Olio italiano difficile da riconoscere? Ora un po’ meno. L’utilizzo di uno strumento innovativo (Heracles II della Alpha Mos) e la creazione di un data base specifico con le diverse “impronte” dell’olio extravergine d’oliva, ha permesso al Laboratorio di Coop Italia un controllo accurato sulla provenienza delle diverse tipologie di olio extravergine d’oliva e l’identificazione e la differenziazione fra prodotti nazionali e non.
Andiamo con ordine.
Il Laboratorio di Coop Italia ha iniziato nel 2005 a indagare sulle possibili frodi alimentari nel comparti ittico e in quello delle carni mediante l’utilizzo di tecniche di controllo del Dna. Con il chiaro obiettivo di verificare se le specie presenti corrispondevano a quelle dichiarate o se erano presenti componenti non dichiarate. Sempre utilizzando il Dna si è gestita l’emergenza carni equine del 2013 e i controlli sulle presenza di latte bovina in mozzarelle di bufala o in ricotte di pecora e capra.
Il buon lavoro effettuato dal Laboratorio (6 dipendenti fissi e diversi stagisti universitari) evidentemente non è passato inosservato, tanto che la struttura è stata inserita in due progetti di durata triennale (2014-2016) relativi al comparto carni e coordinati il primo dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e il secondo dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, della Liguria e della Valle d’Aosta .
Il riconoscimento delle sostanze volatili
Nel mentre è partito un percorso specifico per il controllo dell’olio extravergine, di durata triennale (2013-2015), con l’obiettivo di individuare il profilo dei composti volatili delle diverse tipologie, catalogare i vari oli e identificare eventuali discrepanze di provenienza. «L’olio extravergine d’oliva – sottolinea Chiara Faenza, responsabile sostenibilità e innovazione valori di Coop Italia – è un prodotto di valore e, storicamente, uno dei prodotti più frodati. Frodi legate principalmente all’origine geografica e alla commercializzazione di miscele non corrispondenti al dichiarato e questo progetto, che ci sta dando soddisfazione, va proprio in questa direzione».
La metodologia viene dettagliata da Martino Barbanera, il responsabile del Laboratorio. «Lo strumento è un gas-cromatografo a doppia colonna con due rilevatori a ionizzazione di fiamma, che funge da vero e proprio ‘’naso elettronico”. Ciò permette di tracciare un profilo globale dei composti volatili, costruendo di fatto una sua “impronta digitale aromatica”».
Nella sostanza si crea l’identikit dell’olio extravergine d’oliva.
«Lo strumento – continua Barbanera – è stato acquisito nel 2013 e l’obiettivo è stato la creazione di modelli statistici forti per l’identificazione dell’origine geografica di alcuni nostri prodotti a marchio, primo fra tutti l’olio, in modo da creare il modello rappresentativo dell’olio extravergine di oliva Coop 100% italiano».
E i primi risultati (il percorso continua) sono lusinghieri. L’analisi di un numero molto ampio di campioni di olio Evo certi ha permesso a creazione di gruppi di campioni statisticamente simili di “italiano 100%” e “dell’Unione europea” a marchio Coop che lo strumento ha poi utilizzato per classificare i 300 campioni ‘incogniti’ sia Coop che non Coop, oggetto del controllo.
Il gruppo degli italiani era stato ben definito e l’insieme ha fornito risultati incoraggianti anche per il consumatore. Circa il 4% dei 300 campioni analizzati di olio “100% italiano” non ha superato la prova con Heracles II e sono in corso ulteriori approfondimenti, ma in tutti i casi era olio extravergine non a marchio Coop. Per questi prodotti presenti nei punti vendita verranno consolidate ulteriori verifiche coinvolgendo i produttori e poi, in relazione agli esiti delle stesse, si deciderà se e quali azioni intraprendere. Percentuale azzerata nel caso dei campioni Coop, risultati tutti identificati in relazione alla loro origine dichiarata.
Conferma dell’affidabilità del sistema di garanzie
«Comunque, il controllo sui fornitori (in questo caso Farchioni, Monini e Montalbano, ndr) è per noi un punto chiave – riprende Faenza – e questo risultato conferma una certa affidabilità del nostro sistema di garanzie».
Validato il modello ‘italiano’, il percorso prosegue su altri due filoni: la profilazione dei 5 oli a indicazione regionale/dop, a marchio Coop (‘Taggiasca’, ‘Val di Mazara’, ‘Terra di Bari’, ‘Colli Martani’, ‘Toscano’) e la differenziazione fra comunitario e non. «Su quest’ultimo aspetto – rimarca Barbanera – c’è ancora da lavorare parecchio, vista che la variabilità è molto ampia e la definizione di una ‘nuvola identificativa’ è complessa».
Intanto Faenza guarda avanti e, oltre a pensare ad allargare ad altri prodotti la metodologia – sul miele si sta già lavorando, ma si pensa anche ad altre matrici –, definisce i punti chiave del futuro prossimo del progetto Olio extravergine d’oliva: «Proseguiremo nel controllo sistematico di olio a marchio Coop (attualmente sono oltre un centinaio al mese i campioni analizzati, ndr) per verificare la provenienza, facendolo diventare un’analisi di routine. In caso sospetto passeremo all’approfondimento analitico e documentale per capire le cause. Si valuterà anche la possibilità di utilizzo del metodo anche per oli non a marchio Coop».
L’idea di riferimento a cui ambire rimane quella di un’ampia collaborazione con le Istituzione per promuovere l’autenticità dei prodotti alimentari nazionali, fra i quali non può che spiccare l’olio extravergine d’oliva.