tuttavia causare infezione, da un lato per l’esiguo numero di ascospore rilasciate, dall’altro la indisponibilità di tessuto vegetale suscettibile unito ad un repentino calo delle temperature e da una non sufficientemente prolungata bagnatura fogliare.
La prima infezione è stata registrata con le piogge del 4-5 aprile e la comparsa dei sintomi della malattia sono stati osservati intorno all’inizio della terza settimana di aprile. La fase ascosporica iniziata alla fine di marzo si è protratta fino alla prima settimana di maggio, mentre il periodo maggiormente a rischio per la coltura, caratterizzato dalla più alta concentrazione ascosporica, è coinciso con le piogge che si sono verificate nella prima e nella terza settimana di aprile. Per quanto esposto precedentemente, Il controllo della malattia non si è rivelato problematico come nel 2013 in virtù del fatto che le precipitazioni si sono verificate ad intervalli regolari permettendo di intervenire in maniera preventiva e, nel caso delle infezioni più gravi previste, rientrare tempestivamente in tempo utile aggiungendo al prodotto di copertura (in genere dithianon, o captano o fluazinam, un partner ad azione retroattiva (difenconazolo). Il successo della strategia di difesa è stato inoltre aiutato anche dal fatto che la vegetazione, in seguito ad un abbassamento delle temperature in aprile, si è accresciuta lentamente permettendo ai formulati distribuiti di garantire una omogenea e completa copertura e protezione.
L’oidio (Podosphaera leucotricha) si è presentato precocemente e puntualmente (specialmente su alcune cv suscettibili) con una certa intensità, favorito dal clima umido e dalle temperature fresche che hanno caratterizzato il primo periodo primaverile. Non si sono osservate particolari problematicità per quanto riguarda il suo controllo.
Su alcune cv di melo particolarmente suscettibili (in particolare Cripps Pink) sono stati registrati sempre più frequentemente casi di marciumi in post-raccolta causati da Neofabrea alba, fungo che si avvantaggia delle condizioni climatiche miti e piovose che intercorrono da settembre a metà ottobre, prima della raccolta. Le infezioni non si manifestano generalmente in campo, ma in post-raccolta.
Poca carpocapsa, assente la Cydia
La difesa delle melo dai fitofagi, non ha creato particolari problemi a tecnici ed agricoltori. Il fitofago chiave è sempre la Carpocapsa (Cydia pomonella) ma, fortunatamente, quest’anno nelle principali aree frutticole del nord Italia si sono avuti voli di scarsa entità e pochi danni alla raccolta. Probabilmente i frequenti abbassamenti della temperatura e l’instabilità climatica caratterizzata da ricorrenti scrosci di pioggia, hanno ostacolato la deposizione degli adulti. Inoltre la possibilità di integrare i diversi metodi di lotta basati sulla confusione sessuale, con il virus della granulosi e con un pacchetto di prodotti ad azione ovicida e/o larvicida estremamente valido (clorantraniliprole, emamectina, spinosad, fosmet, clorpirifos etile) consente finalmente di guardare con ottimismo alla lotta contro un fitofago che nel recente passato ha creato molti problemi.
Nell’annata appena trascorsa sono state quasi assenti anche le popolazioni di Cydia molesta e praticamente scomparse le popolazioni di ricamatori come ormai succede da diversi anni.
William e Kaiser sotto attacco
Su pero, al contrario di ciò che è successo per il melo, la ticchiolatura (Venturia pyrina), si è manifestata in forma molto grave specialmente su cv come William e Kaiser nella seconda quindicina di aprile in, in seguito alle piogge del 4-5 aprile, in corrispondenza della fine fioritura. In alcune aziende quasi tutto il potenziale di inoculo ascosporico è stati rilasciato in questa fase, cogliendo probabilmente impreparati molti produttori, forse abituati a non considerare la ticchiolatura su pero con la stessa attenzione riservata a quella del melo e impiegando le medesime strategie di difesa. In altre aziende una restante parte del potenziale ascosporico è stato invece rilasciato anche nell’ultima settimana di aprile, dando origine ad infezioni più ritardate. Le infezioni primarie non più controllate, hanno portato a danni commerciali anche dell’ordine del 20-30%, nonostante il contenimento della malattia si sia protratto anche nella restante stagione estiva.
Fortunatamente per la coltura, nonostante le intense piogge cadute nel corso della stagione vegetativa, le temperature non eccessivamente elevate e non ottimali per la sporulazione di Stemphylium vesicarium non hanno favorito l’accumulo dell’inoculo del fungo agente della maculatura bruna, che, nella stragrande maggioranza delle aziende non si è presentato in forma epidemica, consentendo un’agevole difesa.
Infine, sono state segnalate alla fine di maggio, con una certa frequenza, attacchi di colpo di fuoco (Erwinia amylovora) favoriti dalle fioriture secondarie e dalle piogge a carattere temporalesco.
Anno da psilla. E da fillossera
La gestione della Carpocapsa è sempre la problematica centrale della difesa insetticida del pero ma è innegabile che le popolazioni del fitofago sono rimaste costantemente basse per cui, la difesa grazie anche al prezioso supporto dei modelli previsionali che hanno permesso di ottimizzare le strategie di difesa quantificando gli anticipi eventuali degli sfarfallamenti, delle deposizioni e delle nascite larvali.
Su pero il problema maggiore anche quest’anno è stato rappresentato dai frequenti attacchi di psilla (Cacopsylla pyri). La presenza di questo insetto provoca danni diretti dovuti alle punture di nutrizione ma, soprattutto, danni indiretti per la presenza di abbondante melata che causa asfissia degli organi verdi. Inoltre la presenza di melata deprezza i frutti e consente l’instaurarsi di funghi saprofiti come le fumaggini che diminuiscono il rendimento fotosintetico, alterando ancor più i metabolismi della pianta. La novità è che dopo un paio di anni di calo, sono tornate a vedersi popolazioni rilevanti di Antocoridi in grado in molti casi di contenere i danni da psilla. Buona comunque l’efficacia dei prodotti disponibili: abamectina, olio bianco e spitotetramat.
Quest’anno la novità principale sono stati i danni causati dalla fillossera del pero (Aphanostigma pyri) in alcune aree della pianura emiliana. La fillossera è un piccolo afide che invade la cavità calicina e il canale stilare e, con le sue punture trofiche, causa la comparsa di una tacca necrotica di forma irregolare localizzata nell’apertura calicina. In seguito la zona va incontro a fenomeni di marcescenza che si estendono all’intero frutto. La fillossera danneggia le varietà, come Abate Fetel la più colpita quest’anno, in cui la conformazione dei sepali è tale tenerli accostati chiudendo il canale stilare e formando una piccola cavità che ha un microclima favorevole all’insediamento dell’afide. Nel 2014 è salita alla ribalta fitosanitaria la cimice asiatica Halyomorpha halys le cui popolazioni in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna sono in costante crescita e che potrebbe diventare presto un problema molto concreto.
(*) Gli autori sono del Servizio Fitosanitario-Regione Emilia-Romagna