Se non fosse per le notizie che arrivano dalle Borse merci (con prezzi continuamente calanti) il 2014 produttivo del mais sarebbe da incorniciare.
Almeno così pare dalle prime indicazioni uscite dalle mietitrebbie. Si tratta di anticipazioni, sia chiaro, poiché piogge e maltempo stanno notevolmente ritardando (mediamente di 15-20 giorni) il ciclo del mais e ancora oggi in diverse aree (Piemonte, Friuli e gran parte della Lombardia, regione-culla della coltura) l’acchito ancora non c’è stato.
Lungo l’asta del Po, dal Piemonte al Veneto, si guarda il cielo, si attende la fine delle piogge e si controlla l’umidità della coltura, ancora troppo alta. A Ovest, dove solitamente la stagione parte con qualche giorno di ritardo, non si è ancora iniziato a raccogliere e bisognerà attendere, indicativamente, il 20-25 di settembre. Attività in ritardo anche in Lombardia, dove qualcuno sta tagliando il pastone, con eccellenti rese (da 190 a 210 q/ha). Ma, ci dicono all’azienda Tacconi di S. Martino Siccomario (Pavia), il prodotto è ancora verde e dovrebbe restare in campo per almeno un’altra settimana. Va da sé, pertanto, che alla trebbiatura da granella non pensi ancora nessuno.
Spostandoci nel Cremonese la situazione non cambia granché: si ha notizia di qualche campo raccolto, ma i precoci sono una minima parte: fagocitati, principalmente, dal trinciato a uso energetico.
A ogni modo, chi ha fatto qualche prova parla di produzioni molto abbondanti: 150 quintali per ettaro, con punte di 170, al 27% di umidità, perlomeno. Nella zona di San Daniele, ci dicono, sono stati trebbiati dei precoci che hanno reso 12 tonnellate per ettaro (essiccati).
In Veneto, dove solitamente la campagna si chiude attorno a metà settembre, sono a meno di metà della superficie raccolta.
Raffaello Cavallini, contoterzista di Rovigo, fa notare che con le continue piogge si rischia di andare ancor più in ritardo, proprio mentre si avvicina il momento di iniziare a raccogliere anche la soia.
Ritardi a parte, evidenzia, la produzione è abbondante: «Siamo a 150 quintali di media, con un 40% di superficie raccolta e punte di 170 quintali per ettaro. Oltre al peso abbiamo anche la qualità: chi ha fatto almeno il trattamento della piralide e una o due irrigazioni non ha problemi di tossine, se non in casi davvero sporadici».
Ma la sporadicità sta dimenuendo di pari passo con l’aumentata preoccupazione per la possibile espansione di fumonisine e aflatossine (come segnalano Bugiani e Bariselli a pag. 69 di questo numero di Terra e Vita).
E poi, chiudendo da dove eravamo partiti, rimane il problema prezzo: «Le quotazioni attuali – sottolinea Assomais – vanificano in buona parte le ottime rese medie che si stanno registrando dalle prime raccolte. In pratica la plv si avvicina a quella di annate modeste».
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