La filiera italiana del melone vive una fase di serrato confronto. Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti ma è anche vero, e di questo i produttori ne sono ben coscienti, che c’è ancora molta strada da percorrere per rendere più moderna e competitiva questa filiera. È per questo che i principali attori di questa filiera si riuniscono periodicamente nel “Comitato melone” dell’Organizzazione Interprofessionale dell’ortofrutta italiana per mettere a fuoco i punti di debolezza e provare a definire gli obiettivi comuni e le strategie da adottare.
Tra i principali obiettivi si possono menzionare: l’aumento e soprattutto la destagionalizzazione dei consumi, il miglioramento della qualità organolettica (profumo, sapidità e dolcezza), l’aumento delle esportazioni e la definizione di un patto che coinvolga agricoltori, distributori e consumatori.
I dati Istat fotografano una filiera italiana che può contare su una produzione di circa 600mila t. Le principali aree di produzione nazionale sono Sicilia (Agrigento), Lombardia (Mantova), Puglia (Foggia), Campania (Salerno), Emilia-Romagna (Ferrara) e Lazio.
La disponibilità per il 94% è di produzione nazionale e per il 6% è costituito da circa 35mila t di prodotto importato. Le esportazioni sono inferiori alle importazioni, anche se mostrano un trend di crescita molto incoraggiante. Infatti, dal 2009 sono stati registrati continui incrementi delle quantità esportate.
In termini di introiti, nel 2014 sono stati per la prima volta superati i 20 milioni di €, con una crescita del 21% rispetto all’anno precedente.
Mercati di sbocco
Se si osserva la distribuzione mensile delle esportazioni si nota che il picco è simile a quello dei consumi, concentrandosi nei mesi estivi e rispecchiando quindi il periodo di maggiore produzione. A luglio 2014 sono state spedite all’estero circa 9mila t di meloni. La Germania è il primo mercato di sbocco dei meloni italiani (31%), seguono Svizzera (16%), Austria (14%), Repubblica Ceca (9%), Croazia e Regno Unito (5%), Slovenia e Francia (4%).
Le importazioni sono stabilmente intorno a quota 35mila t e comportano una spesa di poco superiore a 30 milioni /anno.
Paesi Bassi e Spagna hanno spedito nel nostro Paese il 49% dei volumi complessivi importati dall’Italia. A seguire troviamo Francia (16%), Brasile (15%) e Costarica (9%). Negli ultimi anni Grecia, Senegal e Tunisia hanno incrementato notevolmente i volumi spediti in Italia. Le importazioni complessive del nostro Paese sono un mix di approvvigionamento di prodotto dai competitor del Mediterraneo (Spagna e Francia su tutti) che ampliano il calendario di commercializzazione del prodotto nazionale e dai fornitori d’Oltremare (Brasile, Costarica e Paesi Bassi) che forniscono il melone in contro stagione.
I picchi delle importazioni mensili sono compresi tra marzo e giugno con arrivi che ammontano a circa 4-5 mila t/ mese. Nel 2014, in novembre e dicembre sono state superate le 3mila t di prodotto in ingresso con un netto aumento rispetto agli anni precedenti.
Obiettivi
Qualità organolettica. L’obiettivo è identificabile nella risposta sensoriale al consumo, essenzialmente profumo, sapidità e dolcezza. È una premessa indispensabile per raggiungere gli altri obiettivi. La sfida dei produttori sta nel trovare il giusto mix tra genetica, tecniche produttive e costi.
Destagionalizzazione e aumento dei consumi. La produzione italiana ha ampliato il calendario produttivo alternando le aree produttive del Sud, del Centro e del Nord. Con le importazioni si riesce poi ad estendere il calendario di commercializzazione fino a coprire tutti e dodici mesi all’anno. La stagionalità dei consumi (vedi diagramma con distribuzione mensile degli acquisti) evidenzia una concentrazione degli acquisti nei quattro mesi estivi che raggiungono l’81% dei volumi complessivi. Infatti, all’aumentare delle temperature, cresce il consumo di melone. Compito della ricerca genetica e dei produttori è quello di fornire al consumatore un prodotto di elevato profilo della qualità e che quindi renda il consumo meno dipendente dai picchi termici.
Penetrazione mercati esteri. La produzione italiana ha enormi potenzialità di successo sui mercati esteri. A partire da quelli europei. È una sfida che ha i suoi presupposti nell’aggregazione della fase agricola così da condividere le politiche e le strategie commerciali e sopperire ai limiti posti da un tessuto produttivo puntiforme.
Patto di filiera. Si tratta di un patto non scritto cha ha lo scopo di rinsaldare il rapporto tra produttore e distributore da un lato e tra produttore e consumatore dall’altro, in modo da aumentare i benefici di tutte le parti che entrano in gioco. n
(*) L’autore è di Ismea