Considerando «la straordinarietà di una situazione in cui la presenza di aflatossine potrebbe pregiudicare oltre il 50% dei raccolti» di mais, dice una risoluzione presentata alla Commissione agricoltura della Camera dal deputato Luca Bellotti (Pdl), si chiede al governo di assumere «iniziative normative che, in deroga alle disposizioni vigenti, dispongano una deroga temporanea (...) che consenta l'innalzamento dei limiti per le aflatossine nel mais destinato all'alimentazione animale». E di cercare di ottenere dalla Ue «misure per affrontare le possibili situazioni economiche a rischio di produttori e stoccatori incolpevolmente danneggiati dall'evento naturale eccezionale, anche al fine di evitare tentativi di elusione dei controlli con conseguente rischio di contaminazione delle filiere sensibili».
Di contromosse come quella proposta da Bellotti ce n'è bisogno, commenta Giampiero Martini, vice commissario del Consorzio agrario di Rovigo e vice presidente di quello di Ferrara, perchè la situazione è seria: «Dai primi dati relativi alla raccolta 2012, si è riscontrato un aumento di aflatossine nel mais, aumento non particolarmente significativo, ma sufficiente da far superare i limiti imposti dalla normativa europea. Questo sforamento determina l'impossibilità di immettere quel prodotto sul mercato».
Ce n'è bisogno anche per un secondo motivo, continua Martini: «perchè i livelli massimi consentiti sulle aflatossine non sono uguali in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, per esempio, il livello consentito è decisamente più alto rispetto a quello imposto dall'Europa e questo crea un problema di difformità che colpisce soprattutto gli agricoltori europei e quelli mediterranei in particolare. Come Consorzio agrario riteniamo importante che a livello mondiale ci sia uniformità in materia, per evitare che, in un mercato globale, i limiti eccessivamente restrittivi colpiscano gli agricoltori europei e italiani in particolare». Per esempio, conclude il dirigente dei due consorzi agrari, prodotti agroalimentari americani ottenuti tollerando livelli elevati di aflatossine nei mangimi possono entrare in competizione con prodotti italiani ottenuti rispettando limiti molto più restrittivi, quindi gravati da costi di produzione maggiori.
In ogni caso che la situazione sia seria, che diversi mangimifici privati stiano respingendo molte consegne di granella di mais perchè contaminate oltre i limiti previsti dai propri protocolli, è notizia ormai quasi di dominio pubblico, anche se ancora pochi addetti ai lavori vogliono esporsi con dichiarazioni esplicite in merito. Tra chi esce dal silenzio però c'è il docente Roberto Causin, dell'Università di Padova, che fra l'altro partecipa ai vertici di filiera sul problema organizzati dalla Regione Veneto, oppure gli esponenti del Coordinamento cereali, organismo creato pochi mesi fa da Cia, Confagricol-tura, Copagri, Confcooperative, Legacoop e Agci.
Spiega Causin: «La reale dimensione del problema aflatossine non si conosce perchè non si sono raccolti dati sufficienti e perchè in certi areali addirittura non si è ancora finito di trebbiare. Comunque mi risulta che la presenza della tossina sia più alta della norma e più elevata anche dei livelli del 2003; quest'anno, per esempio, si trova anche in coltivazioni sottoposte a un paio di irrigazioni di soccorso. La contaminazione non c'è solo nella granella, ma anche nei pastoni; nel silomais non si può ancora dire. Si può presumere che un terzo del raccolto risulterà contaminato, un terzo risulterà nella norma e un terzo sarà a metà strada». Aggiungono i rappresentanti del Coordinamento cereali: «I casi di contaminazione sono piuttosto diffusi. La presenza di aflatossine si riscontra a macchia di leopardo, non solo in Emilia e nel Veneto, ma anche in Friuli e nel resto della Pianura padana, forse a esclusione del Piemonte. Alcune Regioni si stanno muovendo per consentire a produttori, stoccatori, essiccatori e industrie mangimistiche di affrontare in maniera più agevole il problema delle partite contaminate. È ancora prematuro però diffondere dati sul livello di contaminazione, li consegneremo all'amministrazione verso fine settembre».
Il Coordinamento cereali non si limita a monitorare la situazione, ma mette anche sul piatto un altro paio di contromosse che vanno ad aggiungersi a quella di Bellotti. La prima: «Vogliamo chiedere ai ministeri dell'Agricoltura e della Salute di mettere a punto disposizioni applicabili su tutto il territorio nazionale per la gestione e il trattamento della materia prima». La seconda: «Il nostro progetto Rete qualità cereali è cofinanziato al 50% dal Mipaaf, il suo contributo è di 1,25 milioni, il resto per un totale di 2,5 milioni viene dalle nostre aziende e cooperative. Bene, di queste risorse buona parte sarà destinata a consentire alle nostre aziende l'acquisto agevolato di strumenti per la selezione e la pulitura della granella del mais: selezionatrici ottiche, campionatori automatici di tipo dinamico (che fanno risparmiare tempo nel prelevamento dei campioni), linee di prepulitura per cereali essiccati, impianti di spazzolatura».