La coltivazione di melograno in Campania si è stabilizzata intorno ai 35-40 ettari complessivi e al momento risulta difficile immaginare un’ulteriore espansione. “La forte concorrenza di prodotto estero, proveniente in particolare da Israele, Turchia e Spagna”, ci spiega Giuseppe Giaccio, produttore della OP Giaccio Frutta che coltiva melograno nella provincia di Caserta, “rende la vita difficile ai frutticoltori, in particolare a quelli che si orientano verso l’indotto della trasformazione”. Questa situazione si può ritenere valida per tutte le aree produttive nazionali che sono collocate, oltre che in Campania, in Sicilia, Emilia-Romagna, Puglia e Lazio.
“Trattandosi di un frutto con una lunga “shelf life”, aggiunge Giaccio, “risulta facile sia la conservazione, sia il traporto. Così, le industrie e gli altri trasformatori interessati alla produzione di succhi trovano conveniente acquistare il prodotto estero a prezzi più bassi di quelli italiani, anche se di minore qualità”.
Più interessante, invece, appare lo sbocco sul mercato del consumo del fresco. “In questo caso”, spiega Giaccio, “le produzioni nazionali sono maggiormente apprezzate perché di migliore qualità e spuntano prezzi mediamente interessanti. Tuttavia, si tratta di un “articolo” di nicchia con consumi piuttosto modesti”. La pezzatura ideale è rappresentata da frutti con peso di 200-250 grammi e la scelta varietale va fatta in base alla destinazione del prodotto. Solo i frutti con sapore dolce e arilli morbidi sono apprezzati per il consumo fresco, anche se le varietà con colore rosso intenso della buccia, che sono quelle che attraggono maggiormente i consumatori, non sempre presentano tali caratteristiche.
Pertanto, l’aspetto determinate per il successo della coltivazione è quello relativo alla fase di commercializzazione. “Le singole aziende”, prosegue il nostro interlocutore, “trovano non poche difficoltà se tentano di avventurarsi singolarmente nella produzione del melograno; più utile sarebbe associarsi, anche per tentare di chiudere la filiera con la trasformazione. Una scelta di questo tipo potrebbe rivelarsi vincente. Prima di avviare nuovi impianti, andrebbe studiata la strategia di vendita e di posizionamento sul mercato. Il melograno potrebbe rientrare in un piano produttivo di una OP previo studio preliminare per determinare la destinazione del prodotto e la varietà più idonea da impiantare”.
La specie, comunque, sta vivendo un momento ancora positivo, in considerazione dell’”appeal” che riscuotono i frutti per le loro ottime caratteristiche nutraceutiche e salutistiche. Gli obiettivi da porsi sono quelli di migliorare le tecniche di coltivazione per incrementare la qualità del prodotto e rendere la coltura economicamente più competitiva; migliorare l’offerta e la commercializzazione del prodotto italiano sul mercato, che spesso risulta molto frammentata e mal organizzata; promuovere strategie di marketing per la segmentazione dell’offerta (succhi, IV e V gamma, integratori, ecc.).
Riguardo le varietà, quelle maggiormente diffuse in Italia sono Dente di Cavallo, Neirana, Profeta Partanna, Selinunte, Ragana e Racalmuto, mentre nei nuovi impianti si impiegano varietà diffuse a livello mondiale come Wonderful, americana, che si presta bene per la trasformazione avendo un succo dolce (17 °Brix), una buona resa (fino al 45%) e basso contenuto in fibra, Acco”, israeliana, che matura nella prima decade di settembre ed è adatta per il consumo fresco avendo un buon contenuto in zuccheri e sapore aromatico, con arilli morbidi; Mollar de Elche, spagnola, che matura nella seconda decade di ottobre e presenta frutti con arilli di colore rosa chiaro, sapore molto dolce con acidità quasi impercettibile.
“Nella nostra azienda”, aggiunge Giaccio, “si coltivano due varietà, Mollar e Wanderful; la prima è più difficile da coltivare perché più suscettibile al “cracking”, ma i frutti sono più saporiti. È destinata al mercato del fresco perché il seme è morbido e dolce. Wonderful, invece, è utilizzata per la produzione di succhi e, quindi, destinata all’industria di trasformazione che, però, paga di meno”.
Una delle difficoltà che incontrano i produttori italiani è relativa ai pochissimi principi attivi registrati per la difesa della specie. Va, inoltre, ricordato che il melograno è una specie autofertile, che presenta sulla stessa pianta fiori di diversa tipologia per cui alcune varietà mostrano una produzione non costante nel tempo. Pertanto, la migliore soluzione è quella di puntare su varietà testate che hanno fornito risultati soddisfacenti.
La concorrenza estera frena il melograno
In Campania si è stabilizzata intorno ai 35-40 ettari complessivi e al momento risulta difficile immaginare un’ulteriore espansione