Sangiovese rosato, questione di cloni

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La versatilità del vitigno e l’importanza della scelta del materiale genetico

Buccia di cipolla, albicocca, anguria, lampone, corallo, ciliegia, persino grigio. Dei mille descrittori del colore del vino più del 90% serve per identificare la grande famiglia dei rosè. Una categoria vivace, troppo spesso trascurata e sottostimata, forse proprio a causa delle difficoltà nel descriverla, che sta trovando finalmente una giusta dimensione anche nel nostro Paese. Dove la recente crescita nelle preferenze dei consumatori l’ha portata ad una quota di mercato stimata poco sopra al 6% del totale. Ancora lontana, a dire il vero, dalle performance che si registrano fuori dai nostri confini (Francia 24%, Cina 18%, Usa 17%, Germania 15%). Il dato più eclatante è però quello che, in tutti questi Paesi, il successo dei rosati è sostenuto soprattutto dalla fascia più giovane dei consumatori, con il record del 30% delle preferenze tra i ventenni francesi, e quindi ottime prospettive per il futuro. «Des nuits d’amour à plus finir, un grand bonheur qui prend sa place, les ennuis, les chagrins s’effacent, heureux, heureux à en mourir». Il colore è un potere che influenza l’anima: lo sosteneva Vasilij Kandinskij, capofila della corrente pittorica dell’astrattismo e a più di 70 anni dal canto cristallino e struggente di Edith Piaf la vita in rosa è ancora sinonimo di entusiasmo, ottimismo e gioia di vivere.

 

Voglia di sperimentare

Tanto è vero che i territori che costituiscono i nuclei attorno a cui si sta consolidando l’avanzata del rosato italiano sono spesso luoghi di villeggiatura e spensieratezza come la Puglia, con i rosati da Primitivo e soprattutto Negroamaro, la costa abruzzese con il Cerasuolo, la riviera del lago di Garda con il Chiaretto (che negli ultimi sei anni è passato da 4,5 a 10 milioni di bottiglie) e ora anche la Romagna. I vitigni più adatti sono quelli a bacca rossa in grado di conservare i caratteri di acidità e freschezza e ogni territorio attinge al patrimonio del germoplasma autoctono. E ovviamente in Romagna la vinificazione in rosa coinvolge il più celebrato vitigno italiano a bacca rossa, ovvero il Sangiovese con apprezzate etichette di rosato fermo e ora anche spumante. Stefano Delbono è ad esempio l’enologo di origine bresciana che ha avviato, a partire dal 2010, la produzione di Sangiovese rosato presso l’azienda “La Collina dei Poeti” di Sant’Arcangelo di Romagna, nel cuore della Valmarecchia. Albachiara è l’etichetta che testimonia il dinamismo e la voglia di sperimentare del giovane staff di questa storica azienda, ma che al tempo stesso conferma la versatilità di un grande vitigno qual è il Sangiovese. Si tratta di uno spumante dal finissimo perlage, con un colore che lo avvicina al cerasuolo, gusto aromatico e rotondo e un’intrigante ricchezza olfattiva in cui si percepiscono sentori fruttati e floreali.

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Sangiovese rosato, questione di cloni - Ultima modifica: 2016-11-18T08:00:00+01:00 da Sandra Osti

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